The Warrior – The Iron Claw
2023
The Warrior – The Iron Claw è un film del 2023 scritto e diretto da Sean Durkin.
“La mia unica fede è nelle ossa rotte e nei lividi che mostro”. Eravamo rimasti lì, con Mickey Rourke che saliva sulla terza corda per poi lasciarsi andare a quel volo disperato, a quel canto del cigno che chiudeva poeticamente quel grande film che era The Wrestler di Darren Aronofsky. Allora si parlava di una star del wrestling in declino e della sua lotta oltre la sofferenza e contro un passato impossibile da redimere, se non con il costume di un alter ego idolatrato dalle folle. Una storia che, nel microcosmo di quello che ancora oggi chiamano “lo sport d’intrattenimento per antonomasia”, si può sentire sempre riecheggiare se si conoscono i nomi dei veri protagonisti. C’è una docu-serie, in effetti, che si chiama Dark Side of the Ring: un vero e proprio viaggio all’inferno, nelle viscere di un mondo spesso superficialmente considerato fasullo e artefatto, ma che ha riservato fatti assolutamente veri e da brividi. Uno degli episodi più scioccanti riguarda proprio la famiglia Von Erich, oggi restituita al cinema dalla pellicola The Iron Claw.
Un’opera, quella diretta da Sean Durkin e prodotta dalla A24, che chiarisce subito la propria tesi di fondo mentre fornisce a tutti il contesto di base. Al centro, ovviamente, i Von Erich. C’è Fritz (un Holt McCallany fisicamente in parte), il “padre padrone” che ha trovato, attraverso il wrestling, la strada per uscire dall’anonimato e dalla povertà. Dall’altra ci sono i suoi figli, tutti desiderosi di compiacerlo e incapaci di contraddirlo. La forza del film, lo avrete capito, è nei personaggi. Il punto di vista è interamente e per ovvie cose quello di Kevin Von Erich, interpretato da uno Zac Efron forse fin troppo pompato (e non alludiamo ai muscoli) per una prova d’attore nel complesso normale. Il rischio più grosso era, in effetti, quello di far sfociare il film in un registro fin troppo melodrammatico, cosa che comunque viene diligentemente evitata pur con i limiti del soggetto di partenza. Perché raccontare la cosiddetta maledizione che gravò su questa famiglia era già di per sé un compito ostico, limitante in principio. E allora in cosa si distingue questo film? Senza dubbio nella psicologia dei rapporti che intercorrono tra i Von Erich, ma anche nel dare un contorno storico-mediatico e un contesto esplicativo al business del wrestling. Ad esempio Kevin, il più devoto e il più preparato in quest’arte, è però destinato a vedersi superare dai fratelli, più estroversi e più impattanti a livello d’immagine. Un elemento che arricchisce e inasprisce al tempo stesso un quadro familiare già complesso nei suoi meccanismi.
Una sequenza, soprattutto, è memorabile: un gioiello di regia dove vediamo l’intera famiglia al centro del ring essere messa sempre più a fuoco grazie ad un carrello in avanti. Mentre il padre parla, possiamo distinguere le reazioni, tutte diverse, dei quattro figli a ciò che sta pronunciando davanti al pubblico nell’arena. In quel momento le fragilità di un legame in apparenza fortissimo emergono in tutta la loro profondità. Il film procede, così, anche grazie alla forza di queste idee, semplici ma affascinanti, evitando il melò e il didascalico anche quando verrebbe più naturale. Peccato che vi caschi, e con tutti i piedi, proprio sul finale. Peccato davvero, anche per quelle interpretazioni che avevano dato una marcia in più, rispetto a quelle delle star che si sono invece limitate al compitino. Ad emergere in particolare è il supporting cast: stupenda Maura Tierney nel ruolo della mamma Dottie, una rivelazione Stanley Simons in quello del fratello minore Mike. Forse un po’ poco, questo The Iron Claw, per essere veramente da ricordare.