The Goat and Her Three Kids
2022
The Goat and Her Three Kids è un film del 2022, diretto da Victor Canache.
Ogni fiaba, per quanto oscura, nasconde sempre qualche insegnamento. Non una morale, badate bene, poiché quella è prerogativa dei soli Baci Perugina. È piuttosto quel proverbiale memento ben celato fra le righe ciò che a noi interessa; quel beneamato monito che tanto i grandi quanto i piccini farebbero bene a tenere a mente, una volta pronunciata la fatidica parola Fine. E volendo scavare nel cuore di una tenebrosa dark tale dal più che mai suggestivo titolo di The Goat and Her Three Kids, beh, l’insegnamento che se ne potrebbe trarre sarebbe il più semplice e risaputo di sempre: mai aprire agli sconosciuti! O meglio: mai aprire a coloro che, seppur ben conosci, sai già che non covano buone intenzioni nei tuoi riguardi.
Ed è più o meno questo il monito che l’esordiente Victor Canache sembra volerci profondere con questa sua viscerale opera prima, dando ampio respiro a un suo omonimo claustrofobico cortometraggio del 2019 che, geografia a parte, non sfigurerebbe certo fra le fosche paginette di una novella targata Grimm Brothers; ambientato non all’ombra della teutonica Foresta Nera, quanto piuttosto nell’altrettanto gelida e desolata campagna rumena d’inizio XIX secolo. In quest’arida ed impoverita terra di nessuno, una ruvida Mamma Chioccia (Maia Morgenstern) e i suoi tre porcellini – pardon, bambini (Razvan Ilina, Antonio Gavrila e Silviu Corbu) – tirano a campare tra stenti, miseria e dolorosa solitudine, vigliaccamente abbandonati da uno scostante Padre Padrone rimasto intrappolato fra le nebbie del fuoricampo e insidiati dalle equivoche attenzioni di un di lui mellifluo amicone (Marius Bodochi). E sarà proprio quest’ultimo che, incarnando l’archetipica figura del Lupo, o meglio ancora dell’Orco Cattivo, profittando dell’incauto allontanamento della protettiva Mater Capra del titolo, busserà ben più che tre risapute volte all’uscio dell’incustodito ovile nel quale i tre poveri indifesi agnellini si troveranno loro malgrado barricati. Ben consci del fatto che, almeno per stavolta, nessun Cacciatore, Fata Madrina o qualsivoglia altro favolistico Deus Ex Machina verrà in loro soccorso per un catartico e provvidenziale salvataggio all’ultimo minuto.
Partendo dai connotanti di un tipico folk horror debitore della seminale stirpe del The Witch di eggersiana memoria – così come anche di molti fieri epigoni europei, dal tedesco Hagazussa allo svizzero Sennentuntschi, passando per il macedone Non sarai sola -, The Goat and Her Three Kids dimostra tuttavia di volersi smarcare quasi subito da qualsiasi connotazione anche solo vagamente sovrannaturale, divenendo di fatto un tagliente e sanguigno revenge movie per procura, compresso nel brullo perimetro di una ventosa vallata e con appena cinque pedine ad orchestrare questo ansiogeno giochino al massacro. Un’opera asciutta, semplice e diretta, così come i migliori racconti della buonanotte; accompagnata da una perturbantissima sonorità capace di far emergere appieno tutta l’angoscia già insita nell’oscuro racconto ideato nel 1875 da Ion Creangă, al quale il buon Canache ha scelto, per l’appunto, di attingere per imbastire questa sua incubotica creaturina che, tra evidentissimi echi rurali all’olmiano L’albero degli zoccoli e qualche ruffiana strizzatina d’occhio al gustoso mood da fairy (dark) tale del Grethel & Hansel di Oz Perkins, in appena ottantacinque minuti si mostra in grado di impaurici, appassionarci e, perché no, in un certo qual modo pure di educarci. Esattamente come fossimo tornati quei mocciolosi pascoliani fanciullini che, ben al calduccio nel proprio lettino, non aspettavano altro che scoprire se il famelico lupacchiotto di turno sarebbe o meno riuscito a sfondare i battenti, giusto in tempo per scofanarsi un bel tris di maialino arrosto con patate e un buon Chianti.