I poster cinematografici del Ghana
Gioielli di un’arte naïf di cui sarebbe bello poter conoscere qualcosa di più
Abituati come siamo a vivere e morire nelle abituali cinematografie occidentali, orientali e settentrionali, corriamo il rischio di lasciarci sfuggire tutto ciò che sta intorno o al di sotto della linea dell’Equatore. Il riferimento specifico è all’Africa, dove esistono storie e meraviglie nascoste, collegate al cinema, che nemmeno ci sogniamo. Non parliamo tanto delle produzioni autoctone, che pure sarebbero un universo del tutto nuovo e interessantissimo da indagare, quanto della ricezione del cinema occidentale in quei luoghi, che possiede caratteristiche del tutto singolari. Chi poteva immaginarsi, per esempio, che i western italiani negli anni Sessanta e Settanta costituirono in molti Paesi africani un fenomeno senza precedenti dal punto di vista del successo e degli incassi? La prima volta che ne abbiamo avuto notizia, fu per quello che ci disse l’attore Robert Woods, che durante un viaggio turistico da quelle parti venne riconosciuto dalla popolazione e osannato quasi al pari di un dio. Sarebbe auspicabile capire meglio questo fenomeno e comprendere se e quanto l’influenza dei modelli cinematografici popolari dell’occidente abbia fecondato anche una produzione mimetica locale. Nel quadro di questi rapporti incrociati tra cinema d’importazione e cultura autoctona africana, un posto di assoluto rilievo lo meritano, comunque, i manifesti pubblicitari, reclamizzanti film stranieri, realizzati in Ghana, per via delle caratteristiche assolutamente naif e da arte primitiva che contraddistinguono questi specimina.
Ci sfugge anche in questo caso l’esatta entità della cosa e non sappiamo se e quanto questi poster meravigliosamente rozzi e autarchici servano per l’affissione pubblica nelle strada e nei locali o si limitino – come sembra più verosimile – alle cover di supporti home-video. Fatto sta che gli esempio, numerosissimi, che possiamo trovare in Rete ci lasciano a bocca aperta e talvolta persino increduli che l’illustrazione possa essere così grezzamente efficace, ben più dei patinatissimi e del tutto anonimi manifesti originali dei film. Nella galleria che vi offriamo trovate veramente di tutto di più: dai classiconi blockbuster fino al bis italiano con Hercules di Luigi Cozzi e Mangiati vivi di Umberto Lenzi. In Rete si trova poco riguardo alla ragione per cui non vengano usati i poster originali e si preferiscano questi bootleg; qualcuno sostiene che per legge gli affissi stranieri non siano utilizzabili, ma suona come – e probabilmente è – una sciocchezza. Gli artisti – ché tali sono – autori di queste realizzazioni, a volta sembra che non abbiano neppure una conoscenza diretta del film ma che si limitino a comporre i loro quadretti sulla base di uno spunto o di un indizio saliente che gli viene offerto. Questo, soprattutto nel caso degli horror, sortisce esiti meravigliosamente allucinanti, scioccanti, fantastici. Altrove il macabro/ridicolo – allo stesso modo ilare e disturbante – è in agguato dietro l’angolo, come nel caso del manifesto di Cujo. Ma non stupiamoci di questo, perché, senza andare troppo lontano, anche molti nostri nobilissimi e valentissimi cartellonisti del passato, disegnavano le proprie opere a illustrazione di film di cui, spesso, non prendevano visione diretta, ma si limitavano a visionare qualche immagine di scena su cui far volare le ali della propria immaginazione.