Vermines
2023
Vermines è un film del 2023, diretto da Sébastien Vaniček
Un’orda di schifidi, saltellanti e ben pasciuti ragnacci assassini pronti a tenere sotto scacco i disadattati inquilini di un fatiscente casermone popolare abbandonato a sé stesso in un’insidiosa banlieue parigina. Una premessa tutto sommato banale per un’opera prima che, a ben vedere, così banale non è affatto. Nonostante infatti, almeno sulla carta, appaia come l’ennesimo scalcinato monster movie ripescato da un qualche cestone sottocosto d’inizio Millennio, Vermines possiede in realtà una forza, uno stile e una dignità decisamente inconsueti per un prodotto di tale cinematografica latitudine; riuscendo persino a smuovere gli animi e il plauso tanto del Gran Maestro Stephen King quanto di uno splatteroso burlone del calibro di Sam Raimi. Se dunque proprio quest’ultimo ha scelto di concedere all’esordiente Sébastien Vaniček la propria benedizione e la più bianca delle carte nella gestazione del già chiacchieratissimo spin-off dedicato alla mitologica saga di Evil Dead, i meriti vanno tutti – oltre che ad un giovane cineasta con già ben chiaro in mente il significato più ancestrale del termine paura – ad un prodotto che, pur nella sua derivativa semplicità e sapiente gestione dell’economia dei mezzi a propria disposizione, riesce sorprendentemente a intessere un’atavico ribrezzo per tutto ciò che possiede ben più di un paio di arti mobili.
L’idea che nutre la tutt’altro che allegorica ragnatela narrativa di questo Vermines – prontamente ribattezzato Infested all’indomani dell’ottima accoglienza riservata all’affollata première di Venezia 80 – è pertanto elementare quanto, a conti fatti, decisamente vincente: far leva sulla seminale eredità del fu Aracnofobia e zampettante filmica prole, convertendo la suddetta Horde in un Attack the Block nel quale la rutilante minaccia aliena venga qui sostituita dalla mutata progenie di un tutt’altro che innocuo Aragog importato illegalmente dalle insidiose sabbie di un incontaminato deserto mediorientale. E sarà proprio questo artropode dal velenifero mozzico e dalle altrettanto fulminee capacità riproduttive a finire nelle incaute grinfie del giovane Kaleb (Théo Christine), truffaldino sbarbatello impegnato nello smercio di calzature di marca e con una sincera passione per rettili e insetti, desideroso di evadere dalla desolante prigione di cemento della periferia assieme al vecchio amico Jordy (Finnegan Oldfield) e alla sorella Manon (Lysa Nyarko). Se tuttavia i rapporti fra i tre non possono dirsi particolarmente idilliaci, a rompere definitivamente le uova nel paniere ci penserà proprio il nostro oviparo amichetto a otto zampe ironicamente soprannominato Rihanna che, fuggito di soppiatto dal proprio incustodito giaciglio, non mancherà certo di rendere onore all’inequivocabile titolo di una pellicola che lo vede autentico mattatore; infestando a tradimento ogni anfratto del sopracitato marcescente condominio e, ça va sans dire, pure delle ignare incubatrici umane che lo abitano.
Nel mentre dunque il simpatico aracnide e la sua numerosa progenie continueranno ad accrescere esponenzialmente tanto la propria fame quanto le già ragguardevoli dimensioni, i nostri non certo impavidi (anti)eroi dovranno tentare di evadere da questo brulicante nido condominiale messo preventivamente in lockdown da una pattuglia militare decisa a contenere quanto più possibile questa [REC]ondinta minaccia. Nonostante il grossolano sottotesto socioculturale che il talentuoso Vaniček cerca d’incubare a forza nelle profondità del suo filmico battesimo del fuoco non sia certo ai livelli di un altro recente e ben più metaforicamente surreale incubo claustrofobico come The Lockdown Tower, va comunque riconosciuto quanto la forza di Vermines risieda tanto nella sua dura scorza di puro prodotto d’intrattenimento a base d’insettoni omicidi quanto nel coraggioso proposito – solo in minima parte riuscito – di utilizzare il genere come veicolo per sviscerare problematiche che vanno ben al di là di qualche famelico Arac Attack. Facendo tesoro della metaforica e brutale carnalità di un’idea di orrore che ancora odora di french gore wave d’inizio anni Duemila, il trentaduenne cineasta francofono confeziona un intrigante incubo a perdifiato nel quale la pirotecnica arditezza della macchina da presa e la putrescente fotografia di Alexandre Jamin – inquietantemente nottambula quanto un gameplay di Alone in the Dark – riescono sapientemente a gestire il passaggio nemmeno poi così troppo bruco da autentiche creaturine zampettanti a più che credibili ragnoni in CGI grossi quanto un mastino napoletano. Si perché, al netto di parecchi pruriti sottocutanei e qualche pallido sussulto emotivo, Vermines questo è: un’adrenalinica, ribrezzevole e godibile oretta e quaranta di faccia a faccia con uno dei più primitivi terrori dell’essere umano; vestito con una cura ed un’eleganza che raramente vengono riservate ai nostri mostracchiosi ottopodi compari.