Sensività vs Kira, la signora del lago
Le differenze tra il montaggio originale e il rimaneggiamento
Su Sensività, diretto da Enzo G. Castellari nel 1979, per la Cinezeta di Rodolfo Putignani, pesa il giudizio negativo che il regista stesso ha sempre dato del film, inteso non più che come un lavoro di mera esecuzione tecnica, portato a termine contestualmente a “una vacanza in Costa Brava con la famiglia”. In Italia, chi ha visto Sensività – distribuito poco e male quando uscì nelle sale cinematografiche – lo ha visto essenzialmente grazie a una videocassetta edita dalla video Kineo negli anni Ottanta, dal titolo spurio Kira, la signora del lago. E l’idea che se ne è fatto si allinea al pollice verso di Castellari. Noi crediamo invece che il parere su questo eccentrico horror-erotico debba essere riformulato; e che la storia di Lilian e Lilith, due sorelle che dalla madre strega hanno ricevuto in lotto un arcano “dono”, in virtù del quale godono in simultanea e durante l’orgasmo muoiono e risorgono, andrebbe finalmente conosciuta nella versione originale che girò e montò Castellari nel 1979, e non nella manipolazione della Video Kineo. La paternità di quest’ultima versione risale ai responsabili dell’allora New Pentax che deteneva i diritti del film. I quali non solo intervennero sul materiale originario di Castellari, ma si presero la briga di ingaggiare un regista, Alfonso Brescia, che realizzasse delle sequenze aggiuntive. In alcune di queste nuove scene, che coinvolgevano personaggi del film – in particolare, la protagonista Leonora Fani -, si usarono delle comparse-controfigure e si ricorse al repertorio dei trucchi consueti in operazioni del genere: dai vestiti simili, agli oggetti di scena che coprono strategicamente il viso dell’interprete, spesso inquadrato solo di schiena. Tutto questo girato ex novo, che per lo stile si differenzia come la notte dal giorno rispetto al lavoro di Castellari, è, oltre che brutto, assolutamente privo di senso. A più riprese, vediamo la scena di una mano insanguinata che affiora dall’acqua o che sbuca dalla terra di un cimitero per artigliare quella che dovrebbe essere la Fani ma che non le assomiglia nemmeno alla lontana. Un tizio incappucciato che brandisce un’ascia entra, poi, ogni tanto, nella trama e aggredisce la “pseudo-Fani”, rendendo chiaro che queste extensions vennero fatte cercando di imitare i modelli dello slasher americano e in particolare i Venerdì 13. Ma non è tanto quel che è stato aggiunto a fare la differenza in peggio rispetto al film originale, quanto ciò che è stato levato. Ci sono dieci minuti circa di differenza tra Sensività e Kira: che sono molti. Prendiamo, ad esempio, l’inizio. Castellari aveva architettato un’introduzione delle sue, con Leonora Fani che arriva in moto su una spiaggia (una lunga, fluidissima sequenza senza musiche, mentre scorrono i titoli di testa); poi la “centaura” – nascosta da casco e tuta neri – si imbatte in Rocco Lerro e compagni motociclisti e ne segue una gara – uno dei ragazzi guida un bolide a quattro ruote – con abbondante uso del ralenti, tra dune di sabbia e altri fuoripista, finché si scopre che il misterioso avversario è una donna. In Kira, invece, partono banali titoli a nero, e la storia comincia su un laghetto, con una ragazza e una bambina a bordo di una barca, agghiacciate dall’emergere dalle acque del braccio insanguinato di cui sopra. L’aggancio col primo girato avviene, improvvisamente, nel momento in cui la Fani si leva il casco lasciando a bocca aperta Lerro e compagni.
Sensività era stato realizzato con una decisa attenzione per l’aspetto erotico, che in alcuni momenti raggiungeva livelli elevati. Castellari non ha mai prediletto l’eros nei suoi film, ma in questa circostanza illustrò le scene di sesso in maniera elaborata e con una singolare energia. Kira invece ammorbidisce il più possibile il lato erotico del film d’origine, in vista della sua trasformazione in un horror stereotipo. Sotto le forbici del nuovo montaggio, cadono sequenze e dialoghi (per esempio, uno scherzoso scambio di battute tra la Fani e i ragazzi del paese sui “maschi superdotati”). Per non parlare dell’epilogo, dove addirittura siamo di fronte a uno scempio che stravolge completamente il senso della storia. La scena in cui Patricia Adriani – la sorellastra di Lilian, Lilith – spia la Fani che sale su una barchetta pericolante, e intanto le lancia un incantesimo tracciando su una canna il simbolo della “Kira”, è rimasta nel rimaneggiamento video solo nella parte finale. In Sensività, la Fani appariva prima sul balcone della sua camera a seno scoperto, poi, scesa in gardino, esplorava a lungo il posto, dando estro a Castellari di realizzare una delle sue sequenze “firma”, in cui la ragazza guardava il panorama mettendo per gioco davanti al viso un forcone raccolto da terra (con “soggettiva” attraverso i denti dell’arnese). Se la scena dell’amplesso nel cimitero vicino alla tomba della madre, di Lilian con Julian, è stata sostanzialmente conservata in Kira, averla preparata con il nuovo girato della mano zombesca che esce dal terreno, rovina inevitabilmente l’atmosfera. Tra l’altro, Castellari riproponeva qui come altrove nel film un suo vezzo, consistente nel riprendere i personaggi che fanno l’amore in controluce su un forte spot luminoso (vedi la sequenza lesbo di La via della droga). Sfugge, inoltre, il motivo per cui si sia sentita la necessità, nel nuovo montaggio, di descrivere l’incidente stradale di Julian tramite lo split-screen, usando peraltro del repertorio con una vettura che non c’entra niente.
Uno dei momenti più spinti di Sensività è quando Lilian, fuggita dalla seduta spiritica (scena che la versione Kira ha molto accorciato e in cui Patricia Adriani è stata ridoppiata con voce maschile), arriva nei pressi del laghetto e si accoppia con il suo nuovo partner. Dopo che Lilian ha cominciato a masturbare il ragazzo sulla moto, i due si sdraiano sul prato e fanno l’amore: ma, mentre nel montaggio di Castellari, Leonora Fani, prima di mettersi sopra e far la parte dell’uomo, si prodiga in una lunga e lenta fellatio (in campo medio, ma ripresa in modo molto realistico), il montaggio di Kira svilisce la scena dell’amplesso, mortificandola nel tradizionalismo e nella banalità. E arriviamo così allo scontro finale tra le due sorelle, Lilian e Lilith: dopo che le ragazze si sono massacrate di botte, la Fani stordisce Patricia Adriani colpendola con il pentacolo della Kira. Poi, mentre alza le braccia per infliggere l’ultimo fendente, ha un attimo di esitazione in cui viene investita dallo scoppio di un bidone di benzina, che la uccide nel fuoco insieme a Lilith. Questo, almeno, è quanto fa credere il montaggio di Kira. Riprendiamo dal punto esatto in cui la Fani alza il pentacolo di legno, pronta a vibrare il colpo di grazia sull’altra: ci ripensa, spacca l’oggetto contro un albero e ne ricava un pezzo curvo. A cavalcioni su Lilith, le strappa le mutandine e la penetra con l’oggetto. Ma, di fronte ai lamenti e alle lacrime della sorellastra, qualcosa in Lilian cede… e comincia allora a carezzare e a baciare Lilith, finendo per fare l’amore con lei e per cavalcare l’altra estremità del legno fallico. E solo quando l’orgasmo le ha portate entrambe, unite, oltre le soglie della morte, l’esplosione catartica interviene. Fine.