Beyond the Omega: la parola agli autori

Lorenzo Lepori e Mattia De Pascali ci raccontano del loro nuovo, scioccante, horror...
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Seguo sempre da vicino Lorenzo Lepori. Da quando, qualche anno fa, anzi parecchi anni fa, recensii su Nocturno un suo incredibile lungo, in bianco e nero, con Gianni Dei. Mi piace il suo modo di fare cinema rozzo e scabro, perché questa maniera “alla cazzo di cane” diventa, per strane vie, arte – uso la parola grossa ma la voglio usare. Lepori è un avventuriero ed è uno che se ne fotte del bon ton. E questo è un gran bene. Mattia De Pascali, il regista che Lorenzo si è associato e che ha insignito del comando nella sua nuova impresa, Beyond the Omega – che Lepori ha prodotto e interpretato “a uccello quasi costantemente di fuori” – l’ho conosciuto di recente all’Apulia Horror International Film Festival e, al netto del fatto che mi ha rivelato cose incredibili su certi misteriosissimi film girati in Salento (ci ha scritto anche un interessante libro), mi è parso un ragazzo serio e preparato, conscio del proprio mestiere – e non capita spesso. Il suo lungometraggio McBetter è, infatti, assai buono…

Lorenzo, Beyond the Omega è rimasto aderente alla sceneggiatura d’origine?

La sceneggiatura è molto simile… vicinissima a quello che poi abbiamo filmato. La prima volta che mi capita in vita mia. Ed è anche il motivo per cui mi sono spinto in un’operazione del genere, perché vedevo che quello che era scritto su quei fogli era, effettivamente, fattibile. Era soprattutto un discorso di location e infatti questo ci ha salvato, perché ho trovato delle location talmente perfette che sembravano estrapolate dal cervello di Mattia De Pascali. La villa che ho trovato è identica a quella della sceneggiatura. E abbiamo adattato altri ambienti in modo che risultassero molto simili a quelli che erano stati concepiti. Era una cosa che si poteva fare.

Beyond the Omega è la tua prima esperienza come produttore: sbaglio?

Sì, è la prima volta. E sono anche il protagonista del film, io e il mio pisello, che andiamo avanti e indietro per questa casa.

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Lorenzo Lepori (foto Noemi Ester Romani)

Com’è che hai deciso di fare questo salto nella produzione?

Era un po’ che stavo lambiccandomi il cervello su quale sarebbe stata la mia prossima mossa. Avevo varie opzioni. Avevamo cominciato a collaborare, io e Mattia, su due sceneggiature, ma erano entrambe dei film molto difficili da realizzare. Uno, Palude cieca, avrebbe dovuto avere come protagonista Alex Lucchesi come cattivo. Sembrava che fossimo sul punto di partire, ma mi sono mancati gli appoggi economici e politici che speravo di avere. Quindi niente. Dovevamo girarlo tutto qui nelle paludi del Fucecchio ed era una cosa simile ai Guerrieri della palude silenziosa. Ma era un film molto, molto difficile. Dopo un po’ che stavamo a riflettere su cosa fare, Mattia mi propone questo soggetto che era, prima di tutto, in linea con delle riflessioni che stavo facendo. Avrei voluto girare qualcosa che avesse attinenza con la follia… era un periodo in cui stavo pensando ad Hans Bellmer. Mi tirò fuori questo soggettino, ispirato vagamente a Buio Omega e leggendolo dissi: “Beh, cazzo, ci sono delle cose che mi piacciono! Se lo scrivi, io te lo produco e ti faccio il protagonista”.

E perché hai voluto essere il protagonista?

Perché questo personaggio, nel film, fa cose che sinceramente non credo nessun altro attore sarebbe stato disposto a fare. Così ho deciso che, siccome come attore me la cavicchio, lo avrei fatto io. Oltretutto, Mattia De Pascali, rispetto a me, che ho un gusto per l’immagine sicuramente più greve, istintivo, ha una formazione scolastica, gli piacciono i piani-sequenza, le riprese eleganti. Quindi, il suo stile riesce a colmare questa distanza tra il contenuto e la forma. Intendo che, nonostante le tematiche, poteva uscirne un film che si staccasse da una destinazione di super-nicchia…

Cioè, intendi che la forma lo rende accettabile anche a platee più ampie?

Sì, esatto. E ora che abbiamo finito le riprese, guardo il materiale e mi accingo al montaggio, dico che avevo ragione. Anche se il film rimane di nicchia (ride). Perché è sempre piuttosto eccessivo e disgustoso… ma la scelta di Mattia è stata ottima, dal punto di vista registico. La scena italiana la seguo, non è che siamo duemila a fare film o filmini indipendenti. Tra tutti quelli che ci sono sul mercato, Mattia mi pare sia quello che ha più coscienza della grammatica cinematografica. In McBetter è evidente che c’è una conoscenza del mezzo e che l’istintualità si unisce all’ambizione di avere una comunicazione grammaticalmente adeguata. Cosa della quale a me non è mai fregato un cazzo. Ecco, siamo così radicalmente diversi, che ho voluto sperimentare questa strana accoppiata, per vedere che cosa ne veniva fuori.

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Lorenzo Lepori

Non ti chiedo di farmi la trama, ma, a grandi linee, il film racconta di…?

Il film racconta della caduta psicologica e morale di una persona, che ha perso la compagna. E’ un po’ lo specchio della sessualità maschile odierna. L’incapacità di certi uomini di rapportarsi alla donna o al sesso tout-court. Forse tutti noi siamo inconsciamente alla ricerca di surrogati che ci evitino di doverci relazionare con una persona dell’altro sesso intesa come essere con il quale dobbiamo scendere a patti, in qualche maniera. Il protagonista del film è completamente incapace di far questo e l’unico modo che ha per rapportarsi con le donne, è avere a che fare con dei surrogati inanimati o con donne che sono in suo potere. Beyond The Omega è una storia metaforica che porta fino in fondo questo concetto. Lo definirei un horror esistenziale, ovviamente grottesco. Ci sono dei tocchi, comunque, che alleggeriscono la claustrofobia del film. Il 70% della storia è costituito da un uomo, dal suo rapporto con una bambola che diventerà, poi, una bambola vivente…

Mattia, spiegami quale rapporto esiste tra il tuo film e Buio omega

Il tutto è partito da un’idea, che mi ero appuntato anni prima e che poi, rivedendo Buio omega, è tornata fuori. Riprendendola, ampliandola o meglio stemperando l’ironia di partenza di quel primo soggetto e inserendo una struttura e delle atmosfere che potessero richiamare Buio omega. Nelle mie intenzioni non doveva essere proprio un reboot, come l’abbiamo poi promosso per catturare l’attenzione. Indubbiamente ci sono degli aspetti che sono presenti nel film di D’Amato, ma che provengono anche da altri film, per esempio L’orribile segreto del dottor Hichock. Per un anno ho lavorato su testi che Lorenzo mi passava e quindi seguivo un po’ quello che era il suo gusto personale. Tante cose, infatti, nella sceneggiatura di Beyond the Omega erano presenti in questi soggetti sui quali avevamo lavorato. L’artista maledetto, il maniaco stile Pacciani eccetera.

La primissima versione che avevi fatto, mi sembra di capire che avesse un approccio più brillante, più leggero…

Sì, la primissima idea è il corpo centrale, quello in cui c’è un necrofilo che trova su Internet una bambola cadaverica, una real doll, la compra, se ne innamora e poi la bambola prende vita. A un certo punto lui l’accoltella e… Non vado oltre per non fare spoiler…

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Grotteschi e arabeschi in Beyond the Omega (Foto Noemi Ester Romani)

Continuavi un po’ sulla stessa linea di McBetter, quindi…

Sì, più o meno avveniva contemporaneamente. Ma la maggior parte delle idee che mi arrivano sono quasi delle barzellette. Poi sta a me decidere quanto tenere dell’ironia di partenza… Comunque, il tenore del soggetto che ho poi passato a Lorenzo era fatto per piacergli, perché era abbastanza truce, violento e grezzo. Pensavo che qualcosa di estremo, conoscendo quello che lui aveva fatto, potesse interessargli. E lui ha voluto farla, così “spinta”…

Quindi, soggiacente alla sceneggiatura c’è anche un po’ questo tema dei delitti del Mostro di Firenze?

Sì, sì, il primissimo soggetto in cui Lorenzo mi coinvolse era qualcosa che aveva a che fare anche con Pacciani. E avendo letto, per documentarmi, molte cose sui delitti del Mostro, alla fine questo è filtrato un po’ nella stesura finale della sceneggiatura.

Parliamo della produzione e della lavorazione…

Innanzitutto, devo dire che Lorenzo non ha mai perso l’entusiasmo, fin dal giorno in cui siamo partiti a fare il film. Non è mai tornato sui suoi passi, quindi rispetto a McBetter mi sono trovato molto bene perché eravamo in due a fare il film. E avevamo entrambi la stessa carica. Il lavoro è stato ripartito equamente, anche, quindi, il peso delle responsabilità. Lui mi aveva posto come condizione di partenza il fatto che oltre a produrlo doveva interpretarlo. Forse perché questo tipo di personaggio era per lui un po’ catartico… Ero preoccupato per il fatto che i film che Lorenzo ha prodotto li ha sempre diretti, quindi temevo potesse volere andare oltre e ingerire nella regia. Mentre invece così non è stato. Abbiamo sempre lavorato in sintonia, senza mai pestarci i piedi. Abbiamo chiuso il tutto in dodici giorni di lavoro. Per una serie di circostanze, ci siamo ritrovati alcuni giorni a lavorare in cinque persone di troupe. Ma, nonostante tutto e paradossalmente, il lavoro è andato avanti ancora più veloce di prima. Anche il tempo non ci è stato amico, a fine maggio abbiamo avuto acquazzoni apocalittici. Ma siamo riusciti a gestire anche questo contrattempo e forse ci abbiamo pure guadagnato. Usando la pioggia a dirotto in alcuni punti del film, che hanno un senso con lo stato d’animo del personaggio. Abbiamo risistemato tutto il piano di lavorazione sulla base di quello che era il meteo.

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Mattia De Pascali sul set (Foto Noemi Ester Romani)

A parte Lorenzo Lepori che fa questo ruolo da mattatore, che è il personaggio focale, chi c’è d’altro?

Due parole su Lorenzo: perché io avevo scritto un personaggio debole, insicuro e che apparentemente non c’entrava nulla con Lorenzo, che, invece, è sempre esageratamente sicuro. Quindi era difficile per lui entrare nella parte dell’uomo senza spina dorsale, comunque siamo riusciti a trovare il giusto compromesso. L’amico del protagonista, Pietro, quando l’ho scritto già pensavo ad Alex Lucchesi e lo conoscevo per averlo visto in molti film. Lorenzo, invece, lo conosceva direttamente avendolo incontrato sul set del film di Claudio Lattanzi, Everybloody’s End. Siccome Lucchesi si può definire un caratterista, dal momento che lui fa sempre ruoli da duro, sembrava perfetto per interpretare Pietro. Poi nel ruolo femminile c’è Benedetta Rossi, che io non conoscevo e ho saputo dopo che è un personaggio molto noto in Toscana e poco prima che facessimo i provini era uscito il suo film con Paci, Non ci resta che ridere. Quando le abbiamo fatto il provino, io ero un po’ preoccupato del fatto che fosse troppo bella, perché partivo dal preconcetto che su questo tipo di set le donne troppo belle non funzionano. E invece Benedetta si è rivelata una scelta perfetta. Positiva, solare, aveva ottima memoria e quando le ho chiesto di cambiare alcune cose della sua parte, ha subito seguito le mie indicazioni. Benedetta è stata la prima delle tante fortune che abbiamo avuto per Beyond The Omega. Ed è stata l’unica che ha accettato scene di nudo integrale senza battere ciglio e senza creare problemi. Non avremmo avuto il tempo di fermarci a discutere con un’attrice che non volesse togliersi le mutande…