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Sorella Morte

2023
Titolo Originale:
Hermana muerte
REGIA:
Paco Plaza
CAST:
Aria Bedmar (Narcisa)
Luisa Merelas (Reverenda)
Almueda Amor (Socorro)

Il nostro giudizio

Sorella Morte è un film del 2023, diretto da Paco Plaza.

Il buon Walerian Borowczyk sapeva bene che l’Interno di un convento nasconde sempre spiacevoli sorprese. Se poi a deflorare il santissimo uscio è un tipetto come Paco Plaza, beh, allora state certi che si scatenerà un vero e proprio Inferno. Non quell’Altro Inferno che quei buontemponi di Fragasso e Mattei ci hanno a loro tempo gentilmente apparecchiato, ma un’indiavolata e soprannaturale avventura di clausura che il nostro valenciano cineasta ha scelto tuttavia di tenere ben sgombra da demoni e satanassi assortiti. Nonostante, infatti, la mefitica arietta esoterica che ancora trasuda dai fotogrammi della sua Abuela, l’ex compagnuccio di cinematografiche merende del caro Balagueró ha voluto stavolta lasciare in panchina i soliti valakiani monacati belzebù per cavalcare anch’esso la castissima nunsplotation 3.0 oggi così tanto in voga, dando dunque un degno prequel alla sua fulciana e infestata Veronica. Senza quindi ridicoli esorcismi del Papa o di chicchessia, el señor Paco si è finalmente deciso a distogliere lo sguardo dagli stanchi Occhi del Diavolo per fissarlo invece nelle vacue e veggenti iridi da The Sentinel di quell’inquietante Sorella Morte che, da inconico personaggio terziario in lotta con il proverbiale Diavolo in corpo, si ritrova qui protagonista assoluta di una mistica, goticheggiante e decisamente autoriale detection in 4:3; alla ricerca delle radici di un Male che qualche preghiera e un goccio di acqua santa difficilmente sapranno così facilmente debellare.

Un Male che sembra avere origine fra le bianche mura di un triste convento sperduto nella poverissima campagna spagnola del 1949, nel quale, con una Guerra Mondiale e l’altra Civile ormai da tempo concluse, la bella e giovane Narcisa (Aria Bedmar) è prossima a recarsi per prendere servizio come futura sposa di Cristo e altrettanto novella insegnante di letteratura alle dipendenze della bonaria Reverenda Madre (Luisa Merelas) e delle sue immacolate consorelle. Tuttavia la nostra devotissima novizia, grazie agli strascichi di presunte miracolose facoltà che l’avevano fatta salire agli onori della contadina cronaca ancora i in tenera età, inizierà ad assistere a misteriose e terrificanti manifestazioni soprannaturali legate a doppio rosario all’oscuro passato dell’ormai tragicamente trapassata Sorella Socorro (Almueda Amor), il cui vendicativo – e tutt’altro che Santo – spirito parrebbe ancora albergare nella fredda e angusta cella nella quale un tremendo sacrilegio e un’altrettanto imperdonabile ingiustizia vennero compiuti dinnanzi al sempre vigile sguardo dell’Altissimo. E saranno proprio i sibillini ed indagatori occhietti da detective che, così come l’egualmente indomita Sorella Irene sperduta nei meandri del Multi(Nun)Verse, condurranno la nostra Niña Santa a vederci chiaro – si fa per dire – dietro a questo ingarbugliato e potenzialmente letale giochino dell’impiccato.

Giusto in tempo affinché quella stessa biblica eclissi che di lì a mezzo secolo scatenerà i demoniaci poltergeist a domicilio della povera Veronica – e, qualche annetto dopo, forse persino le stregonesche entità del balagueroniano Venus – le affibbi quel francescano nomignolo con il quale tutti ora scientemente la conosciamo. E non è affatto un mistero quanto Sorella Morte, oltre che un titolo azzeccatissimo per i nostalgici dell’exploitation d’annata, sia innanzitutto un’opera profondamente scolastica: nel senso che non mostra la ben che minima paura nel salire in cattedra per mostrarci come far paura oggi usando i vecchi e navigati trucchetti di ieri. Non uno ma ben tre Sister Acts servono infatti al buon Plaza per imbastire quella che, crocifissi, vespri e apparizioni mariane a parte, altro non è se non una classicissima ghost story con tutti gli ultramondani sussurri e le fantasmatiche apparizioni di rito. Un’inquieta ed inquietante Agnese di Dio progettata per essere un viscerale film d’autore ben nascosto sotto le mentite tonache di un infestato prodotto mainstream, pieno zeppo di rimandi e citazioni a quel suo ingiustamente snobbato predecessore. Un’opera indubbiamente difettevole ma non certo difettosa, elegantissima nella forma quanto non certo così banalotta nei suoi contenuti, la quale trova persino il tempo e il coraggio a fine corsa di uscire dai suoi stessi prevedibili binari e, bissando gli arditi cortocircuiti spaziotemporali già alla base del Consecration di Christopher Smith, ritrovandosi a dar vita ad un insolito ma convincente Sister Death in the Multiverse of Madness. Roba forte, vero? Beh, sì, se Dio vuole!