Tecnica di un amore
1973
L’ambizione di Brunello Rondi con Tecnica di un amore è quella di raccontare sia la dissoluzione della coppia sia il significato della libertà attraverso un dramma erotico.
I protagonisti di Tecnica di un amore sono marito e moglie. Il loro matrimonio è in crisi, come in un film antonionano degli anni 60. Lui è Silvano Tranquilli, inossidabile maschio brizzolato e tenebroso dei film dell’epoca. Lei, Erna Schürer/Emma Costantini, arrivava dalle spiagge di Le salamandre di Cavallone e di Le altre di Renzo Maietto. E la verità la trovano nel sesso e nei corpi. Non necessariamente i propri: i visitatori che li seducono sono una specie di figlia dei fiori che prende il sole nuda (Janet Agren, al culmine del suo splendore) a Ponza, e il suo ambiguo compagno greco (Norberto Botti). L’idea della crisi che esplode in riva al mare è stata canonizzata proprio da quei titoli di fine anni Sessanta, che generarono un micro-filone. Abbastanza redditizio da convincere Carlo Maietto a tornarvi dopo Le altre. E Brunello non faceva lo snob coi produttori: vedi Oscar Brazzi alle spalle di Racconti proibiti… di nulla vestiti, ultimo oggetto di desiderio inappagato per chi ama lo sceneggiatore preferito di Fellini.
Tecnica di un amore è uno dei suoi film meno noti: all’epoca andò discretamente (incassò la metà del Fascino discreto della borghesia, ma più di Mordi e fuggi); poi nessuno l’ha più visto. Almeno finché la versione spagnola è stata trasmessa da Telecinco, e la Cineteca nazionale ci ha concesso gentilmente di visionarne una copia. Le due copie appaiono identiche, anche se la durata (circa 80’) appare lontana dai 100’ ufficiali (e forse di comodo); e il racconto comunque ha vari buchi. In uno schema ormai di genere, l’intervento rondiano è duplice, da una parte affronta risolutamente l’erotismo, senza alibi e infingimenti. Il suo sguardo si immedesima col personaggio, soccombe alla visione della Agren; e Tranquilli se la vede davanti nuda mentre fa l’amore con la moglie, in una scena piuttosto esplicita per l’epoca, anche come tempi.
Dall’altra trasforma la visitatrice in un personaggio negativo, manipolatore: il contrario di un angelo alla Teorema. E in questo senso precorre l’ultimo Pasolini, in cui il sesso è strumento di dominazione e repressione. Poi, nel film, troppe cose non funzionano. Rimane appena abbozzato un sottointreccio in cui i due coniugi visitano lo yacht di un’amica (Paola Corazzi) che cerca di coinvolgerli in cerimonie tantriche o forse sataniste (visto che c’è anche una coda sulla terraferma, con partecipazione di un caprone in una situazione potenzialmente zoofila, con successivo sgozzamento e predizione del futuro attraverso le viscere). E il finale punitivo, in parte assurdo e in parte giustificato, è un gesto autodistruttivo e un’ammissione di fallimento. Già si preannuncia Velluto nero.