Trolljegeren
2010
André Øvredal lascia che i suoi personaggi si perdano fra i ghiacci della Norvegia mentre egli annega nel mare della sua creatività, dando luogo a refusi registici e narrativi che compromettono la credibilità del film.
Una troupe di documentaristi, improvvisata da tre studenti universitari, si reca nel comune norvegese di Volda per investigare sulle morti misteriose di alcuni orsi. I tre, dopo aver ascoltato le dicerie locali, si mettono all’inseguimento di un enigmatico e fin troppo solitario cacciatore, Hans, ritenuto coinvolto nell’affare. Una notte, la troupe vede lo strano individuo montare sul suo furgone e allontanarsi lentamente. Senza perdere un minuto, i documentaristi si lanciano al pedinamento, arrivando così ad un cancello con su appeso un divieto d’ingresso per via di alcune esplosioni in corso lungo la zona. Non curandosi dell’avvertenza, il gruppo prosegue all’inseguimento, non trovando però più alcuna traccia fisica relativa al passaggio del cacciatore. Tuttavia, dei lampi in lontananza richiamano la loro attenzione e li invitano, incautamente, ad uscire dalla macchina. Vagando per i boschi, i tre si ritrovano spettatori di una strana lotta a colpi di luce fra il fuggitivo sospetto e una strana, enorme creatura, un troll. Avendo appreso da Hans il chi, il come ed il perché di quella incredibile combattimento, i tre ragazzi riceveranno anche il permesso da parte del cacciatore di affiancarlo e filmarlo nella sua mitologica caccia. Ma gli imprevisti non finiscono di certo qui. Associazioni segrete, complotti governativi e ricerche scientifiche rappresentano sempre un, più o meno, valido espediente per allungare un brodo, tuttavia qui, dal sapore già abbastanza insipido.