Silent City Driver
2024
Silent City Driver è un film del 2024, diretto da Sengedorj Janchivdorj.
Today is the day
Vincitore come nella selezione ufficiale del Gran Prix come Miglior Film alla 28esima edizione del Tallinn Black Nights (POFF), Silent City Driver, l’ultimo film di Sengedorj Janchivdorj ha convinto la giuria con la sua oscura fiaba sotto i cieli immensi della Mongolia (ha vinto anche il premio per il production design di Munkhbat Shirnen). Un cinema slow, quasi contemplativo, ma non per darsi un tono come la maggior parte dei film che si trovano in giro ultimamente: i paesaggi infiniti della Mongolia, così come i dialoghi rarefatti ma ugualmente importanti, hanno tutti una funzione ben precisa nell’accompagnaci nel mondo di questo driver, Myagmar (Tuvshinbayar Amartuvshi l’Adam Driver della Mongolia) sulla trentina, che dopo quattordici anni di dura galera che ha inficiato il suo corpo (ogni tanto si deve sottoporre a dialisi) quanto la sua anima, si tiene lontano dalle persone e si occupa di raccogliere cani randagi e di guidare carri funebri.
Lentamente, però, inizia ad aprirsi al mondo dopo la conoscenza di un monaco moderno giovanissimo (Bat-Erdene Munkhbat) e dalla bella quanto tormentata Saruul (Narantsetseg Ganbaatar), figlia di un falegname di bare cieco. Myagmar è un driver granitico, quanto ci insegna la tradizione degli ultimi anni cinematografici, è un uomo forgiato dal dolore ma al contempo ha ancora molti dubbi, molte domande, e quell’affrontare la morte giorno dopo giorno gli permette di interrogarsi sulla vita dopo la morte, sulla natura del dolore, e sul come fare espiazione; sono tutte cose che chiede a un monaco che è quasi estraneo alla vita, quanto lui, dopo un decennio isolato in monastero. Sono tre solitudini che s’incontrano, Saruul non è da meno perché l’impossibilità dei tre di comunicare nell’immediato porterà a una tragedia.
Myagmar, con la benedizione non ufficiale del monaco, reagirà a quella tragedia e dopo tanti anni di soprusi risponderà a un mondo fatto di corruzione e violenza, dove gli animali sono fedeli, le bare più belle delle case e hanno la morbidezza della seta.
Così Silent City Driver si rivela per ciò che è, una storia di riscatto, di vendetta e incomunicabilità. Myagmar come un Travis Bickle orientale, condannato all’eterno tormento e alla sconfitta. La fotografia elegante di Enkhbayar Enkhtur esalta la morte – nelle scene dei funerali – per martoriare i vivi che a malapena arrivano a fine giornata. La canzone Comme un Boomerang che risuona nelle orecchie dei ragazzi è una dolce consolazione, una parentesi sonora in un mondo e una città – Ulan Bator – dove il silenzio di Dio è assordante.