Shadowhunters – Città di Ossa
Shadowhunters – Città di Ossa è un film del 2013, diretto da Harald Zwart.
Clary Fray scopre di discendere da una stirpe di Shadowhunters, una squadra segreta di giovani angeli guerrieri impegnati in un’antica battaglia per proteggere il nostro mondo dai demoni. Dopo la scomparsa di sua madre, Clary deve unirsi a un gruppo di Shadowhunters che la introducono a Downworld, un mondo pieno di demoni, stregoni, vampiri e lupi mannari.
Il profumo in lontananza è quello di Stephenie Meyer e del suo Twilight, romance teen a misura di bimbeminchia. Eppure, nonostante l’irrimediabile riflesso e confronto, stavolta il distacco è netto: Shadowhunters è già al di là, meno propenso allo zucchero cariatico e più attento alle botte e alle atmosfere dark, quasi fumettistiche. In questo senso, più che alle vicende di Bella ed Edward, la prima trasposizione dalla saga firmata da Cassandra Clare si avvicina a opere come Hunger Games: adolescenziale sì, ma concentrata sull’esecuzione.
Per questo il film scorre con una fluidità che non fa pesare i suoi 130’ di durata; oltre a presentarci vicende che mixano in un unico calderone vivi, morti, non-morti, immortali, vampiri, licantropi, maghi guerrieri, la regia di Harald Zwart, pur ammiccando all’arrapamento puberale, non ci affonda mai e si convoglia sull’azione: si vedano gli agguati a casa della protagonista Clary, alle prese con mostri che stavolta riescono a lasciare un – seppur minimo – senso d’inquietudine, tra cani ibridi che si decompongono e umanoidi al collasso, senza contare l’amore omosessuale che tormenta quello che non è più né un triangolo né un quadrato, bensì un(a) totale (eclisse del cuore) possibile ménage multiforme. Evidentemente, è l’autrice stessa a essersi rotta della saga della Meyer, componendo quello che è, a tutti gli effetti, l’Anti-Twilight.
Così, mentre ti aspetti una storia d’amore già destinata all’happy end, ti viene rigirato tutto con l’ausilio di espedienti anche banali e risaputi, ma tutt’altro che prevedibili. Allora, ecco che Shadowhunters diventa il primo tassello di una nuova speranza: quella di una saga che sappia deviare dai clichè, e regalarci un action/fantasy/romance che non sembri la versione impoverita di Dawson’s Creek.