The Piper
2023
The Piper è un film del 2023, diretto da Erlingur Thoroddsen.
La fiaba nera principia con l’immagine di una musicista, che impugna uno spartito e si appresta a dargli fuoco: la custodia lignea resterà intatta e sarà lei ad ardere al suo posto. È il teaser di The Piper, prima ancora dei titoli di testa, l’horror di Erlingur Thoroddsen ispirato a Il Pifferaio di Hamelin in sala dal 18 gennaio 2024 distribuito da Vortice 360. E l’arsa viva è la mentore di Melanie (Charlotte Hope), una suonatrice che vuole saldare il debito con la maestra e, rinvenuto lo spartito, portare sul palco il brano Concerto per bambini, rimasto incompiuto proprio a seguito dell'”incidente”. Non è d’accordo l’attuale direttore di orchestra Gustafson, interpretato da Julian Sands nell’ultimo ruolo in questa dimensione, prima di incontrare a sua volta una morte horror, col corpo ritrovato sulle montagne della California a sei mesi dalla scomparsa, causa del decesso indeterminata (a lui il film è dedicato). Viene coinvolta inoltre la figlia piccola di Melanie, Zoe, una flautista bambina molto talentuosa che indossa l’apparecchio acustico.
The Piper è il primo importante horror commerciale americano al cinema nel 2024. La sorgente è, appunto, il noto Pifferaio di cui costruisce una riscrittura con reinstallazione nel presente: così la leggenda teutonica trascritta in fiaba dai fratelli Grimm riprende vita. Lo spartito di cui si parla, a quanto pare, sarebbe in grado di provocare allucinazioni in chi lo esegue: si vedono fotogrammi di acqua, rischio di annegamento e ovviamente topi, quei “sorci” che il vendicativo suonatore derattizzava senza essere pagato, per poi passare ai bambini. E anche Zoe è una bambina…
Il racconto ha una prima parte preparatoria e strategica, in cui lascia montare l’inquietudine insinuando visioni soprannaturali, ma senza mai concedere l’orrido quadro complessivo. Melanie si rivolge a un amico musicologo, il quale ha funzione di auctor in fabula, ossia spiega e puntualizza il senso del sortilegio che muove l’intreccio. Mentre il direttore appare contrario per ragioni artistiche, si forma gradualmente l’essenza esoterica della storia: non a caso c’è una frase in latino proprio sullo spartito, molto significativa, “liberato dalla mia prigione avrò la mia vendetta”… Melanie incurante dei buoni consigli sceglie di procedere e prepara l’esecuzione della melodia.
Nel secondo segmento la maledizione esplode e si arriva al dunque, il nocciolo della questione, ovvero la rappresentazione orrorifica del demone. La creatura vanta artigli affilati, già anticipati nel poster, che avvolgono la protagonista e “sorge”, letteralmente, squarciando il ventre di un personaggio come in una versione pop di Brian Yuzna. Il congegno procede per immagini horror risapute, gli occhi rossi e le apparizioni improvvise, puntando sul jump scare al balenare dell’essere e sulla dialettica tra luce e buio. Insomma il meccanismo, dopo la premessa posta a dovere, si risolve in un’esecuzione consueta con tutti gli elementi di paura al loro posto, tra cui la musica di Christopher Young, che conducono al finale aperto a un eventuale sequel, d’altronde le maledizioni non finiscono davvero. Anche così, a ogni modo, resta un buon film demoniaco centrato su un terrore antico che tracima nel presente, un prodotto che rispetta le regole di genere e declina le sue forme senza particolare interesse a innovare o disturbare.