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Lesbian Space Princess

2025
Titolo Originale:
Lesbian Space Princess
REGIA:
Emma Hough Hobbs, Leela Varghese

Il nostro giudizio

Lesbian Space Princess è un film del 2024, diretto da Emma Hough Hobbs e Leela Varghese.

C’era una volta, in una galassia lontana lontana, una giovane e insicura principessa costretta ad abbandonare il proprio confortevole pianeta natale per imbarcarsi in una rocambolesca avventura allo scopo di salvare l’amata dolce metà dalle grinfie di subdoli esseri tansdimensionali desiderosi d’impossessarsi della più potente delle cosmiche armi esistenti. La solita space opera a tinte rosa? Certo che sì. Ma cambierebbe forse qualcosa se vi dicessimo che la nostra timida principessa Saira, figlia delle regine lesbiche Anne e Leanne dello sperduto pianeta Clitopolis, dovrà suo malgrado intraprendere un viaggio inter-gay-lattico nell’ignoto Spazio Queer Profondo per recuperare la sua ex fidanzata e cacciatrice di taglie Kiki caduta nel giogo della perfida razza degli Straight White Maliens; cattivissimi incel venuti direttamente dal lontano futuro per impossessarsi della leggendaria e suprema arma lesbica conosciuta come Royal Labrys? Non dovrebbe, ma per certuni, soprattutto di questi tempi, le cose cambierebbero eccome. A maggior ragione se la catartica e più che mai allegorica resa dei conti finirà per essere combattuta fra una vagina senziente e un titanico pene robotico; a suggello di una delle più potenti e intelligenti provocazioni cinematografiche passate di recente sugli schermi di qual si voglia universo.

È infatti la provocazione, tutt’altro che fine a sé stessa, il nocciolo duro attorno al quale le australiane Emma Hough Hobbs – già prop master per produzioni quali Gold e persino Talk to Me – e Leela Varghese – attesa al varco in solitaria con il corto I’m The Most Person I Know –  intendono edificare gli snelli, compatti ma potentissimi ottantasette minuti di Lesbian Space Princess: un folgorante esordio al lungometraggio animato presentato nella sezione Panorama della Berlinale 2025 e già meritatamente insignito del premio del pubblico all’Adelaide Film Festival 2024. Un’irriverente e cacofonica space adyssey multicolore e multi-genere fortemente ispirata allo stile secco e chagalliano del Justin Roiland di Rick and Morty così come al graffiante e politicamente scorretto mood targato Matt Groening; riuscendo tuttavia ad innervare questa goliardica e più che mai letteralmente fluida scorza – a tratti addirittura sfiorata da gustosi tocchi musical – con un delicato e assai intelligente coté di tematiche davvero poco young e decisamente più adult capaci di strabordare ben oltre gli spesso opprimenti e auto castranti confini dell’universo LGBTQ+. Un’esperienza di visione assai difficile da descrivere a parole, in quanto sono in realtà le sue lisergiche e accattivanti immagini a parlare forte e chiaro; senza alcuna paura di turbare qual si voglia animo o sensibilità né tantomeno curarsi troppo di risultare allineato con l’una o l’altra sponda.

L’avventuroso last minute rescue intrapreso dalla nostra tutt’altro che impavida Lesbian Space Princess a bordo di una scalcinata nave spaziale senziente e assai sboccata in compagnia dell’esagitata cantautrice goth bisessuale non binaria Willow è, dunque, in prima istanza un viaggio alla (ri)scoperta di sé stessi e di quei limiti che, nella forma di una tossica co-dipendenza e conseguente cronica insicurezza, solo se affrontanti con il coraggio tipico di una rinnovata autoconsapevolezza potranno liberare dalle catene di una letteralmente mostruosa paura che, indipendentemente dal genere e dal gender, è spesso sinonimo di crescita e maturità non solo sessuale. Se tuttavia il micro e macro universo arcobaleno scritto, diretto e soprattutto animato con autobiografica cognizione di causa da Hough e Varghese si popola d’impertinenti easter eggs e divertenti giochini semantici capaci di ricondurre ogni cosa entro una gay-lassia comicamente insolente quanto ribollentemente vitale – un Lesbian Ball organizzato nel mese di Gaypril mentre si fruisce dei contenuti in streaming di piattaforme come Gayflix e Chill –, va da sé che un’opera come questa, in tempi come questi, trattando argomenti come questi con uno stile assai poco convenzionale come questo non può che apparire certamente abrasiva ma, proprio come tutto ciò che da sempre smuove neuroni e coscienze con l’ausilio dell’artiglio della satira, dannatamente necessaria.