Phone Stalker, il ritorno alla regia di John Carpenter
Abbiamo visto in anteprima la nuova opera del Master of Horror, il sesto episodio della serie Suburban Screams
Ormai lo sanno tutti. John Carpenter, oggi 75 anni, è tornato alla regia tredici anni dopo l’ultimo titolo consegnato alle sale, l’horror The Ward del 2010. Per farlo ha scelto uno schermo più piccolo, quello della serialità televisiva, e in particolare Suburban Screams, serie antologica in sei episodi auto-conclusivi di cui è anche produttore e autore della musica, distribuita negli Usa sul canale streaming Peacock. Niente di nuovo per i fan del regista di Carthage, che avranno già letto l’intervista ormai virale rilasciata a Insider, in cui Carpenter respinge ogni titolo ad onore: “Non sono un maestro di niente, voglio solo mangiare ghiaccioli e giocare ai videogames”… Mah. Volendo si potrebbe aprire un discorso sulla responsabilità di un grande regista verso il proprio pubblico, ma d’altronde se hai girato Halloween e La cosa puoi fare e dire un po’ quello che ti pare.
Suburban Screams è una serie che corteggia il True Crime esploso nel nostro tempo, anche se tecnicamente non ne fa parte. Non è infatti la ricostruzione documentaria di un crimine, con pochi innesti di finzione, ma un’operazione ancora diversa: ogni storia è la rappresentazione di un fatto realmente avvenuto nella periferia americana, narrato dai protagonisti ancora in vita in montaggio alternato alla finzione che riproduce l’evento, servendosi dell’interpretazione di attori e dunque senza il dono del “vero”. Gli episodi riproducono crimini realmente avvenuti, che vengono rimessi in scena attraverso la finzione. Ogni puntata si apre con le parole dello stesso Carpenter in voce fuori campo: “In our suburbs, evil lurks behind closed doors. True stories so terrifying because the horror is real. You will never look at your neighbors the same way again”. Ovvero: “Nelle nostre periferie, il male si nasconde dietro le porte chiuse. Storie vere, così terrificanti perché l’orrore è reale. Non guarderai mai più i tuoi vicini nello stesso modo”.
Le storie nell’arco di quaranta minuti raccontano le vicende più svariate. Si va dagli amici che durante un party evocano un fantasma al serial killer spiegato dai giornalisti che seguirono il caso, fino allo psicopatico vestito da coniglio e così via. Carpenter dirige il sesto episodio, dal titolo Phone Stalker. La puntata, senza sceneggiatura come tutta la serie, è andata in onda il 13 ottobre 2023: percorre la vicenda di un grave caso di molestie, da titolo, inserendosi pienamente nel filone dello stalker movie che aggiorna al contemporaneo. La protagonista Beth (Julie Stevens) inizia ad essere perseguitata da uno stalker duro e implacabile: al principio lo vediamo di spalle in una complessa cabina di registrazione con una pioggia di dati, in grado di ottenere qualsiasi informazione sulla vittima, acquisendola mediante la profanazione dei suoi oggetti tecnologici, dal computer al cellulare. Uno stalker 4.0, un criminale iper-tecnologico che corre su WhatsApp, in grado di insinuare il terrore attraverso messaggi e fotografie. La donna impaurita si interroga: può essere il suo ex marito, col quale ha rotto dopo un tradimento? Oppure la vicina di casa? Lo scenario, come d’uso, viene raccontato attraverso le interviste alternate al reenactment finzionale.
John Carpenter ha diretto l’episodio da remoto. Per sua stessa ammissione, guardava le riprese dal maxischermo di casa sua impartendo indicazioni e suggerimenti all’attrice e al resto della crew. E qui iniziano i problemi. Il Master of Horror, infatti, non riesce mai a infondere un vero spirito di genere alla storia narrata, a soffiarci dentro un brivido, ma si limita ad assecondare le consuete regole del micro-filone. Ecco quindi la donna sola che si gira a ogni minimo scricchiolio, sospetta di tutti, si abbandona ad allucinazioni di morte e sogna l’incubo dell’home invasion, per poi tornare alla triste realtà. Beth è “solo” perseguitata, in modo costante e tenace, che gradualmente arriva a non consentire più la vita quotidiana, se non a patto di accettare la persecuzione e inglobarla nella propria esistenza. È questo in ultima istanza il vero orrore del crimine, rendere la donna una vittima e costringerla alla protezione. A tutto ciò il timone di Carpenter non instilla potere: ci sono un paio di guizzi isolati, come la foto improvvisa del pene su WhatsApp, peraltro mostrato, quanto al resto si limita a replicare la grammatica del genere senza variazioni. Un ritorno, dunque, che non lascia il segno: può servire ad aspettare il “secondo ritorno”, semmai sarà possibile e previsto.