Una vergine per Satana nella casa dell’amore
Finalmente risolto il mistero del film satanico di Alessandro Santini, mai ultimato
Gli studiosi del cinema bis più oscuro avranno senz’altro sentito nominare il film incompiuto di Alessandro Santini, Una vergine per Satana (1971), se non altro in relazione alla pellicola di Renato Polselli Casa dell’amore… la polizia interviene (1976-1978), visto che le sequenze più interessanti di quest’ultima, a base di riti satanici e messe nere, sono inserti provenienti dal precedente film. Oltre che dalle scene sopracitate, di Una vergine per Satana fino a oggi ci si poteva fare un’idea grazie a un servizio di due pagine apparso su un Cinesex (n. 53, del 1972) che pubblicava, oltre a qualche riga di trama, anche nove foto di scena scattate dal fotografo Roberto Pieri Nuti. Partiamo dalla trama: a Parigi, il commissario Martell e i suoi collaboratori indagano su una serie di delitti rituali a danno di giovani donne, che vengono ritrovate nude e con una marchio a forma di triangolo inciso sul basso ventre. Gli autori di questi crimini sono una setta di fanatici adoratori della dea Selene (alias la dottoressa Helen, che ha in cura la ricca e malaticcia contessa Marchand, il cui nipote ha una morbosa relazione con la malefica), capitanati da un uomo che gli adepti conoscono col nome di “Satana”, un folle il cui volto è nascosto da una maschera munita di corna caprine.
Silvie, la giovane e graziosa fidanzata di Paul Gardini, un altro membro della setta, viene presa di mira dai fanatici, rapita e condotta in una stanza dove l’attendono decine di uomini incappucciati. Proprio quando sta per essere pugnalata a morte, Paul interviene in sua difesa, ma viene catturato anch’egli e legato a una croce di S. Andrea. Silvie è immobilizzata nuda su un altare, ma quando il sacrificio sta finalmente per compiersi, irrompe la polizia capitanata dal commissario Norton, che aveva ricevuto una soffiata da Paul stesso, in realtà un agente sotto copertura. Mentre Norton libera Paul, Satana guadagna l’uscita facendosi scudo col corpo di Silvie, non prima però di aver pugnalato la dottoressa Helen, l’unica a conoscere la sua reale identità. Il conte Marchand, togliendosi il cappuccio, piange sul corpo morente di Helen e la prega di ucciderlo; Helen gli trapassa il petto con un pugnale e i corpi esanimi dei due amanti restano stesi sul pavimento.Silvie intanto riesce a svincolarsi dall’abbraccio di Satana, il quale, vista la mal parata, sale sulla prima macchina che gli capita a tiro e si allontana velocemente. Paul si lanci all’inseguimento sulla sua auto, e riesce a mandare Satana fuori strada. Tra i due inizia una furibonda lotta, finché Norton, arrivato sul posto, mette fine alla vita di Satana con un bel colpo di rivoltella. I due uomini tolgono la maschera al criminale, e scoprono con stupore il volto della stesso commissario Martell…
Questo il soggetto del film, scritto a quattro mani da Alessandro Santini e Bruno Vani, anche autori della sceneggiatura. Un soggetto, invero, piuttosto tortuoso, che all’epoca venne stroncato dalla Direzione Generale per il Cinema del Ministero del Turismo e dello Spettacolo, che il 30 ottobre 1971 metteva a verbale: «Fiacca storia gialla-avventurosa fitta di incappucciati alla Ku Klux Klan, sacrifici umani, orge collettive e tragici roghi notturni; il tutto si giustifica solo in funzione di alcune sequenze erotiche a sfondo sadico (come la rituale deflorazione della vergine) senza che ciò riesca a risollevare in qualche modo la cifra della spettacolo, che si annuncia sconsolatamente bassa». Il piano di lavorazione del film prevedeva ventiquattro giorni di riprese, di cui venti in Italia e quattro in Francia, con alcuni esterni da girare a Parigi, per un costo totale di cinquantasei milioni di lire.
La lavorazione di Una vergine per Satana non venne portata a compimento, ma il materiale girato non finì al macero e confluì, come detto, nel film di Renato Polselli Casa dell’amore… la polizia interviene, girato cinque anni più tardi, nell’agosto 1976, con il titolo di rodaggio I torbidi misteri della sensualità, ma approdato in sala solo nell’autunno 1978 (la prima visione si tenne il 19 ottobre di quell’anno, al cinema Mastrogiacomo di Gravina Puglia, un comune della provincia di Bari). Casa dell’amore… propone, peraltro, un canovaccio del tutto simile a quello scritto da Santini e Vani, probabilmente un espediente per sfruttare al meglio il girato preesistente. In realtà, anche Una vergine… nasceva a sua volta come un recupero, se non di girato, senza dubbio di idee. Il copione è infatti una rielaborazione di una sceneggiatura scritta da Renato Polselli intitolata Tilt, vagamente ispirata ai delitti della Manson Family, e depositata al Ministero dello Spettacolo per l’analisi preventiva, esattamente un anno prima del film di Santini, nel settembre 1970.
Polselli aveva intenzione di girare Tilt back to back con La verità secondo Satana (le denunce di lavorazione dei due film vennero depositate lo stesso giorno: il 7 settembre 1970), ma qualcosa andò storto visto che il progetto rimase sulla carta. Un peccato, perché a differenza del copione di Vani e Santini, a quello polselliano il Ministero aveva almeno concesso il beneficio del dubbio sulla riuscita: «Chiaramente ispirato a quei riti di sangue e violenza che sono alla base di un noto processo d’oltreoceano, la pellicola porta in primo piano, oltre ad essi, cerimoniali e relative motivazioni psicologiche di quegli individui che vogliono farsi chiamare “I figli di Satana”. Una delle sequenze più allucinanti, infatti, descrive la cerimonia del matrimonio satanico, con tanto di sposa nuda sull’altare, irrorata del sangue di innocenti colombe. I caratteri dei personaggi sono delineati con cura, con frequenti ricorsi all’uso dei flashback, ma ciò non basta a rendere del tutto convincenti le loro distorte psicologie, né tantomeno a suscitare simpatia per i loro problemi e i loro contrasti sentimentali. Difficile prevedere la reazione del pubblico di fronte a un lavoro che, secondo la cura che verrà posta nella realizzazione, può dar luogo a un mediocre fumetto come a un’opera di un certo rilievo, almeno sotto l’aspetto documentaristico. È però da ritenere che ad esso arriderà un certo successo, non fosse altro per l’attrazione (magari morbosa) che il tema affrontato suscita tra la gente» (Verbale datato 20 ottobre 1970 – Div. VII Produzione Lungometraggi – Direzione dello Spettacolo). Tilt doveva essere prodotto dalla G.R.P. Cinematografica dello stesso Polselli e dalla San Giorgio Cinematografica, del produttore e regista Vincenzo Matassi.