The Witch e l’adolescenza negata

A dieci anni dal cult di Robert Eggers: la Strega, il capro, il padre
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A dieci anni dalla realizzazione nel 2015, torniamo sull’ormai storicizzato cult The Witch di Robert Eggers. Qui, a un certo punto, interviene una sequenza nota per la sua forza conturbante: Thomasin sta facendo con Samuel il classico gioco che si fa con i neonati, si copre gli occhi e coglie di sorpresa il fratellino. La scena viene resa nel classico campo e controcampo, con l’inquadratura che passa dal volto della ragazza a quello del piccolo. All’improvviso l’infante scompare. La giovane si copre la vista e subito dopo lui non c’è più. È stato trascinato nel profondo del bosco, si dice, forse da un lupo. Al contrario della protagonista, presa dal tormento, la sparizione viene presto dimenticata dai genitori stessi del bambino, che proseguono la loro quotidianità di agricoltori e allevatori come se niente fosse; d’altronde ogni cosa rientra nel piano di Dio, anche la scomparsa di Samuel, è stata fatta la Sua volontà. Nel frattempo, però, lasciando la nuova routine della famiglia, vediamo qualcosa nel bosco: una creatura oscura, sotto forma di un’anziana donna nuda che si muove nel fogliame e porta avanti attività indefinite, macchinazioni. Che sia una strega? Cosa sta preparando?

A partire dall’evento primario, appunto la scomparsa, il racconto si dispiega attraverso una serie di simboli e indizi. Avvolta nell’atmosfera di estremismo religioso imposta dal padre, la vicenda procede non per mostrazione bensì per intuizione e suggestione: ogni elemento in campo, ogni oggetto, ogni bimbo e ogni animale possono assumere un secondo significato e contribuire a costruire un’atmosfera stregata e soprannaturale. Il passaggio di un cane, o la comparsa di un coniglio, attraverso il potere della suggestione possono assumere un ruolo ambiguo e inquietante che prepara all’esplosione del terrore. Sul piano della trama, è lo statuto del personaggio di Thomas che gradualmente viene messo in discussione: quando la gemellina Mercy scherza, definendosi la strega del bosco, è proprio la sorella maggiore a intervenire sostenendo di essere lei la vera strega. E se insiste potrebbe farla sparire. Proprio come Samuel…

Astraendola dal contesto seicentesco e vista con la lente dell’oggi, Thomasin è un’adolescente a cui viene negata l’adolescenza, da un padre-padrone estremista, che la estrania dalla comunità costringendola nel bosco: in altre parole le viene negata la vita sociale, il diritto di socializzare che è dovuto a quell’età, e soprattutto risulta castigato l’inizio della vita sessuale. Ecco il grande implicito, che non viene dichiarato ma suona onnipresente, davanti alla figura efebica di Anya Taylor-Joy: si tratta di una ragazza che affronta la pubertà in modo impubere, per forza di cose, non può innamorarsi o frequentare nessuno, le viene sottratta la possibilità dei primi baci e dei primi rapporti. Da tale la violenza nasce il dubbio sulla sua reale sostanza: questa giovane senza giovinezza scherza dicendo di essere una strega, si allunga il sospetto che lo sia davvero.

Un altro grande personaggio di The Witch non è un uomo o una donna, bensì un animale: il caprone Black Phillip. Si tratta di un capro nero che vive insieme alla famiglia, fino a quel momento in armonia, ma attenzione a ciò che dicono le Scritture: “L’Avversario spesso si manifesta sotto forma di capro nero”. All’inizio i bambini giocano amabilmente con l’animale dedicandogli anche una filastrocca che, a ben vedere, col senno di poi acquista la funzione di suggerimento narrativo: “Re del cielo e della terra / Noi siamo i tuoi servi”… Black Phillip inizia a scalciare, si ribella, si mostra riottoso e non vuole rientrare nel recinto. Non solo, le piccole sostengono di comunicare col caprone e riportano perfino le convinzioni dell’animale, che vanno a ricoprire ulteriormente Thomasin di un alone maligno: “Ha detto che sei una strega!”. Osservando i fatti dalla posizione di spettatori adulti, diamo per scontato che si tratti di una fantasia infantile, ma in modo sottile siamo anche pronti ad essere smentiti. D’altronde una lunga tradizione indica il capro come simbolo del diavolo, a partire dal rito ebraico del capro espiatorio passando per la riscrittura cattolica che lo porta direttamente a simboleggiare il Maligno. E ovviamente c’è il passaggio al filtro del cinema: basti pensare, a titolo di esempio, all’uso del caprone in Drag Me To Hell di Sam Raimi, uno dei pochi horror sulle maledizioni fondamentali negli anni Duemila. Tornando a Black Phillip, la bestia è il presagio principale dell’incidere del Male, che si unisce a strane manifestazioni come la sparizione di una coppa e una pecora che produce sangue invece del latte.

L’altro segnale definitivo è la malattia di Caleb, il figlio di mezzo. Il ragazzino riceve la visita di una donna affascinante avvolta in un mantello rosso, che lo attrae a sé, lo seduce e lo bacia in bocca, in una sorta di atto sessuale pre-pubere e stregonesco. In realtà lo infetta, Caleb comincia a dare segni di malessere e presto cade malato. Non ci sono più alibi: il nucleo ultra-cristiano deve ora confrontarsi col culto pagano della strega. Il capofamiglia sostiene che l’unico antidoto sia la preghiera. Le gemelle accusano Thomasin del sortilegio, dopo aver firmato un patto con Satana. Le condizioni di Caleb intanto peggiorano, in un crescendo allucinante che conduce a una vera e propria estasi maligna: il bambino, con la bocca insanguinata, prima “sorge” e si produce in una risata infernale, quindi inizia a respirare convulsamente e perde la vita. Nella svolta della seconda parte tutti gli elementi convergono su Thomasin: è lei la strega. Il padre la inchioda in un nascondiglio, con il capro e i gemelli, pronto a sacrificare la sua stessa figlia e una parte della famiglia; è così che il colono William si rivela una delle figure più inquietanti del nuovo horror, un folle estremista pronto a eliminare i suoi cari, in nome di una cristianità primitiva e spietata, sostenendo di seguire il Signore. La sua punizione sarà essere incornato da Black Phillip, che qui agisce ambiguamente come la mano salvifica che arriva dal diavolo.

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