Wrong Turn
2021
Wrong Turn è un film del 2021, diretto da Mike P. Nelson.
Il cinema, come la vita, è pieno zeppo di strade sbagliate. Quelle che, una volta imboccate, non sai mai dove ti possono condurre. Ma a volte sono proprio le vie più impervie e sconosciute quelle capaci di riservare le più gradite e succulente sorprese. Non si spiegherebbe altrimenti lo strabordante successo accumulato da una saga come Wrong Turn, nata quasi per caso alle soglie del nuovo millennio grazie alla pazza penna di Alan McElroy e divenuta, nel giro di appena un decennio, un vero e proprio cult all’ombra dell’orrorifica generazione X. E dire che la risicata formula, inaugurata nell’ormai giurassico 2003 da Rob Schmidt, pur nella sua solleticante cattiveria non avrebbe certo fatto presagire la nascita di un vero e proprio brand con all’attivo ben sei capitoli uno più estremo e delirante dell’altro. Tuttavia si sa che le nuove generazioni si sollazzano con poco. E così sono bastanti un allegro gruppetto di deformi e incestuosi cannibali, ben acquattati fra gli oscuri boschi della Virginia Occidentale a caccia di ignari visitatori della domenica, per riscrivere, seppur in minima parte, le regole dello slasher postmoderno, con buona pace dei vetusti e togati critici da salotto. Ed è proprio la grande spendibilità del format targato McElroy ad aver fatto ben sperare in una sua ulteriore prosecuzione a oltre sei anni dall’ultima emoglobinica fatica, portando il suo stesso creatore a concepire Wrong Turn – noto anche come Wrong Turn: The Foundation e Wrong Turn 7: Bloodshed – come un sequel che, a dirla tutta, appare a tutti gli effetti come un autentico reboot. Purtroppo sono ormai lontani i ribaldi e maramaldi tempacci nei quali era possibile esordire con frattaglie e carne trita ancor prima dei titoli di testa, e questo McElroy lo sa bene.
E così, affidato il timone della baracca a quel Mike P. Nelson che con The Domestics aveva dimostrato un anarchico spirito registico decisamente fuori dal comune, in questa nostra epoca politicamente (ri)coretta sono necessari almeno venti minuti prima che le prime timide gocce di sangue inizino a far capolino sullo schermo, allarmante sintomo di un’inaspettata sobrietà che rende questo nuovo Wrong Turn dell’era post trumpiana decisamente meno incisivo e stuzzicante dei propri gloriosi predecessori. E dire che la solfa rimane fondamentalmente sempre la stessa, con la bella Jane (Charlotte Vega) e la sua strafottente combriccola di amichetti cittadini intenti a organizzare un’incauta escursione in quel del West Virginia con meta i monti Appalachi, salvo poi capitare dritti dritti nella grinfie di un’oscura congrega di selvaggi conosciuta come la “Fondazione”, la quale, fin dai tempi della guerra civile, si procura nuovi adepti e nuove scorte alimentari fra gli incauti viandanti della regione. La nostra eroina dovrà dunque vedersela con la cannibalica masnada capitanata dallo spietato John Venable (Bill Sage) e dalla di lui primogenita Edith (Daisy Head), il tutto mentre il preoccupato paparino (Matthew Modine), sprezzante del pericolo, si lancerà a capofitto fra le insidie della letale boscaglia alla ricerca dell’insidiata figlioletta. Fiducioso ovviamente di riportartene a casa quanti più pezzi possibili. A conti fatti Wrong Turn sfodera il meglio delle proprie carte nell’ultima concitata decina di minuti, durante i quali, all’ombra di un girl power 3.0, sembra finalmente di poter intravedere quella sana e anarchica cattiveria che la saga non ha mai disdegnato di sbatterci in faccia senza troppi complimenti, assieme ad arti e organi umani come se non ci fosse un domani.
Per la restante ora e quaranta la creatura di Nelson sembra invece essere mantenuta in uno stato di letargia forzata nel quale, nonostante carne e sangue non si facciano certo desiderare, tutto appare stucchevolmente pulito e accomodato, assolutamente privo di quello spirito laido e corrotto che ci aveva a suo tempo tanto scioccato quanto divertito. Di zozzo c’è infatti ben poco in questo settimo capitolo, a cominciare dai membri di una sedicente setta boschiva che, lontani anni luce dai devastati e sguaiati boscaioli cultori del dolore corporale che tanto abbiamo imparato ad amare, sembrano nulla più che anonimi figuranti strappati di peso da una loffia puntata di Romolus, con tanto di copricapi cornuti, teschi a gogò e animalesche pellicce. Muovendosi all’interno di un immaginario decisamente più cupo e serioso che occhieggia all’Andrew van den Houten di Offspring piuttosto che alle atmosfere grottescamente grandguignolesche del The Woman di Lucky McKee, la pellicola di Nelson cade nell’imperdonabile errore di prendersi dannatamente troppo sul serio, laddove lo spirito originario del brand virava invece con decisione verso una satira tanto spietata quanto dannatamente inquietante. Ed è proprio la totale assenza di inquietudine a rendere Wrong Turn un prodotto estremamente debole e, in un certo qual modo, involontariamente ridicolo in molti suoi tratti, scegliendo stavolta quella provvidenziale ed erronea “svolta” che vorrebbe conferire un nuovo inutile spessore a un format che, sin dai tempi che furono, non ha mai avuto bisogno di altro al di fuori di quattro pazzi sfigurati e un gruppetto di cavie umane creativamente macellate per saziare i nostri cinefili palati.