Intervista a Demián Rugna: “Il mio è un horror senza compromessi”
Il 18 luglio arriva nelle sale italiane When Evil Lurks
Il 18 luglio arriva nelle sale italiane When Evil Lurks (Cuando acecha la maldad), horror che negli ultimi mesi ha conquistato numerosi ammiratori prima al Toronto Film Festival e successivamente nella piattaforma di streaming Shudder. Ambientato nelle campagne isolate dell’Argentina, il film scritto e diretto da Demián Rugna vede protagonisti due fratelli che scoprono la presenza di un demone deciso a propagare il male contaminando la popolazione del luogo. E proprio con il suo autore abbiamo parlato di uno dei film dell’orrore più interessanti e coraggiosi di questa stagione cinematografica.
Partiamo dalla sceneggiatura: come è riuscito a legare tutti gli eventi del film e creare un tale crescendo di tensione?
È il mio modo di scrivere. Quando inizio una sceneggiatura non so bene dove andrò a finire, di solito inizio con in mente un tema o un paio di personaggi, quasi mai ho già una fine o una seconda parte. In questo modo riesco a scoprire l’interezza della storia mentre la scrivo. Questo processo vale per i miei precedenti horror come per When Evil Lurks: avevo in testa i personaggi e la sequenza con il cane, per il resto sapevo soltanto che non volevo realizzare qualcosa di convenzionale. Cerco sempre di evitare i luoghi comuni di un genere per cui ho uno strano rapporto di odio/amore. Non sopporto il suo aspetto commerciale ma amo tutti quei mostri che fanno ormai parte della nostra cultura. Sapevo che avrei voluto girare un film con molta azione, soprattutto all’inizio, per poi rallentare e lasciare che la tensione rendesse la vicenda maggiormente soffocante. Se continui a inserire soltanto scene d’azione senza sosta, lo spettatore finisce con il non sorprendersi più di nulla. La parte finale di When Evil Lurks è volutamente oscura, enigmatica: preferisco che il pubblico si interroghi su cosa succede piuttosto che avere tutte le risposte già preconfezionate. L’horror non dovrebbe spiegare sempre ogni cosa, non è così che questo genere funziona.
In When Evil Lurks non c’è quel minimo di ironia liberatoria presente dei suoi precedenti horror. Cosa l’ha portata a scegliere un approccio molto più nichilista?
È vero, si tratta di un film differente dai precedenti. Quando ho esordito con The Last Gateway avevo venticinque anni, ho girato un film lovecraftiano con un sacco di mostri, poi con i successivi ho tentato di esplorare altri aspetti di questo genere. La verità è che non scelgo secondo uno schema, non ho il potere di sapere in anticipo quale sarà il mio prossimo progetto. Dipende da molti fattori, primo tra tutti ovviamente il risultato economico del mio film precedente. Cerco di non ripetermi, di affrontare ogni horror con crescente onestà e attenzione ai particolari. Rispetto al precedente Terrified, When Evil Lurks sicuramente riesce ad andare più a fondo in quello che vuole raccontare.
L’horror può essere adoperato come specchio deformante per raccontare quello che non va nel nostro presente. Questo a mio avviso è uno degli aspetti maggiormente rilevanti del suo film…
Certamente. Penso che un artista abbia il dovere di assorbire quello che la società in cui vive gli propone. When Evil Lurks nasce da un soggetto mai sviluppato, la storia di un uomo che torna nel suo paese dopo dieci anni di assenza e viene preso di mira dal giornale del posto, che lo incolpa di tutto quello che succede di sbagliato. L’idea dell’odio che può essere propagato attraverso i media o i social network è stato il propellente di When Evil Lurks. In Argentina gli organi di informazione mentono alle persone, lo stesso succede in Europa, oppure è successo in Brasile con Bolsonaro e negli Stati Uniti con Donald Trump. Ho senza dubbio pensato a quest’odio e a queste menzogne mentre scrivevo la sceneggiatura. Il mio film si chiude con una scena fortemente allegorica, che riguarda un falso messia pronto a condurre i giovani verso l’inferno: il riferimento a quello che succede oggi, dove milioni di ragazzi in tutto il mondo vengono abbindolati dai movimenti conservatori, è piuttosto evidente. La società dovrebbe guardare all’horror e vedere se stessa, magari anche riflettere sulle proprie paure…
Il protagonista del film Pedro è tutt’altro che un eroe, possiede un arco narrativo dove commette errori e cede spesso alla propria debolezza. Come ha sviluppato questo personaggio insieme al suo interprete Ezequiel Rodriguez?
Pedro è un uomo come tutti, una persona reale. Ci si può identificare con lui proprio a causa delle sue debolezze, dei problemi che ha. Quando l’attore che doveva originariamente interpretare Pedro ha abbandonato il progetto, mi hanno consigliato di dare un’occhiata al lavoro di Ezequiel. Un consiglio strano, perché in precedenza aveva interpretato quasi soltanto personaggi più eleganti e giovanili, mentre il mio protagonista è un uomo di campagna, quasi spezzato dalla vita quando lo incontriamo la prima volta. Per capire se poteva davvero funzionare al provino ho dato da recitare a Ezequiel le scene più dure e radicali del film, e lo ha fatto magnificamente. Anche perché non essendo nato in campagna possiede quell’accento specifico che mi serviva per denotare Pedro come un uomo di fuori, che non appartiene alla città. Ezequiel ha compreso perfettamente quello che lo script cercava di raccontare, merita tutto il credito possibile per la riuscita del film. Si tratta di un ruolo complesso, con molti strati e non tutti piacevoli, tutt’altro. È un uomo che pian piano scende all’inferno: se non ti connetti con lui nonostante tutti i suoi errori, non puoi connetterti veramente col film. Ed Ezequiel è riuscito a catturare il pubblico.
When Evil Lurks davvero non concede tregua allo spettatore, molte scene si spingono ai limiti della sopportazione. C’è stata una sequenza in particolare che magari l’ha messa in difficoltà?
Se parli di difficoltà tecniche o logistiche nel girare ce ne sono state varie, se invece di riferisci ai miei confini morali invece no. Ho girato quello che ho girato perché penso di essere onesto nei confronti dell’horror. Ho fatto il film che volevo, tutte le decisioni prese sono state mie e mie soltanto. Il budget contenuto mi ha dato la libertà di non dover prestare attenzione agli input di produttori o distributori. Ho sfruttato il vantaggio dell’indipendenza per essere onesto con il genere: nella realtà non ci sono molti happy ending, i più giovani oggi si trovano costantemente in una condizione di pericolo, vittime di conflitti e violenza sparsa praticamente ovunque. Quanti bambini vediamo morire oggi nel mondo reale? Perché questo dovrebbe essere diverso in un film dell’orrore? Non so se lo farò di nuovo in futuro, ma nel caso di When Evil Lurks sentivo di dover rappresentare tutto quello che poi è finito nel montaggio finale.
Ci sono dei film dell’orrore o dei registi che l’hanno ispirata quando ha iniziato a pensare a questo film?
Da bambino guardavo gli action e gli horror degli anni ‘80. Ho cominciato a girare film quando avevo otto anni, senza una cinepresa ma con le mie bambole. Non avevo i soldi per una macchina fotografica, figuriamoci per una macchina da presa o una telecamera. Ho visto svariate volte pietre miliari come Aliens, Predator, Gremlins, RoboCop o La casa. Vedevo ovviamente i film di Steven Spielberg e leggevo i libri di Stephen King. A quel tempo anche Dario Argento era un nome importante dello scenario horror internazionale. Crescendo sono passato ai fumetti e al cinema di Guillermo Del Toro, Quentin Tarantino e i fratelli Coen. I titoli che maggiormente mi hanno ispirato a voler raccontare storie dell’orrore sono senz’altro la serie Visitors e Braindead di Peter Jackson.