Salò, ultimo girone: seconda sessione
L’Eccellenza è il voyeur. Il Presidente officia, il Monsignore e il Duca assistono. I fanciulli Antiniska Nemour, Faridah Malik, Bruno Musso e la figlia Tatiana Mogilanky sono le vittime. Terza sessione nell’ordine reale.
La seconda serie di atrocità sui fanciulli viene perpetrata con Valletti nel ruolo del voyeur. Da destra a sinistra, vediamo (nell’ordine che ricostruiamo e non secondo ciò che il montaggio ci propone) una vittima sodomizzata da Quintavalle e Faridah Malik scalpata dallo stesso carnefice, il Presidente, che alla terza vittima, Bruno Musso (Carlo nel film), cava l’occhio sinistro con un pugnale. Il montaggio attuale comincia da quest’ultimo supplizio, per quindi spostarsi all’atto sodomitico, poi ai quattro “fottitori” che portano in scena una sedia munita di garrota con la quale scherzano, prima di passare alla figlia di turno, Tatiana Mogilanky, china presso un braciere con il sedere denudato, di nuovo alla violenza sodomitica e infine allo scotennamento della Malik (che nel film si chiama Fatma). Le fotografie in questo caso svelano l’agghiacciante portata di quel che Pasolini aveva immaginato e realizzato, perché la vittima non veniva soltanto scalpata ma le veniva aperta completamente la scatola cranica, rimuovendo la calotta e mettendo a nudo il cervello. Abbiamo già ricordato che secondo alcune testimonianze d’epoca, questa scena era visibile nella copia del film diffusa in Francia prima della proiezione ufficiale del 22 novembre del 1975, insieme allo sventramento di Dorit Henke.
La vittima della sodomia di Quintavalle ha costituito a lungo un enigma per chi scrive. Da un lato si poteva pensare ad Antonio Orlando, che dopo le ustioni al membro veniva legato ai picchetti a terra proprio in quella posizione, come vediamo in dettaglio nel backstage di Gideon Backmann e in campo lungo nel film. Il che avrebbe anche una correlazione logica con quanto il Presidente promette al ragazzo fin dall’inizio: «Vedremo chi di noi avrà il privilegio di sverginarti». D’altronde, le considerazioni che faremo tra poco circa il succedersi corretto delle varie tranches delle torture, rendono improbabile l’ipotesi che sia Orlando; e poi, più si osserva la scena, comparandola con una delle foto di Cevallos – dove una delle fanciulle coi capelli scuri appare di schiena mentre l’attrezzista le lega i piedi ai pioli nella posizione sull’estrema destra del cortile – più ci si convince che quella abusata sodomiticamente da Quintavalle è Antiniska Nemour. C’è anche una foto della Beer (un’unica immagine sulle quasi 8000) che conferma questa ipotesi. Il punto è che a Mario Sesti che l’ha rintracciata a Bologna e intervistata, la Nemour racconta solo che al termine delle torture subite (quali non precisa) le veniva fatto intendere che il suo personaggio sarebbe affogato in un mastello.
Faridah Malik, ha altrove nel film (e nel cinema) un solo momento di gloria, quello in cui Bonacelli la costringe a urinargli in faccia. Diverso il discorso per quanto riguarda Bruno Musso, la cui parte sembra accentuare una certa audacia ignota alle altre vittime. È lui, infatti, a chiedere a Valletti mentre ispeziona i pitali trovandovi i suoi escrementi, se “vuole favorire”. Lui dice a Umberto Chessari, promosso tra i collaborazionisti: «Fai schifo!». Ed è sempre Musso l’unico che osa interloquire con Bonacelli, dopo la selezione finale, per sapere quale destino attenda lui e i compagni. Forse è anche per questo che il suo supplizio appare tanto feroce: sullo schermo noi vediamo che gli viene cavato un solo occhio, ma i materiali a latere del film mostrano che la deorbitazione era bilaterale e fan culminare il suo martirio nell’allucinante immagine del ragazzo garrotato sul marchingegno con cui scherzano i collaboratori. Il documentario di Bachmann, tra l’altro, cattura il momento in cui, terminata la scena, l’effettista libera il ragazzo dal trucco appiccicato sugli occhi che mima le orbite vuote e sanguinanti. A parte l’intervista ad Antiniska Nemour di Mario Sesti – nel dvd La voce di Pasolini – l’unica testimonianza raccolta dalla voce di una delle vittime, a nostra conoscenza, è quella di Tatiana Mogilansky, la figlia presente in questa seconda sessione di torture, che Bachmann filmò nel suo backstage. Che cosa ci colpisce nell’inquadratura della Mogilansky prona per essere abusata da tergo come la prima figlia? Il fatto che sia appoggiata a quella sorta di braciere per arroventare i ferri che apparirà e verrà utilizzato nella tornata successiva delle torture (rispetto al montaggio del film), quando il carnefice all’opera non è Quintavalle ma Cataldi. E poi – ma questo lo dicono solo le foto di scena, perché nella ripresa il mascherino nero che finge la visione del cannocchiale, non consente di apprezzare il particolare – che dietro di lei, sul patibolo, penzolino i corpi impiccati di un ragazzo e una ragazza: visibilmente due manichini con addosso le casacche grigie dei condannati. Ma c’è un’altra incongruenza: quando i “fouteurs” spostano la sedia munita di garrota dall’attrezzeria in fondo al cortile, nel margine di sinistra dell’inquadratura si intravede una vittima nuda, legata con le mani dietro la schiena su una sedia bassa. Sappiamo – grazie a una foto di Fabian Cevallos – trattarsi con certezza di Sergio Fascetti, che nel film viene però massacrato successivamente, da Cataldi, tramite un ferro rovente, e che nell’ideazione originaria finiva su quella piccola sedia ammazzato da due colpi di proiettile alla schiena.
La conclusione è semplice e il ragionamento cogente: il montaggio finale di Salò scompagina l’ordine logico, primigenio, delle diverse fasi dei supplizi, che dovevano essere quattro. Ad essere turbato risulta, nel film, anche il “vero” ordine secondo il quale i voyeur si avvicendavano sul “trono” e, come carnefici, nel cortile degli orrori. A parte che ci avrebbe già dovuto indurre in sospetto il fatto che, nel montaggio finale, manchi Cataldi nella parte di osservatore e che Bonacelli non sia mai carnefice, mentre ciascuno dei quattro signori dovrebbe essere, a turno, l’una cosa e l’altra. Attualmente, quando Bonacelli guarda col binocolo, Valletti officia; poi il voyeur è Valletti ed entra in azione Quintavalle; quindi Quintavalle guarda e Cataldi fa il boia. Per l’appunto, non c’è la sessione in cui Cataldi è sul trono e Bonacelli trucida le vittime. È altresì vero che la disposizione attuale è suggestiva poiché, almeno nel caso di Valletti e di Quintavalle, dopo che uno ha esercitato come boia si “riposa” come voyeur. Un dato certo perlomeno esiste, in questo apparente marasma: la prima tornata di torture è al posto giusto. La seconda sessione era – altrettanto certamente – quella che nel film si vede per ultima. Le osservazioni a proposito del braciere e del ragazzo fucilato alla schiena sono corroborate da un episodietto divertente che vediamo nel backstage di Bachmann. Mentre Pasolini dà indicazioni a Valletti su come avvicinarsi a Antonio Orlando e bruciargli con la fiamma della candela il membro, Cataldi, lì vicino, si lamenta con il regista che ancora non gli abbia ancora fatto fare “qualcosa di cattivo”. Pasolini gli risponde: “Vedrai alla prossima scena cosa ti faccio fare!”.