The Canyons
2013
The Canyons è un film del 2013, diretto da Paul Schrader.
Il foyer di un multiplex. Abbandonato. La facciata di un monosala. Devastata. Le poltroncine di una platea. Divelte. Sui titoli di testa di The Canyons il cinema è morto. Al suo posto altri dispositivi, altri spettatori, altre forme irrompono senza scampo. Per mano di Schrader, Bret Easton Ellis certifica una previsione verosimile, anticipandone le conseguenze. I corpi in scena sono materia svuotata del senso originario, insieme (in)organico di carne e lattice, finalizzato a un puro godimento orfano di introspezione. Lindsay Lohan e James Deen sono nuovi ideali di umanità post-tutto: lei rimodellata da abusi di chirurgia estetica, lui pornodivo inespressivo, entrambi segnano una frattura con le consuetudini della vetusta settima arte.
Schrader li catapulta in una storia di sessualità delegata (a terzi, a telefonini, a chat erotiche), di tradimenti, di continui rilanci e doppiogiochismi erotico-sentimentali finalizzata a ritrarre il vuoto di un’arte che, superandosi, ha incontrato il nulla. Cinema, ultima frontiera: dopo Cosmopolis e Holy Motors, The Canyons aggiunge un altro tassello alle connessioni tra le immagini che risiedono oltre (dopo) gli schermi delle sale e l’umanità destinata a produrle, fruirle, consumarle. Così diviene emblematica la sequenza in cui al cellulare della Lohan giunge un messaggio chat, mentre sullo schermo televisivo della sua stanza stanno scorrendo le immagini di un b-movie, residuato della nostra contemporaneità. Lo schermo cambia formato, iniziando a proiettare il contenuto della chat. La fruizione della Lohan migra allora dal display del telefonino allo schermo domestico, in un rito di passaggio che si consuma rapidamente e anaffettivamente. Il cinema muore, e noi quasi non ce ne accorgiamo.