The Bikeriders
2023
The Bikeriders è un film del 2023, diretto da Jeff Nichols.
«Se devo morire, voglio farlo in sella ad una moto!». Una filosofia alquanto azzardata, non c’è che dire; anche se, forse, non poi così troppo per un centauro bello e dannato come Benny. Un Ragazzo Selvaggio e Perduto: fascinoso come un James Dean dalla proverbiale bruciacchiata gioventù e arrogante quanto quel bullo di Marlon Brando; tuttavia equipaggiato con un pizzico di disarmante bad ass capace di rendere questo post coppoliano Rusty, se non certo un modello di vita, quantomeno un Easy Rider con i contropistoni. È dunque un (anti)eroe in piena regola o, a ben vedere, forse proprio l’ultimo dei cavalieri quello che il dinoccolato Austin Butler si trova a delineare, sotto la rinverdita regia di un rinfocolato Jeff Nichols, per ciascuno dei roboanti centosedici minuti di The Bikeriders; incendiando a tal punto la miscela della cronaca da trasformare il suggestivo racconto per immagini racchiuso nel fotolibro di Danny Lyon in un autentico pezzo di grande cinema. Un condottiero, dicevamo: impegnato, assieme ai suoi fidi Warriors, a conquistare le Strade di fuoco di una periferica Chicago imbevuta di rutilante spirito sixties a bordo del proprio destriero cromato, ammantato del solo sdrucito giubbotto di jeans e pelle sul quale l’irriverente dito medio dei Vandals campeggia quale emblema di una fiera e sprezzante nobiltà on the road.
Prendendo spunto dal ruspante mood celato dietro al celebre motoclub degli Outlaws MC straordinariamente documentato dall’obiettivo di Lyon – qui con il volto sornione di Mike Faist – tra il 1968 e il 1978, The Bikeriders ci trascina dunque all’interno di una cultura del nomadismo su due ruote, i cui protagonisti – per lo più padri di famiglia e uomini men che comuni –, ispirati per l’appunto dall’immortale Selvaggio brandoniano avrebbero dato vita ad una comunità dominata, oltre che dal grasso di motore e dalla sete di zuffa, da valori imprescindibili quali lealtà, cameratismo, fedeltà agli inviolabili colori dell’uniforme e, ça va sans dire, a quella Sacra Famiglia che il buon Dominic Toretto avrebbe di lì a parecchi decenni sgasato dal proprio veloce e furioso tubo di scappamento. Ma è per l’appunto l’occhio al contempo complice e distaccato della giovane Kathy (Jodi Comer) ad offrici il quadro d’insieme di questo microcosmo ad alti ottani, delineando il burrascoso legame sentimentale con l’irrequieto Benny, il rapporto altrettanto conflittuale con il ruvido leader Johnny (Tom Hardy), l’affetto per lo strambo Zipco (Michael Shannon) e, ultimi ma non ultimi, i tradimenti, le alleanze e i regolamenti di conti fra disillusi veterani ancora profondamente legati ad un personalissimo concetto di onore e rancorose nuove leve sempre più decise a sterzare al di fuori della Legge; sia essa della Strada o dello Stato.
Abbracciando appieno quel già citato spirito post cavalleresco al sapore d’asfalto che tanto il romeriano Knightriders quanto il recente Rodeo della selvaggia Lola Quivoron hanno saputo ben raccontare, The Bikeriders si dimostra sin da subito un’opera viva, pulsante e mutevole, capace di partire in quarta sulle note del più rugginoso Rock’n’Roll per imboccare progressivamente i suggestivi terreni del dramma e del noir; così come i provocatori The Wild Angels di Corman – ancor prima dello pseudo tarantiniano Hell Ride – ci hanno a loro tempo insegnato alle soglie della New Hollywood. Ed è appunto un sapore di avventura vecchio stampo quello che la diligente regia di Nichols e l’hopperiana fotografia di Adam Stone riescono a infondere strato dopo strato, miglio dopo miglio, cazzotto dopo cazzotto; dando forma ad un racconto sostanzialmente ciclico quanto i cerchioni che batto il ritmo di questa appassionante – e appassionata – tragedia del Midwest dominata dai tragici e farseschi vissuti dei propri sfaccettati personaggi che, grazie alle magie della narrazione filmica, giusto nel finale paiono tuttavia trovare un catartico e, forse, tutt’altro che consolatorio twist. O, appunto, un bel rock, se preferite…