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Tokyo Vampire Hotel

2017
Titolo Originale:
Tôkyô Vanpaia Hoteru: Eiga-ban
REGIA:
Sion Sono
CAST:
Ami Tomite (Manami)
Yumi Adachi (Imperatrice)
Megumi Kagurazaka (Elizabeth Bathory)

Il nostro giudizio

Tokyo Vampire Hotel è una serie televisiva del 2017, ideata da Sion Sono

Di quanto sia fottutamente geniale Sion Sono ce ne eravamo già accorti anche in Italia, sin dai tempi di Guilty of Romance e Tokyo Tribe, fino ad arrivare al più recente rilascio di quel capolavoro che è The Whispering Star. All’ultima edizione del Torino Film Festival (dove le opere di Sono sono ormai un habitué) qualcuno ha però storto il naso: è stato proiettato Tokyo Vampire Hotel in una versione cinematografica da 142 minuti. Quantomai doverosa la sospensione del giudizio, in attesa dell’esemplare integro, la serie prodotta da Amazon Prime Video, dalla durata complessiva di oltre sei ore. Cosa ha combinato quindi il signor Sono? Un piacevole macello. Un prodotto televisivo non privo di difetti ma che per buona parte del suo svolgimento regala momenti di puro intrattenimento. È tutto qui? No, ma ci arriviamo dopo un abbozzo di trama.

Anno 2021. I vampiri continuano a dominare segretamente il mondo. Il decaduto clan Dracula cerca di riprendersi il potere contrastando i piani del clan Corvin. Quest’ultimo, comandato da Yamada, dà la caccia a Manami, una ragazza destinata sin dalla nascita a far risorgere il clan rivale, e contemporaneamente riunisce un gruppo di giovani umani nell’Hotel Requiem, il quartier generale dei Corvin, per offrire loro la salvezza dall’imminente apocalisse in cambio di un minimo e periodico contributo di sangue. Ma ovviamente Tokyo Vampire Hotel è molto di più di questo script. Vi è il mai sopito amore per l’eccesso di Sono, con dei momenti di regia davvero magistrali. Si prenda per esempio il piano sequenza iniziale, che si mangia in un sol boccone il tanto osannato inseguimento della prima stagione di True Detective (quarto episodio): un ristorante dove diversi gruppi di ragazze parlano delle più infime banalità, un tavolo occupato da vampire pronte a stroncare quest’insopportabile vocio, una ragazza (Manami, tenero viso da Tamagotchi) che entra e raggiunge delle sue amiche, un’altra che irrompe armata fino ai denti e comincia una strage. Una sequenza cattiva, pulp, che da sola basta a far capire. Da qui in poi parte una serie corale dove ogni personaggio, buono o cattivo, primario o di contorno, ha una caratterizzazione dettagliata. Ma, cosa più importante, si risponde alla fatidica domanda: chi sono gli umani e chi sono i vampiri? Siamo più o meno, ma non ditelo a Sono, nello stesso folle contesto di Yakuza Apocalypse di Miike Takashi, anche se con qualche pessimistica differenza.

Il vampiro, a dispetto della propria natura, non è il più vorace e freddo essere al mondo, o per forza il più cattivo. Conosce fin troppo bene l’umanità per saperne cogliere i bisogni, salvo accorgersi di condividerli con essa. Inconsapevolmente, l’umano è già vampiro ed il vampiro è ancora umano. L’Hotel Requiem (luogo antropomorfo quanto mai) vive del sangue, del consumo degli altri e anche di se stesso: si presenta in tutta la sua bellezza architettonica, una commistione di antico e ultramoderno, celando ciò che tiene ancora salde le pareti. Come nel leggendario castello di Frank-N-Furter di The Rocky Horror Picture Show, si insegue il piacere edonistico della carne salvo poi servirla anche a tavola. Tra pirotecniche scene di combattimento, intermezzi comici e momenti genuinamente cruenti, Tokyo Vampire Hotel arriva però a consumarsi essa stessa negli ultimi tre episodi-appendice (arricchiti da personaggi fino a quel momento pressoché inediti): piacevoli, spiazzanti, coerenti ma forse troppo sbrigativi.