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Vortice mortale

1993
Titolo Originale:
Vortice mortale
REGIA:
Ruggero Deodato
CAST:
Philippe Caroit (Ispettore)
Ilaria Borrelli (Maria 'Sissy' Kolba)
Katarzyna Figura (Vida Kolba)

Il nostro giudizio

Vortice mortale è un film del 1993, diretto da Ruggero Deodato.

I film sono le loro scene, non c’è niente da fare, come i corpi sono il loro sangue. A un certo punto di Vortice mortale di Ruggero Deodato, l’attrice polacca Katarzyna Figura si scopa, contro il corrimano della rampa di scale di un vecchio palazzo, il commissario di polizia insieme al quale sta facendo delle indagini. L’attore è il francese Philippe Caroit, bella faccia, bella espressione, con un paio di iridi color ghiaccio, come quelle degli asky. Più che scoparselo, lo violenta proprio, dopo averlo ammanettato e dopo essergli montata addosso in una posizione spericolata che sfida ogni legge di gravità. I film sono anche le loro scene e questa scena è sublime. Rapportato al cinema bis, questo è l’upsos del trattato di Longino. Per come è fatta e per il fatto che la si sia potuta concepire in questo modo: il ragno femmina che si accoppia all’insetto maschio, reso totalmente impotente. E per la musica che c’è stata messa sotto da Claudio Simonetti, tendente il primissimo agguato ai sensi e all’emozione. Katarzyna Figura alias Kasha Figura risponde a quel genere di donne con le carni che straripano e vibrano pericolosamente in bilico sull’orlo di qualunque indumento cerchi di contenerle – Deodato la volle perché era una bravissima attrice, poi la vide e si rese conto che era tanta, forse troppa. Ma quando la mise al vaglio della macchina da presa, “risultava”. Aveva ragione lui.

Vortice mortale lo conoscevamo all’epoca come La lavatrice, al massimo inglesizzato: The Washing Machine. Perché è in una lavatrice che sarebbe stato ritrovato il corpo smembrato di Yuri (Yorgo Voyagis), la stessa notte in cui ha prima litigato e poi trombato con Kasha Figura, nella vecchia casa di Budapest in cui lei abita con due sorelle un po’ strane. Una di nome Ludmilla – la interpreta Barbara Ricci, statuaria, capelli come il cognome, tette da urlo –, e l’altra Maria – la interpreta Ilaria Borrelli, procace ma minuta, una bellezza porcellanesca, bisex nel film e sul set grande scassacazzi, a dire di Deodato. Oggi è un’apprezzata regista. Ludmilla, che è la più sciroccata del lotto dice di avere visto lo scempio di Yuri nella lavatrice, quella stessa notte, budella e sangue ovunque. Ma al mattino, quando viene chiamato il commissario Stacev (Caroit), non sembra essere rimasta traccia alcuna di un alcun assassinio. Attorno al poliziotto, da quel momento, si muove l’interesse libidico-predatorio delle tre donzelle, figlie di un esponente defunto della nomenclatura bulgara ed evocatrici, loro e la loro grande e vecchia casa, di quelle vetuste figure femminili diaboliche tipo la saponificatrice di Correggio, Leonarda Cianciulli. Universi chiusi e matti. Solo che la Cianciulli non era figa. Queste tre, invece, sono una meglio dell’altra.

L’assalto ragnesco della Figura al bel commissario – che in casa non può lamentarsi, perché ha come amante Claudia Pozzi – trova l’equivalente nelle irruzioni che nella vita del poliziotto fanno, prima Ludmilla che si annuncia alla porta sbattendo un paio di piatti della batteria  (Deodato fa un vicino curioso che spia) e calandosi quindi in faccia a lui un paio di mutandine rosso fuoco; e poi Anna, la quale lo seduce con la forza della convessità che sagoma il suo intimo bianco, pericolosamente esibito ad altezza bocca/naso dell’uomo, dentro un museo dove un gruppo di ciechi, tra i quali anche la fidanzata della Borrelli, sta tastando le sagome delle statue: Deodato opina che questa scena sia la migliore del film e fa accademia con dei sottili distinguo tra sexy ed erotismo. Al ritmo comunque coopera anche qui la musica di Simonetti – purtroppo finora mai edita su cd. Dunque, a volerlo mettere nei ranghi del genere, cosa è Vortice mortale? Thriller erotico va bene, ma senza dimenticare che la pièce teatrale che c’era sotto era tendenzialmente brillante e che le iridescenze della commedia costituiscono parte del piumaggio di questo bel pavone cinematografico, che sa diventare in alcuni momenti un falco feroce e ghermente e che si conclude, in barba a ogni whodunit di bon ton, con una macabra, folgorante, risata elettrica. E vissero tutte cattive e contente. Questione Fortleben complicata: in Italia non è mai uscito per mancanza di distribuzione, anche se esiste certamente il doppiaggio, fatto da Alessandro Perrella ma che oggi, purtroppo, non pare sia possibile ritrovare. Deodato aveva un supporto in italiano, anch’esso volatilizzatosi. Sarebbe interessante capire come venne doppiato: le versioni inglese e francese, soprattutto quest’ultima – nel film come produzione c’era di mezzo anche André Kobb – sono, da questo punto di vista, ottime.