Venus
2022
Venus è un film del 2022, diretto da Jaume Balagueró.
Oggi più che mai pare proprio che tutte le strade conducano all’Apocalisse. Anche e soprattutto quelle ben rodate di un grande autore come Jaume Balagueró che, dopo la momentanea deviazione di percorso verso gli insoliti terreni dell’heist movie con l’adrenalinico Way Down, ha saggiamente scelto di ritornare nell’oscura e familiare carreggiata degli esoterici esordi di Nameless e Darkness, confezionando con Venus una sorta di vero e proprio bigino delle sue più ermetiche cinematografiche ossessioni. Un film indubbiamente minore se confrontato anche solo con il goticheggiante Fragile ma che, oltre ad avere il suo tostissimo perché da dire, dimostra di essere nato e scresciuto all’ombra della più sana e genuina spensieratezza. Un film indubbiamente economico, tanto nelle idee quanto nella stessa realizzazione, a cominciare dalla volontà del buon Jaume – e di un produttore d’eccezione come Álex de la Iglesia, curatore, fra l’altro, dell’antologia Fear Collection di Prime Video – d’infognare ancora una volta un gruppetto di poveri personaggi all’interno di un’angusta gabbia domestica, nella quale, così come nell’ingiustamente misconosciuto Penumbra del folle cuginetto argentino Adrián García Bogliano, in concomitanza di un criptico evento astronomico il Male in persona si presenta alla porta perreclamare a gran voce il mefistofelico contratto di locazione. Ad eccezione, infatti, di un cosmologico prologo in stile Melancholia, è appunto un lugubre appartamento, non molto dissimile da quello che accoglieva le perturbanti sortite notturne dell’inquietante Luis Tosar di Bad Time, il vero e proprio set nel quale prende vita questa infernale epopea, situato in un altrettanto equivoco condominio che, oltre a dare il titolo al film stesso, altro non è se non un ennesimo sordido terreno di coltura nel quale, al pari dell’appestato caseggiato degli orrori di [REC], un’antica e diabolica infestazione maligna si prepara ad esplodere in tutta la sua oscura e lovecraftiana potenza.
Lovecraftiana di nome e di fatto, poiché è proprio dal racconto The Dream in the Witch House che la sceneggiatura del duo Balagueró-Navarro ha scelto di far germogliare Venus, trasportando l’apocalittica fantasia dell’immortale scrittore di Providence nell’oscura periferia di Madrid, nella quale la giovane stripper Lucia (Ester Expósito) è costretta a cercare rifugio presso la sorella Rocio (Ángela Cremonte) e la nipotina Alba (Inés Fernández) dopo aver sottratto una borsa piena di droga ai suoi criminali datori di lavoro. Giunta nel sopracitato caseggiato maledetto con una discreta coltellata alla gamba e il pestilenziale fiato del perfido Calvo (Pedro Bachura) ancora sul collo, la nostra incauta protagonista inizierà a sperimentare strani e inquietanti avvenimenti sovrannaturali, tra allucinanti visioni, la minacciosa presenza di una misteriosa “serva” situata al piano di sopra e, ciliegina sulla torta, un tutt’altro che amichevole terzetto di vecchiacce in odor di Rosemary’s Baby decise a sfruttare l’esoterico potere di un’imminente eclissi per permettere a una demoniaca creatura, forse sorellastra del luciferino Paimon di Hereditary, di essere finalmente incoronata in un giovane corpicino.
Se provate a chiedere a quel mattacchione di de la Iglesia vi dirà certamente che, sì, Le streghe son tornate! E vi è per l’appunto qualcosa di profondamente argentiano in queste tre vetuste matres tenebrarum il cui dress code ricorda tanto, chissà come e perché, proprio le mortifere velate fattucchiere del fragassiano La casa 5, fraternamente unite, così come le zombiane Streghe di Salem, nel riportare il Sacro Male dritto dritto nel nostro bel mondo, con zanne e viscidi tentacoli connessi. Certo, non sono sette come le mitologiche temibili Muse, ma più che sufficienti per innervare la giusta dose di esoterico miasma in una pellicola che, soprattutto nel suo ultimo delirante atto, sembra lasciare tutt’altro che timidamente da parte il suo purissimo mood orrorifico per abbandonarsi, grazie ad un’ennesima tosta (anti)eroina motherfucker, ad un sanguinolento delirio coronato dalla potente voce della nostra cara Mina. Ed è proprio il retrogusto iglesiano a emergere con maggior forza fra le semplici ma ugualmente affascinanti maglie di questo Venus, frullando assieme le oscure macchinazioni condominiali del nerissimo La comunidad con i malevoli echi apocalittici de Il giorno della bestia, depotenziando tuttavia la consueta grottesca anarchia tanto cara all’irriverente cineasta di Bilbao per meglio adattarla ai toni più seriosamente oscuri dell’amico Balagueró. Ma basta il solo ralenti finale o, ancor prima, una seduta di divinazione condotta a suon di sputi per capire chi, stavolta, si meriti veramente la corona di boss.