T.I.M.
2023
T.I.M. è un film del 2023, diretto da Spencer Brown.
Che vuol dire amare? Beh, detta in spiccioli, amare significa stare con qualcuno che ti fa sentire protetto e che, strano ma vero, pare conoscerti meglio di quanto tu non conosca te stesso. Una risposta tutto sommato banale ad una domanda altrettanto banale, tranne se a porla è un’intelligenza artificiale come T.I.M.: robottone domestico nato, come si confà, per servire ma che finirà per sviluppare una tale ossessione nei confronti della propria umana padrona da sfociare in una pericolosissima Attrazione Fatale. Un’idea curiosa, pur non certo di primissimo pelo, quella ancorata alla base del fantascientifico esordio registico dell’inglesissimo Spencer Brown, il quale riesce nell’intento di confezionare una pellicola oggettivamente banale su di un argomento che non lo è per nulla, ovvero la Banalità del Male ai tempi della beneamata AI. Si perché, se già per noi Homo Sapiens le relazioni affettive rischiano spesso di sfociare in agguerriti incontri di box fra le accoglienti mura domestiche, quando di mezzo ci si mettono pure cervelli positronici e circuiti integrati il rischio di dipingere un Ritratto di famiglia con tempesta non può che farsi sempre più concreto, passando dalla teoria alla pratica.
Ed è appunto per far pratica con alcune delle più innovative scoperte nel campo dell’ingegneria prostetica che la giovane Abi (Georgina Campbell) sceglie di trasferirsi, assieme al marito Paul (Mark Rowley), in una grande villa sperduta nella prossimo-futuristica campagna inglese, pronta a timbrare il cartellino – pardon, il badge – presso la rivoluzionaria Integrate Robotics diretta dallo stevejobsiano Dewson (Nathaniel Parker). Tutto sembra filare più che liscio per la nostra novella capa dipartimento, almeno fino a quando non le verrà recapitato direttamente a casa, quale benefit di benvenuto, l’ultimissimo modello di T.I.M. (acronimo di Technologically Integrated Manservant), un androide domestico dotato di un’avanzatissima intelligenza artificiale in grado di adattarsi a qualsiasi compito o esigenza, il quale verrà accolto con sincero stupore dalla disorientata padrona di casa ma con estrema diffidenza dal di lei geloso compagno. E non a torto verrebbe da dire, poiché il nostro impassibile Terminator sotto le servizievoli mentite spoglie dell’efebico Eamon Farren pare covare nella profondità dei propri circuiti il pericolosissimo germe dello stalker o, peggio ancora, del più inquietante degli amanti tossici; invaghendosi a tal punto della bella Abi da essere disposto ad infrangere qualunque fondamentale asimoviana Legge della Robotica pur di conquistarla con le unghie, coi processori e con i denti.
Non un Her, dunque, ma piuttosto un morboso Him a ruoli invertiti, il quale esordisce come una perturbante tecno-love story in odor di Black Mirror per poi tuttavia sfociare progressivamente in un più che convenzionale thriller sci-fi debitore del fu Tau e di parecchia farina del suo cinematografico sacco. Un’opera tutto sommato convincente sul profilo tecnico: ben diretta, discretamente montata, priva di inutili eccessi tecno-radical chic e capace di mettere in scena un’ormai abusata distopia futuribile grazie a una manciata di attori, pochi metri quadri, qualche interferenza elettromagnetica e dialoghi che, seppur non certo di spessore, un minimo interessanti finiscono sicuramente per esserlo. Niente di nuovo sotto il drammaturgico sole, sia chiaro; men che meno all’ombra della lunga tradizione di riletture del sempreverde mito di Pigmalione e robotica compagnia cantante. Ma per chi ancora crede che il mal d’amore non abbia confini di etnia, religione e persino di fabbricazione, beh, allora i cento minuti tondi tondi di questo T.I.M. non potranno che apparire come un innocuo intrattenimento. O, piuttosto, un trattenimento, se la si vede con gli occhi dell’insidiata protagonista.