
The Rule of Jenny Pen
2025
The Rule of Jenny Pen è un film del 2024, diretto da James Ashcroft.
È davvero strano – per non dire assai inquietante – il fatto che, una volta conclusi gli agghiaccianti cento minuti di The Rule of Jenny Pen, la primissima cosa che mi è venuta da domandarmi sia stata se fosse davvero necessaria la presenza di due pezzi da novanta come John Lithgow e Geoffrey Rush all’interno di questo piccolo e perturbantemente geriatrico psycho-thriller dalla vocazione sottilmente orrorifica. Un dilemma che tuttavia, confesso candidamente, non nasce affatto da alcuna svilente rimostranza né tantomeno da qual si voglia (de)costruttiva o negativa critica; quanto piuttosto dal puro, semplice ed estasiato sbalordimento. Servivano dunque? Ebbene, dopo aver lasciato ben bene sedimentare ognuna delle disturbanti e destabilizzanti inquadrature che mi si sono implacabilmente palesate dinnanzi agli occhi, credo proprio che la risposta non possa che essere affermativa. Anche perché, col senno e il timor di poi, mi vien da pensare che con un differente e più anonimo duetto attoriale la viscerale opera ultima del neozelandese James Ashcroft sarebbe probabilmente risultata ben più convenzionale di quanto avrebbe dovuto e certamente meritato.
Si perché, così come il gran clamore suscitato durante il fortunato passaggio al Fantastic Fest 2024 e le recenti lodi nientemeno che di Steven Knight e del Maestro King in persona hanno dimostrato, The Rule of Jenny Pen è quel che si dice un gioiellino più unico che raro. Una nerissima perla nata fra le poche – ma già raggelanti – pagine dell’omonimo racconto breve di Owen Marshall e transitata su schermo attraverso le sapienti vergate della penna di Eli Kent e la morbosa regia di un Ashcroft in evidente stato di filmica grazia. Tante lodevoli maestranze per dar forma alla kafkiana odissea affrontata dall’anziano giudice Stefan Mortensen (Geoffrey Rush) nel momento in cui, a causa di un pesante ictus che l’ha condannato all’invalidità del corpo ma non certo nel suo proverbiale combattivo spirito, il nostro si ritroverà temporaneamente ospitato in una casa di cura tra i cui acciaccati e vegetativi pazienti uno in particolare spiccherà per follia e sadica crudeltà. Costui è David Crealy (un terrificante John Lithgow alle prese con un’ennesima Doppia personalità): degente di lungo corso che, in perenne compagnia dell’inquietante marionetta che dà il titolo a questo incubo da terza età, si diverte nottetempo – e da parecchio tempo a dirla tutta – a soggiogare e tormentare i propri inermi compagni di vecchiaia con la fetentissima copertura di una svampita e solo apparentemente innocua demenza senile.
Inutile dire che sarà proprio il nostro ormai infermo ex re dello scranno e della toga la nuova vittima prediletta delle subdole e sempre più dolorose angherie fisiche e psicologiche di questo gerontoiatrico bullo da RSA; il quale avrà campo – e corsia – libera nell’applicare alcune sinistre e mortificanti regole con le quali amministrare il proprio sinora incontrastato regno del terrore. È un racconto decisamente insolito ma non per questo meno ficcante quello narratoci nel corso della tenebrosa ora e quaranta di The Rule of Jenny Penn. Una Dark & Old Tale fatta di abusi, vendetta e spaventevole solitudine che, per il solo fatto di essere perpetrati a stagionati adulti ridotti alla svilente impotenza di bambini, finisce inconsciamente – ma nemmeno poi troppo – per scavarci ancor più in profondità negli occhi, nella mente e al di sotto della pelle (d’oca). Un orrore mentale più che un vero e proprio body horror quello che si respira, si assapora e si finisce sonoramente per incassare fra gli insidiosi anfratti di questo novello Corridoio della paura; attraverso il filtro distorto e parecchio incalzante di un occhio registico decisamente a proprio agio nel districarsi sinuosamente – e a tratti schizofrenicamente – tra le spire di una Fossa dei serpenti popolata da individui in fisiologica dirittura d’arrivo ma comunque costretti a confrontarsi con mostri e incubi stavolta decisamente poco sovra e diabolicamente assai umani. E poi c’è lei: quella piccola e angosciante Jenny Pen che con le sue vuote orbite e quel perturbante savoir faire da Demonic Toys, pur senza possedere alcun vero Diavolo in corpo finirà per risultare ben più minacciosa di qual si voglia Annabelle o pupattolosa compagnia tremante.