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Under the Silver Lake

2018
Titolo Originale:
Under the Silver Lake
REGIA:
David Robert Mitchell
CAST:
Sam (Andrew Garfield)
Sarah (Riley Keough)
Riki Lindhome (Attrice)

Il nostro giudizio

Under the Silver Lake è un film del 2018, diretto da David Robert Mitchell.

Nella cultura militare il tre rappresenta un numero particolarmente sfortunato, in quanto legato alla celebre diceria secondo cui, mentre gli ignari commilitoni accendono tranquilli la loro brava sigaretta, dal lato opposto della trincea il cecchino nemico ha tutto il tempo di vedere la fiamma del cerino, di puntare e far fuoco. Giunto pertanto all’insidioso terzo corpo-a-corpo cinematografico, dopo il sorprendete battesimo del fuoco con The Myth of American Sleepover e la stracciante vittoria in campo aperto di It Follows, l’agguerrito David Robert Mitchell sembra essersi impantanato come Garibaldi ad Aspromonte, accerchiato dalle taglienti baionette delle ipercaloriche aspettative che solitamente insidiano i promettenti giovani autori visionari. Sarà stata dunque l’ansia da cine-prestazione, sarà stata forse la naturale lievitazione di budget a disposizione oppure semplicemente la bulimica e onesta cinefilia latente nella fertilissima mente di un cineasta anticonformista. Sta di fatto che Under the Silver Lake è davvero troppo, sotto tutti i punti di vista. Troppo lungo. Troppo infarcito di citazionismo classical-pop. Troppo grottesco nella sua ostentata astrusità. Troppo formalista e decisamente troppo (inutilmente) incasinato. Insomma, quel troppo che, come la mamma ci insegna, alla fine storpia. Quel troppo che, però, in fondo in fondo, ci piace e continuerà a piacerci.

Fedele all’ormai celebre e discussa decisione di abbandonare sul nascere l’universo horror per avventurarsi in ben altri terreni di genere, Michell sceglie di imbastire un neo-noir decisamente debordante e parecchio bislacco, nel quale il nullafacente Sam (Andrew Garfield) passa le proprie afose giornate losangeline occhieggiando dal proprio terrazzo le invitanti bellezze al vento delle vicine di residence, dedicandosi nel mentre a sterili rapporti sessuali con un’amica starlette (Riki Lindhome). La monotonia quotidiana viene però improvvisamente interrotta dall’inspiegabile scomparsa di Sarah (Riley Keough), una conoscente verso cui il giovane nutre un sincero affetto che sembra essersi invischiata in qualcosa di decisamente torbido. Guidato da alcuni (presunti) oscuri messaggi subliminali disseminati un po’ dovunque e ispirandosi agli strambi accadimenti di un’oscura graphic novel con protagonista un killer di cani, Sam inizierà un delirante viaggio nei meandri del sottobosco pop americano, incontrando personaggi alquanto svitati e iniziando a confondere il sogno con la realtà. È certo come la morte che Under the Silver Lake sia, da un punto di vista estetico, un gran bel film, con tutti gli attributi al posto giusto. I lenti zoom in campo lungo a sondare entomologicamente l’ambiente, la suggestiva fotografia decisamente magrittiana e quel retrogusto così sottilmente perturbante gridano It Follows a ogni inquadratura, pur legandosi a una nuova conformazione che, tanto nel montaggio quanto nello score, predilige stavolta un’evidente classicità capace d’ingaggiare a più riprese una dura battaglia con l’impalcatura pop che il buon Mitchell ormai si porta addosso come la pelle stessa.

Questa cordata fra passato e presente viene resa ben evidente dalla ripetitività del processo citazionistico che, dall’onnipresente zio Hitchcock di La finestra sul cortile e Vertigo, si muove a passo pesante fino ai brulicanti universi lynchiani di Velluto Blu e Mullholland Drive, dando però vita a un’inzuppata decisamente troppo ricca e a rischio d’indigestione. La stuzzicante – e congestionante – glassa formale che viene stesa sull’intera baracca non può tuttavia nascondere il sapore di un racconto obiettivamente insipido e fine a se stesso, dove l’insistita astrusità degli accadimenti non può che portare lo spettatore a disertare ogni tentativo di raccapezzarsi, per lasciarsi infine cullare dal narcotico potere delle sole immagini, esattamente come in un incubo lisergico surrealista. A ben vedere il mood di Under the Silver Lake assomiglia moltissimo al cinema di Jaques Rivette, dove l’ossessione per il complottismo subliminale, la dilatazione temporale, l’implosione d’ingarbugliate sottotrame senza soluzione di continuità e lo scollamento di senso del narrato danno vita a un’esperienza cinematografica stordente e unica nel proprio genere. È indubbio che Mitchell si sia divertito come un pupo nel dar forma a questa sua astrusa creatura che, alla fin della fiera, diverte pure noi. Ora però è il momento di mettere da parte i balocchi e di tornare a fare gli adulti. Altrimenti sai che sculacciate!