Carla Mancini C.S.C

Una caratterista presente in centinaia di film si confessa
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Intervista a Carla Mancini, caratterista di culto presente in un numero infinito di film italiani tra la fine degli anni Sessanta e il decennio successivo

Nell’immaginario dell’appassionato di cinema italiano di genere degli anni ‘60-’70, Carla Mancini C.S.C. ormai ha quasi la stessa importanza di Edwige Fenech o Barbara Bouchet, eppure in pochi saprebbero riconoscerla in uno degli oltre 160 film in cui è accreditata. Il suo nome è quasi onnipresente nei titoli dei film compresi tra il 1969 e il 1975, e questo ovviamente è bastato perché nascesse intorno a lei un vero e proprio culto, alimentato addirittura su forum internettiani internazionali, in cui impazza da tempo la caccia all’apparizione, minimale o di rilievo che fosse. Vederla in carne e ossa (identica a come appare nei film degli anni ‘70) è effettivamente incredibile: aver fatto piccoli ruoli in 160 film equivale davvero ad aver fatto la protagonista in dieci…

Mi avete trovato! Ci avevo messo tanto a far perdere le mie tracce… (ride). Io, anche allora, facevo una vita di casa e set: mai andata a una festa, non mi sono mai esposta…

Come direbbe Nanni Moretti, forse ti si è notata di più non facendoti vedere… Hai i tuoi fan, Carla! Vogliamo sapere la tua storia, ora. Ma perché smettesti di recitare quasi improvvisamente?

A un certo punto, ho smesso di fare l’attrice perché ho cominciato a interessarmi di altre cose, prima alla pubblicità, poi alla regia e alla scrittura di programmi televisivi: ma sempre cose molto semplici…

Il tuo interesse si è spostato verso la televisione…

Purtroppo sì… mi piacerebbe, però, tornare a fare cinema, perché l’aria che si respira al cinema non è certo quella della televisione. Ho molta nostalgia di quei tempi: il clima era diverso, la gente era diversa, nascevano dei rapporti veri, le persone avevano più inventiva… qualunque ruolo ricoprissero. In televisione è tutto più… burocratico. Mi piace lavorare da quest’altro lato della telecamera (o macchina da presa, come vuoi) perché mi stimola creativamente, ma ho molta nostalgia di quando facevo l’attrice.

Hai fatto l’attrice perché era il tuo sogno da bambina oppure è stata una passione sopraggiunta a un certo punto della tua vita?

L’ho avuta sempre, questa passione: mi portavano al cinema da bambina e quando un personaggio mi piaceva, io, per alcuni giorni, diventavo quel personaggio… Avevo una zia che aveva fatto teatro: fu lei a convincere mio padre, dopo il diploma, a farmi studiare recitazione. E mio zio mi segnò al CSC

Il fatidico CSC…

Sì, il famoso “C’ero Solo Casualmente”! (ride). Iniziai a frequentarlo nel 1967, fu Nanni Loy ad accettarmi, perché diceva che ero un tipo diverso dagli stereotipi delle nostre attrici di allora, alte… formose… Facemmo seminari con Jean Luc Godard, tecnica della recitazione con Andrea Camilleri, poi ci fu l’occupazione e Nanni Loy continuò a farci lezione a casa sua!  In quel periodo nacque subito una forte amicizia con una mia compagna di corso, Rosita Toros… che poi modificò il cognome in Torosh. Era bellissima… ed era anche molto brava. Eravamo le uniche due che si scambiavano le informazioni sulle produzioni che cercavano attori, avevamo fatto squadra. Poi il tempo, pian piano, ci ha fatto perdere di vista, tranne qualche sporadico incontro. So che aveva fatto dei programmi, di gastronomia credo, su una emittente privata, negli anni Ottanta forse…

Insomma, diventate attrici CSC in un momento in cui le produzioni facevano incetta di attori CSC…

Sì, tutto nasceva da questa famosa legge per cui le produzioni avevano -mi pare- ben quaranta milioni di premi governativi prendendo due elementi dal Centro Sperimentale…

Un’agevolazione cui non rinunciava nessuno…

Nessuno! Spesso ti facevano lavorare realmente, ma qualche volta no. Sebbene ti pagassero normalmente, ti facessero accompagnare dalla macchina con l’autista. Eri rispettata, ma, qualche volta, per non fare nulla, e ti chiedevi: “Ma perché sono qui oggi?”. Però a me andava bene lo stesso perché potevo comunque stare sui set a imparare. Infatti, poi, con gli anni, ho provato a spostarmi su altri incarichi, provai anche a fare la segretaria di edizione…

La segretaria di edizione!? In quale film?

L’ho fatta come volontaria in un film di Fernando di Leo, Gli amici di Nick Hezard

Ma dai!

Sì, c’era un grande attore americano, Lee J. Cobb, e un altro grande caratterista, Eddy Fay. Feci l’edizione da volontaria per seguire tutto il film, per imparare un po’ tutto; un giorno, non avevano l’interprete per un incontro tra il produttore e Cobb: io un po’ lo parlavo l’inglese e così mi fecero andare a cena con loro. Davanti a Cobb andai un po’ nel panico e la conversazione non fu certo molto profonda… comunque… Avevo i pantaloni a “zampa d’elefante” con gli zatteroni, e Cobb, appena mi vide, mi disse: «Ma dove hai messo il resto della gamba?». Eddy Fay, invece, era meno considerato sul set rispetto a Cobb, allora io lo presi in simpatia, cercando sempre di dargli la considerazione che secondo me meritava.

Ma da attrice, invece, qual è il primo set su cui sei stata?

Eehh… è difficile! Uno dei primi ricordi è quello legato al primo film di Dario Argento, L’uccello dalle piume di cristallo. Mi chiamò Camillo Teti e mi disse: «Guarda che c’è da fare un piccolo ruolo, non hai battute, è solo un gioco di sguardi… tutto con gli sguardi… ma tu sei un’attrice, lo sai fare…»; io accettai e andai. Beh, ci ritrovammo io e un’altra ragazza in una sola inquadratura, riprese di spalle dalla macchina da presa, mentre guardiamo in una vetrina una notizia data al telegiornale (ride). Altro che gioco di sguardi! Poi mi ricordo, tra i primi, Venga a prendere il caffè da noi, a Luino, il primo viaggio da sola della mia vita, in treno: ero terrorizzata! Dovetti cambiare tre treni per arrivare… Ma non ricordo esattamente la primissima volta: avevo anche fatto una cosa in un film di Carlo Lizzani, Banditi a Milano

Hai partecipato a Banditi a Milano?! E che scena fai esattamente?

Non me lo ricordo assolutamente, mi dispiace, però mi ricordo il set. Prima ancora, avevo anche preso parte come figurante, assieme ad altri ragazzi del Centro, a una scena in un film con Pierre Clementi, Porcile; mi ricordo che mi vergognai di prendere la paga per la posa e il direttore di produzione mi rincorse e mi disse: «Se gli attori facessero tutti così saremmo fortunati».

La tua è stata un’eterna lotta tra l’apparire e il non apparire…

Beh sì, ma non è andata sempre come nel film di Argento. In Libera amore mio Claudia Cardinale, in una inquadratura in cui io risultavo con le spalle alla macchina da presa, mi fece girare in modo da essere più a favore di macchina e in modo che mi si vedesse: cosa rara da parte di una attrice di nome!

Direi che possiamo assolutamente smentire la notizia sulla tua filmografia dell’Internet Movie Database in cui si dice che avresti precedentemente preso parte a La voglia matta in misteriose “scene tagliate”, addirittura nel ‘62…

Assolutamente impossibile, nel 1962 non facevo di certo l’attrice. Ho fatto il Centro nel ‘67!

Sempre tra i tuoi primi film, Il presidente del Borgorosso Football Club

Sì, mi presentò Rosita, feci il provino grazie a Rosita Toros e fu Sordi a scegliermi, disse: «Sì, lei la voglio!».

Infatti sei una delle mogli dei calciatori, e un’altra moglie è Rosita Toros…

Lì ci sono davvero scene tagliate, Sordi era un po’ caotico, alcune cose venivano cambiate di giorno in giorno. Avevamo girato diverse cose in più…

Dunque cominci subito questa attività incessante da un set all’altro, praticamente a disposizione di qualsiasi tipo di storia, situazione, regista: addirittura ci sono dei film in cui hai lo stesso vestito! Magari passavi da un set all’altro nello stesso giorno oppure andavi vestita di tuo?

A volte andavo coi miei vestiti, sì: per esempio, avevo un maglione cui ero molto affezionata che uso in alcuni film, un maglione colorato che avevo pagato un sacco di soldi, tipo centomila lire dell’epoca. Spesso si andava sul set con abiti propri e a me piaceva molto indossare questo maglione colorato…

Ma ce l’hai ancora?

No, lo buttai…

Ma come?! Se ti piaceva così tanto…

Successe che un giorno incontrai un’amica che ce l’aveva uguale e mi disse che lo vendevano a un prezzo nettamente inferiore, tipo diecimila lire, e io lo avevo pagato centomila… ci rimasi così male che lo buttai

Ce l’hai in un paio di film con Franco e Ciccio, mi pare… (Amore formula due, I due assi del guantone): hai fatto diversi film con Franco e Ciccio, avevi un buon rapporto con loro?

Sì sì… Ciccio – mi ricordo – era molto riservato, mentre Franco era più socievole, però anche strano. In un film era molto carino e gentile, mentre in quello dopo quasi non mi rivolgeva la parola, poi di nuovo gentile… e così via. Con loro ho fatto anche uno spettacolo per la Rai, Drim… e diversi film, anche con Nando Cicero. Mi ricordo molto bene Nando Cicero, con cui ho lavorato più di una volta, perché lui era stato allievo di mio zio, che era Carlo Tamberlani. Nando, all’inizio, voleva fare l’attore ed era stato suo allievo

Ah, ma tu sei di Roma?

Sì, io sono nata a Roma, ma mio zio era nato vicino a Lecce. Mio zio era un “vecchio rudere” della nostra cinematografia. Erano tre fratelli: Carlo, Nino e Nando Tamberlani. Nando e Carlo erano attori di teatro e di cinema, mentre Nino faceva il regista a Milano. Quello che frequentavo di più era mio zio Carlo che, quando seppe che volevo fare l’attrice, mi segnò al Centro Sperimentale, ma mi disse: «Da me non ti aspettare raccomandazioni, perché se vali ti prenderanno, se non vali è inutile raccomandare un attore che non sa recitare». Feci l’esame sia all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, sia al Centro Sperimentale, che preferivo. Nel provino al Centro la mia spalla fu Orso Maria Guerrini: presentai Cesare e Cleopatra, di Shaw, e mi presero

Quindi avevi rapporti anche col gruppo di sodali di Franco e Ciccio, tipo Enzo Andronico, con cui ti ricordo in alcuni film?

Enzo Andronico, un personaggio strano…

Perché?

Perché aveva degli atteggiamenti, sfuggevoli… che non riuscivo a percepire: non riuscivo a capirlo a fondo, era sfuggente. Ma ce n’era un altro, di cui non ricordo il nome, che mi terrorizzava: ogni volta che lo vedevo in un set in cui arrivavo, mi terrorizzava… un caratterista o forse un generico, coi capelli a spazzola…

Oltre Drim con Franco e Ciccio hai fatto anche diverse altre cose per la tv, tra cui una Lucia di Lammermoor di Mario Lanfranchi -tra l’altro con sigla c.s.c. nei crediti, pur essendo televisivo…

Era tratto dall’opera lirica, tutto cantato, e praticamente una grande vetrina per Anna Moffo, che era la protagonista. Io ero una delle tante ancelle… mi si vede?

Bella domanda… bene direi di no, ma ci sono scene con gruppi di ancelle in cui andresti individuata…

Immagino. Beh, lì ero accreditata come al cinema, con la sigla CSC perché credo che fosse stato realizzato in appalto da una ditta cinematografica. Ho fatto l’ancella o la fantesca tante volte, nei decameroni… Quando giravamo La bella Antonia eravamo a Gubbio e io e Mariano Laurenti ci prendemmo un terribile raffreddore da fieno che ci devastò per tutto il tempo delle riprese… Lì c’era la Turina, che giocava sempre a carte, non perdeva occasione per farsi una partita a carte! Poi ricordo Flavia, la monaca mussulmana, un film agghiacciante, durissimo, con Florinda Bolkan… ricordo scene fortissime… mamma mia! Non era un film nelle mie corde, quindi in quella occasione non mi soffermai più di tanto sul set o con la troupe. Invece, una troupe di cui ho un ottimo ricordo è quella di Un’ anguilla da trecento milioni: che bella esperienza! Finivamo di girare, andavamo in albergo e cucinavamo per tutti…

I decamerotici sono stati uno dei generi più praticati nel tuo periodo di massimo splendore…

Si, però proprio non mi piacevano, con questi costumi sempre da fantesca, esagerati. E davano sempre problemi, questi costumi scomodissimi… lì negli esterni, per fare pipì bisognava andare spesso nel bosco, tipo a Manziana… e non ti dico… un posto classico, come pure le cascatelle di Monte Gelato… lì mi ricordo un episodio, ma non ricordo il film: c’erano tre attrici, era un film con Ira Furstenberg… Comunque, stavamo andando in macchina sul set e una di queste tre attrici parlava di un suo amante magnificando una villa bellissima, tutta rossa, che costui possedeva. Io vidi lungo la strada che percorrevamo un casotto rosso dei casellanti e dissi «É questa la villa rossa?»; ci rimase malissimo e replicò: «Lei è quella che oggi deve fare il bagno a Monte Gelato?» ma nel copione non dovevo fare nessun bagno e un po’ mi preoccupai, perché le acque di Monte Gelato incutevano un certo timore, con quel nome… Invece, alla fine, nell’acqua ci andò lei…

Era una attrice importante?

Mah, in questo film erano tre, come dicevo…

Chi erano?

Eeeh… io ricordo Ira Fürstenberg… poi c’era Annabella Incontrera… e poi un’altra…

Lucretia Love immagino… Le calde notti di Don Giovanni?

Non ricordo…

Altre cose per la televisione?

Feci una puntata di Sabato sera dalle nove alle dieci, di Ugo Gregoretti, con Gigi Proietti che, in quella circostanza, era una sorta di Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Ero truccata da vecchina e Proietti-Hyde fingeva di aiutarmi ad attraversare la strada, mentre invece mi mandava su una automobile in corsa e io restavo aggrappata al cofano della macchina in movimento… Solo che non avevo detto a nessuno di essere incinta e quando lo scoprirono, durante il secondo ciak, andarono su tutte le furie, volevano fermarmi… Io, in realtà, vivevo la cosa con un po’ con incoscienza… la pancia non si vedeva ancora, e la feci

Hai girato tanti western in quel periodo: anche quello era un genere faticoso fisicamente ma che tu hai frequentato non poco…

Sì, io poi avevo la passione dei cavalli, ci giravo sempre attorno e un giorno, finalmente, mi decisi a salirci sopra: mi ci fecero salire, ma senza galoppare… Decisi di prendere lezioni da Simonelli, quello che aveva anche Antares, il cavallo bianco della pubblicità del bagnoschiuma Vidal… Così in un film successivo, quando mi chiesero se ero in grado di stare a cavallo, naturalmente dissi di sì, pur avendo preso forse mezza lezione soltanto… o neanche… Mi fecero montare su questo cavallo, gli diedero una pacca e lui partì al galoppo mentre io urlavo: «Aiutooo!».  Me la sono vista brutta!

Ricordi legati ai western?

In Viva la muerte… tua! ero un’impiegata delle poste con una pettinatura assurda, che mi faceva ridere, ma erano queste le caratterizzazioni che mi interessavano; non mi interessava apparire meglio di come fossi… anzi…

Hai ricordi di Demofilo Fidani?

Mah… Fidani era un personaggio… particolare… un omone grosso, coi capelli bianchi, lunghi, con la coda di cavallo… si dedicava alla parapsicologia…

E di Klaus Kinski?

Mi ricordo La Belva: si presentò sul set con questa moglie orientale… delicata, mentre lui aveva un volto che metteva paura; mi pare si girasse al “villaggio Mussolini” (noto set di spaghetti western, detto anche “villa Mussolini”, ndr). Forse era quello il film in cui dovevo fare una scena con Bruno Boschetti (altro attore C.S.C.): scoppiava una sparatoria e noi dovevamo correre, da un pozzo, a ripararci in casa; lo facemmo ma il regista urlò: «Stooop! Voi del Centro Sperimentale non avete capito niente! Dovete correre nella direzione opposta!»; gli risposi: «Senta, scusi, ma lei durante una sparatoria che fa? Cerca riparo scappando verso il pozzo?! Oppure scappa verso la casa?», al che lui rimase zitto e la scena rimase quella. Era un regista un po’ sui generis, diciamo… Ma non ricordo se fosse questo il western o un altro…

Hai assistito alle famose liti di Kinski o altri sui set di questi western?

No, questo no, e non ho praticamente mai avuto seri problemi con nessuno, nemmeno coi registi un po’ più deliranti… e ce n’erano! Comunque, ebbi la fortuna di conoscere anche tutti i più grandi: ho lavorato più di una volta con Dino Risi, un grandissimo… mi ricordo che in Telefoni Bianchi

Ma come?! Hai fatto anche Telefoni Bianchi?! Non sei accreditata…

Sì, certo, neanche in Tutto a posto e niente in ordine, con la Wertmüller, per esempio… Lì inizialmente  dovevo fare una scena in cui mi pare corressi in cucina o qualcosa del genere, ma siccome pure qui ero incinta, la Wertmüller non volle farmela fare e mi fece apparire invece, se non erro, dietro un bancone di un bar o in una situazione simile. Con lei ho fatto anche un altro film, Pasqualino Settebellezze, in cui ero una delle operaie della fabbrica… e comunque ci sono diversi altri film in cui non sono accreditata… In Telefoni bianchi, dicevo, io ero in una casa d’appuntamento e Risi mi fece vestire da marinaretta, mentre le altre erano tutte scollate. Mi vide Angelo Frontoni e volle farmi un servizio fotografico con quel costume da marinaretta!

Tra i grandi con cui hai lavorato, io ho una vera passione per Luciano Salce…

Salce era meraviglioso, era un buono… avrebbe fatto lavorare tutti, tutti! Per Il Belpaese, il suo aiuto, Renzo Spaziani, mi incontrò a piazza Barberini, ci salutammo e lui mi fece: «Senti, puoi toglierti un attimo le scarpe?»; mi meravigliai, ma comunque me le tolsi; lui mi guardò, fece un’espressione soddisfatta e disse: «Vieni a Cinecittà»… Non capivo, ma ci andai e così feci “Lisetta”, sorella di Boldi e nipote di Paolo Villaggio. La caratteristica del personaggio era di essere piccolissima, così, recitando accanto ad altri attori, loro venivano messi su un rialzo, stavano su un gradino più alto rispetto a me. Ma con Salce ho fatto una cosina anche su un Fantozzi mi pare… forse era il secondo…

Incredibile, sei stata davvero ovunque…

Mi chiamavano “prezzemolo”! Una quantità di set infinita… è anche difficile distinguere tra tutti i ricordi. Un film di cui ho molto ben presente la lavorazione è La classe operaia va in paradiso, con Gian Maria Volontè – di una bravura eccezionale – tutto girato a Novara, in una fabbrica di ascensori in fallimento… Però l’atmosfera era molto fredda, dal punto di vista dei rapporti umani intendo. All’inizio ero in stanza da sola, poi con un’altra attrice e poi con la Albertini, che era una dei protagonisti. Una sera, in un ristorante, fui costretta a mangiare le lumache, perché giorni prima avevo detto che le avrei mangiate senza problemi, ma non mi aspettavo che me le facessero preparare per davvero per mettermi alla prova… E lo fecero! Mamma mia!

Salto di palo in frasca: Renato Polselli?

Ah, come no… un altro personaggio pure lui… In una occasione andammo a girare in una villa, non so per quale film: io stavo a letto con uno, vestita, perché non mi spogliavo mai, e questo attore era brutto da morire; allora, mentre giravamo questa scena, io lo abbracciavo, poi mi voltavo dal lato opposto e facevo, a sua insaputa, delle smorfie di disgusto. Polselli rideva, poi, finito di girare, venne da me e mi disse: «Non preoccuparti, il fatto che eri vestita non è un problema, poi io monto solo i tuoi primi piani nel letto e inserisco il corpo di una nuda»! Gli dissi: «Ma sei matto?! Me lo dici pure!». Che personaggio! Era alto, coi baffi…

È acclarato comunque che non ti sei mai spogliata

No mai, anche perché facevo personaggi con un taglio più brillante, non con ruoli di quel tipo… anche se… in un film con Pierre Brice, Erika

Di Filippo Ratti…

Mah… il regista si faceva chiamare con un nome straniero però…

Peter Rush forse?

Ecco sì, mi pare proprio quello…

Era lo pseudonimo di Ratti

Ah… comunque, in questo film avevo una scena in cui mi strappavano la camicetta e io mi coprivo subito il seno con le braccia e mi gettavo a terra; solo che caddi quasi dentro il caminetto e praticamente mi ustionai gli avambracci senza fiatare, aspettando lo stop del regista!

Buona la prima, immagino…

Sì, assolutamente! Beh, comunque io ho sempre girato pochi ciak delle mie scene. Arrivavo sul set, mi facevo una prova di movimenti e poi, se ero da sola nella scena da girare, al massimo si poteva ripetere una volta…

Con Ratti sei accreditata anche nell’ horror tardo-gotico La notte dei dannati, in un castello…

Mah, non ricordo… Feci sì un film a Balsorano, nel castello, ma era Farfallon

Beh, ne hai fatto almeno un paio a Balsorano… ma non questo di Ratti…

In un’occasione stavamo al castello di Balsorano, dormivamo lì, perché è anche albergo, e si diceva ci fosse un fantasma… Un’attrice del film disse di aver dormito poco la notte perché le entrava in stanza il fantasma e la violentava! Poi, tornando in treno, ci raccontò di tutti quelli famosi con cui era stata ed era una sorta di collezione, di album delle figurine, in cui non mancava praticamente nessuno; perciò, pure ‘sto fantasma… chissà…

Eh ma se non mi dici l’attrice… o un indizio per individuarla…

Non ci penso nemmeno…

I film che hai girato a Balsorano sono un paio, come dicevo… indagheremo. Senti… un’ultima cosa… ti ricordi di Il bacio di una morta?

Non ricordo… facevo la morta?”

Direi di no, anche perché la morta lì resuscita subito ed è la protagonista

Ah, allora no, certo…