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Violently Happy

2016
Titolo Originale:
Violently Happy
REGIA:
Pala Calvo
CAST:
Felix Ruckert
Mara Morgen
Christine Borch

Il nostro giudizio

«Si  legge spesso ultimamente che la cinematografia berlinese è in  una fase di stallo e che mancano film coraggiosi; io spero, con questo mio film, di essere stata coraggiosa abbastanza». Con queste parole la regista di origine venezuelana Paola Calvo introduce la prima del suo film Violently Happy al Filmfest di Monaco di Baviera. La pratica della violenza in un contesto amichevole e controllato potrebbe rappresentare una nuova frontiera della civilizzazione? Il nostro corpo è sottovalutato o sopravvalutato? È possibile una fusione felice tra danza, meditazione e BDSM? La risposta a queste domande, che, lungi dal riguardare solo la sfera sessuale, coinvolgono completamente le relazioni umane, la fiducia nell’altro e l’atteggiamento verso la morte, ci viene data dal gruppo di Schwelle 7, una comunità di danzatori di Berlino facente capo a Felix Ruckert, suo ideatore. Controparte femminile in questa ricerca è Mara Morgen, conduttrice di corsi sulla sessualità e lei stessa “escort” di sesso estremo basato su yoga e meditazione. Sono due personaggi reali quindi, che hanno dato alla regista Paola Calvo la possibilità di indagare senza censure nel loro mondo in cui si sperimenta la ricerca del piacere estremo attraverso la sofferenza fisica sempre voluta e mai imposta, in un gioco di ruoli, quello tra dominante e dominato, che è spesso, magari anche inconsapevolmente, alla base di ogni relazione umana.

Nel mostrare in Violently Happy le varie tecniche utilizzate dai seguaci di Ruckert, ci accorgiamo che c’è sempre un pubblico che osserva e impara, supportando chi si adopera attivamente nella sperimentazione estrema a 360 gradi, in cui accanto alle più tradizionali pratiche sadomasochiste compaiono le  tecniche più svariate  di controllo estremo del piacere e del dolore sull’altro (non manca nemmeno l’applicazione di sanguisughe) praticato in coppia o in gruppi in cui il senso di categorie come “etero” e “omo” è naturalmente e felicemente superato. Quello che conta è l’altro come oggetto di vera e profonda attenzione che consente la conoscenza di noi stessi attraverso la ricerca , impegnativa e qualche volta molto difficile,del significato del piacere e della sperimentazione sempre più totalizzante delle emozioni scaturite dalla sofferenza fisica.

Violently Happy ha un taglio documentaristico, in cui allo spettatore vengono aperte le porte dello Schwelle 7, un loft di 500mq che fino al mese scorso aveva sede in Berlino, offrendogli la possibilità di conoscere e informarsi, di assistere senza coinvolgimento ma con curiosità; dove però Felix si cimenta nella realizzazione di “quadri viventi”, che ci offrono la concreta dimensione della sua arte danzante  fusa alla sperimentazione sessuale, attraverso scene sicuramente pornografiche ma indiscutibilmente artistiche, l’occhio dello spettatore non può non apprezzare (anche se non necessariamente condividere) i risultati del percorso di Felix e attribuirgli una emotività (overamotional recitava un brano di Bijork omonimo del titolo del film) con cui ciascuno dovrebbe avere il coraggio (o forse anche il dovere?) di fare i conti.