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The Sinner – Stagione 3

2021
REGIA:
Adam Bernstein, Andrew McCarthy, Colin Bucksey, Radium Cheung, Rachel Goldberg
CAST:
Bill Pullman (Detective Harry Ambrose)
Eddie Martinez (Vic Soto)
Matt Bomer (Jamie)

Il nostro giudizio

The Sinner – Stagione 3 è una serie tv del 2021, ideata da Derek Simonds.

Lungo l’arco delle tre stagioni, The Sinner ha delineato un modo poco abusato di approcciarsi alla detection, genere di cui soprattutto nella serialità televisiva si sono visti una vagonata di prodotti, molti dei quali assolutamente anonimi. Nata come miniserie per una sola stagione, adattamento di un romanzo omonimo di Petra Hammesfahr, si è piegata alle logiche produttive della serializzazione in un modo tutto suo, divenendo una serie sostanzialmente antologica, pur mantenendo l’elemento centrale, cioè il detective, l’investigatore. Ai tempi della prima stagione tutti avevano gridato i propri osanna all’interpretazione, intensa, di Jessica Biel. Non che si avesse torto, perché la Biel era davvero in stato di grazia come poche volte, eppure la serie non si reggeva unicamente sulle sue spalle. La seconda stagione e soprattutto la terza, sottratti dalla catena del romanzo di riferimento e liberi di poter intraprendere il proprio sentiero, hanno dimostrato che altrove è situato il perno, il punctum, il collante che tiene insieme i pezzi di queste storie inquietanti, storie di crimini violenti che in realtà fanno da specchio agli orrori della mente, alle deviazioni che dialogano con l’orrorifico dell’animo umano. Dopo il trauma di Cora e l’imprinting subito dal piccolo Julien da una setta, in questa terza stagione si parla di fascinazione, di corruzione dell’animo umano e si scomoda lo Übermensch di Nietzsche, a cui vuole ambire il mite insegnante di provincia Jamie Burns (Matt Bomer).

La sua vita è apparentemente perfetta: a scuola è molto amato e sembra che molte delle sue studentesse abbiano addirittura una cotta per lui, ma lui è sposato con Leela e sta aspettando il suo primo figlio. Il classico sogno borghese che però si rivela vuoto per Jamie, che vuole provare l’ebbrezza di andare al di là di questa patinatura e si rivolge, pur controvoglia, a un suo compagno di college, Nick Haas (Chris Messina), il quale gli spunta in casa senza preavviso e si fa invitare per la cena. Dopo cena i due escono in macchina e hanno un incidente, da cui Nick non esce vivo. Alcuni dettagli su quello che sembrava una semplice morte accidentale attivano il sesto senso da detective di Harry Ambrose (Bill Pullman), che capisce immediatamente che c’è sotto qualcosa e si ritrova, per l’ennesima volta, coinvolto in un’indagine che lo costringerà, prima di tutto, a fare i conti con se stesso e il proprio passato. Il detective Harry Ambrose è uno dei personaggi più complessi o, per usare un altro termine abusato, controversi dell’attuale panorama seriale: è senza ombra di dubbio, a bocce ferme, il vero peccatore a cui il titolo si riferisce, nonostante il giochino della serie sia quello di dispiegare, a ogni stagione, lo sviluppo di un’indagine su un caso violento la cui dinamica è chiara sin da subito e dove le apparenze sono così spesse da richiedere un certo numero di puntate per poter essere penetrate.

Ogni stagione è quindi caratterizzata da un apparente criminale, le cui azioni sono state condizionate da traumi o manipolazioni mentali: Cora, Julian e Jamie sono però solamente gli specchi neri dell’intimo sporco, lacerato, difficile da contenere, di Harry Ambrose, che l’abilità di Bill Pullman gli permette di esprimere con una serie di tic e di espressioni che tengono lo spettatore in uno stato di disagio continuo. Intelligente la scelta, in questa terza stagione, di abbandonare i (leggeri) didascalismi del passato di Harry rinunciando quasi del tutto ai flashback o ai capricci masochistici delle stagioni precedenti. Tutto ciò che riguarda la storia di Harry viene fuori dal confronto continuo con il proprio alter ego in un rapporto di cacciatore/preda molto particolare, paternalistico e con tratti di auto-assoluzione, in cui aiuta molto anche l’interpretazione continuamente smarrita, ondivaga, di Matt Bomer. The Sinner è sì una serie di personaggi dolorosi, ma riesce anche a intrattenere con l’azione, i colpi di scena, gli snodi dell’indagine con un ottimo utilizzo della suspense. Anche il coinvolgimento del piccolo nipote nella vicenda, che inizialmente poteva far temere per la tipica dinamica nel genere del pessimo genitore/nonno, serve unicamente ad aumentare la tensione che, va detto, non cede per tutto il corso della stagione – e le morti non sono limitati alla prima puntata. L’equilibrio tra l’azione dell’indagine e lo scavo dei personaggi raggiunge qui il suo apice, sorprendendo chiunque si aspetti segni di ridondanza o di cedimento a questo punto della serie.