Sound
1989
Sound è un film del 1989, diretto da Biagio Proietti.
È un film che ti salta addosso fin dai titoli di testa con una colonna sonora sconvolgente, firmata Grop’s Power. E uno è già disposto a pensare che sarà noteve, se inizia in questo modo. Tutto nasce da un fischio. Tognazzi aveva il fischio al naso. Peter Fonda, in Sound di Biagio Proietti, il fischio lo sente nell’ambiente: acuto, stridulo, prolungato, come se qualcuno passasse un coltello su una lavagna nera. Che c’è di strano? Che lo sente solo lui e che non è possibile registrarlo. Insomma, una specie di acufene, ma moltiplicato in potenza per dieci, venti, cinquanta, cento, Si produce per qualche secondo, e poi scompare. Impiegato come ingegnere presso il centro spaziale del Fucino, meglio noto come Telespazio, Fonda non ci impiega molto a capire che il suono, di origine ignota, se non arriva dal suo corpo – e non arriva dal suo corpo – può originare solo dallo spazio esterno. Inteso come spazio siderale, cosmo, universo. Cioè che il fischio ha un’origine aliena e se lui e lui soltanto lo percepisce ci deve essere una ragione – ma intanto anche un suo amico, tecnico del suono, riesce a udirlo e a dargli una possibile chiave per decrittarlo: sembra un segnale registrato ad altissima velocità. Passa poco che altro comincia ad accadergli, in concomitanza con il prodursi dello strano fenomeno: le barriere del tempo sembrano crollare e l’uomo si ritrova slittato in avanti nel tempo: ore al principio, poi giorni e, via via, mesi e anni, finché, partendo dal 1982 in cui si colloca la vicenda, si troverà a vivere, improvvisamente, undici anni più tardi, nel 1993. Ma a quel punto, le ipotesi sulla natura del suono si sono fatte più chiare nella sua mente…
Di primo acchito, si direbbe che Biagio Proietti abbia preso, demiurgicamente, una costola di Incontri ravvicinati del terzo tipo, il tema della musica come unico, possibile, sistema di comunicazione universale tra speci differenti, e ci abbia costruito intorno il corpo di questo suo film televisivo – concepito e realizzato in una versione lunga di circa tre ore, ma poi accorciato per le vendite estere a 90’ minuti e sopravvissuto in questa forma compendiaria – che però, più che la fantascienza umanistica e new age americana, guarda alle arcane e inquietanti complessioni mistery proprie degli sceneggiati italiani degli anni Settanta, storie oscure e minacciose tipo Extra o Albert e l’uomo nero. Ma il coté melodrammatico che aveva Sound era altrettanto importante – aveva, all’imperfetto, visto che la versione compiuta da tre ore non sembra più possibile rinvenirla: Peter Fonda nella situazione di partenza del 1982 è un uomo sposato (con Ana Obregon) e ha due bambini piccoli, ma il suo equilibrio oltre che dal suono fantasma e dagli sbalzi temporali, viene messo a dura prova dalla conoscenza con una studentessa (Elena Sofia Ricci) alla quale una mattina ha dato un passaggio. Questo nella versione maius aveva uno sviluppo importante e verosimile – la disperazione di non avere più punti di riferimento e di essere in balia di una forza aliena, spingeva Fonda tra le braccia della ragazza –, mentre nella versione ridotta, la cosa va a perdersi e, dovendo saltare via dei nessi, il risultato appare spesso inintelligibile.
Gli alieni stanno giungendo sulla Terra: il loro arrivo è previsto per un giorno del 2015. Il fischio che alla fine Fonda è riuscito a decrittare come un serie di note, definisce latitudine e longitudine del posto in cui avverrà lo sbarco: una piana tra le montagne abruzzesi. L’uomo ha consacrato ormai l’intera sua esistenza a quel momento: ha risposto all’appello e ha lanciato a sua volta un segnale nello spazio a coloro che si approssimano. Intanto, tutto il mondo gli è sfumato e franato intorno: la moglie, poveretta, si è uccisa per via delle sue stranezze. La Ricci è diventata una donna matura, si è sposata e ha avuto un figlio, Mattia Sbragia, che sarà l’unico a stare vicino a Fonda, ormai eremitizzatosi sulle montagne, in attesa del contatto. Tutto era ovviamente sposato dal punto di vista del protagonista (peraltro splendidamente doppiato da Mario Cordova), che quando si ritrovava nel 1993 doveva man mano scoprire che cosa gli era capitato in quei dieci anni saltati via in un secondo, perché la sua memoria era rimasta indietro. Il resto della vita di Peter Fonda sarà consacrato ad aspettare gli alieni, che a differenza di Godot, quel giorno del 2015 arriveranno. Arriveranno anche se non li vedremo. Vedremo soltanto, con gli occhi di Mattia Sbragia, un circolone di terra bruciata nella valle. Sono scesi e sono ripartiti subito, insieme al vecchio Fonda, ormai canuto e col bastone. Trasmesso in due puntate sulla Rai nel settembre del 1989 e ritrasmesso ins eguito una sola volta, a maggio del 1994 nella versione breve che all’estero era intitolata Sound Space, Sound era un produzione di Filiberto Bandini, che per la Rai aveva già prodotto del fantastique molto interessante come Racconti di fantascienza di Alessandro Blasetti. Aspettiamo di ritrovarne la versione lunga. Sono arrivati gli alieni, arriverà pure questa, presto o tardi…