Stonewall
2015
Stonewall è un film del 2015, diretto da Roland Emmerich
Le sgargianti e chiassose sfilate delle Christopher Street parade, ormai un evento diffuso in mezzo mondo, hanno un’atmosfera tanto gioiosa e sgargiante quanto sanguinosa e violenta ne fu la genesi, la causa ispirante, ossia i tumulti di Stonewall, lo storico locale gay di New York. Nell’omonimo film, Roland Emmerich abbandona i disastri naturali e le sfide visive e abbassa i toni per narrare la cortina di paranoia e discriminazione con cui alla fine degli anni Sessanta gli LGBT dovevano quotidianamente scontrarsi. Le didascalie iniziali ci ricordano che ai tempi, in America, per questa comunità era proibito indossare abiti del sesso opposto, formare assembramenti pubblici e comprare alcolici, mentre nelle scuole proiezioni educative sulla malattia dell’omosessualità dovevano prevenire nei giovani le tendenze agli accoppiamenti contronatura. Ovvio quindi che il giovane Danny (Jeremy Irvine) venga cacciato di casa dal padre, anche coach della squadra di football della scuola, per essere stato beccato in atteggiamenti intimi con il suo amico d’infanzia.
Danny approda di conseguenza nel Greenwich Village, il quartiere gay della Grande Mela, dove fa subito amicizia con Ray (Jonny Beauchamp) e la sua compagnia di drag queen, prostitute e spacciatori (ma con un cuore), il cui covo di salvezza è lo Stonewall Inn. La libertà con cui viene vissuta l’alterità sessuale e il mondo underground che la circonda spingono Ray a colloquiare, senza convinzione, con i rami più politici del ghetto, fin quando l’ennesimo raid della polizia diventa la scintilla che divampa nello scontro con la comunità gay, decisa a lottare per i propri diritti civili. Stupisce l’approccio intimo con cui Emmerich e lo sceneggiatore televisivo Jon Robin Baitz, entrambi omosessuali dichiarati, affrontano un tema scottante, oltre che una pagina importante della storia recente degli Stati Uniti. Nonostante l’evidente coinvolgimento emotivo, gli autori cadono nella facile trappola del melodramma per tutti, preferendo la piagnucolosa storia di formazione piena di drammi amorosi e conflitti familiari allo sguardo universale, all’indagine storica sui motivi che hanno innescato, direttamente o indirettamente, la rivolta.
Non si citano le lotte per i diritti civili delle minoranze, la guerra del Vietnam, le ribellioni studentesche, si dà ampio spazio alla morte di Ava Gardner, pertinente ma non decisivo, e agli stereotipi più facili (il padre omofobo, come tutti gli altri etero di sesso maschile), mentre i moti al centro della storia vengono, inaspettatamente, edulcorati e banalmente drammatizzati come il frutto casuale di uno sfogo amoroso di Danny e non come il terminale di una riflessione di classe. L’intreccio forzato tra il dramma di Danny e la rabbia deflagrata nei moti di Stonewall non si amalgama mai e a rimanere impressi sono piuttosto alcuni aspetti secondari, difformi, come il linguaggio colorito, le perversioni del ricco grassone travestito e il perfido pappone interpretato da Ron Perlman. Per il resto, un disastro di film dal re dei disaster movie.