Intervista a Lorenzo Corvino
Parla il regista di WAX: We Are the X
Nei Paesi occidentali tutti quelli nati tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’80 appartengono a quella che viene comunemente definita Generazione X. Milioni di persone senza punti di riferimento o certezze per il proprio futuro Oggi gli ultimi di quella generazione hanno superato i trent’anni e in alcuni Paesi sono stati battezzati i “Sacrificabili”. Con questo incipit comincia WAX: We Are the X. Una storia (vera). Opera prima di Lorenzo Corvino.
Lorenzo, la storia narrata nel tuo film è presa da un romanzo o direttamente dalla realtà?
La storia che ho narrato in WAX: We Are the X non è presa da un romanzo, ma un importante editore mi ha chiesto di trasformarla in romanzo e ci sto pensando. Sicuramente, è la storia di molti della mia generazione, accomunati da dubbi e incertezze.
I tuoi studi accademici prima di cimentarti nella regia cinematografica?
Ho studiato Lettere e Filosofia a indirizzo Spettacolo, alla Sapienza di Roma. In quegli anni ho preferito approfondire molto bene ogni esame perché ritengo che gli anni dell’Università siano “preziosi e formativi” per leggere quanto più possibile e ho preferito laurearmi due anni fuori corso, ma sentendomi più completo dal punto di vista culturale. Sono stati anche gli anni in cui ho girato i primi corti.
Ritieni che anche il tuo film si possa considerare “di formazione”?
Sì, ma non solo. Sicuramente è di formazione dato che racconta la storia di tre giovani: due ragazzi italiani e una ragazza francese, poco più che trentenni, ma contiene anche molto altro; lo definirei anche un film d’avventura, di viaggio, un thriller, ma soprattutto lo definirei un film di genere.
Oltre ai tre giovani attori la francese Gwendolyn Gourvenec (Joelle) e gli italiani Davide Paganini (Livio) e Jacopo Maria Bicocchi (Dario), il film comincia con una guest star internazionale che interpreta un avvocato, Rutger Hauer. Come è riuscito un regista alla sua opera prima ad avere nel cast un attore di così nota fama?
In effetti, non è stato immediato; il primo tentativo è fallito e così abbiamo, con i miei collaboratori, provato a contattarlo tramite l’agente italiano e a nostre spese abbiamo fatto tradurre l’intera sceneggiatura oltre che dall’italiano al francese anche in inglese e abbiamo accompagnato ad essa un teaser di quattro minuti. Ma nonostante si sia incuriosito, ha chiesto di venire in Italia per vedere il film, esclusi i suoi cammei ancora da girare. All’incontro eravamo, io e il resto della troupe, tesissimi, ma speranzosi di una risposta affermativa. Non credo di riuscire a esprimere la nostra emozione quando questa è arrivata.
E mettere insieme un cast così azzeccato, soprattutto la protagonista francese, Gwendolyn Gourvenec, che recita in italiano?
Per questo devo ringraziare la determinazione della mia casting director Gaia Casanova, la quale, dopo aver tentato la strada più vicina a noi delle attrici italiane che parlano e recitano in francese, mi ha incoraggiato a tentare la strada opposta quella delle attrici francesi che recitano in italiano. Abbiamo usato anche il classico passaparola tramite colleghi del settore oltre alle Agenzie. Al provino si sono presentate in venti, ma quando abbiamo visto Gwendolyn Gourvenec abbiamo capito subito che era l’attrice che cercavamo, bellissima, ma acqua e sapone.
Non si può evitare una domanda un po’ più delicata: il rapporto tra i protagonisti sfocia in un ménage à trois, già narrato anche da registi come François Truffaut in Jules & Jim oppure Bernardo Bertolucci in The Dreamer. Cosa offre la tua cinepresa di diverso allo spettatore?
Offro allo spettatore qualcosa di non scontato, perché ritengo che ci sia un effetto sorpresa; inoltre non credo di fornire uno spettacolo di sesso fine a se stesso, ma un sorta d’espiazione. E anche un’unione di corpi che si avvicinano per aiutarsi a superare gli ostacoli di questa difficile vita per i protagonisti di questa Generazione X, con la consapevolezza di ciò che stanno facendo.
In futuro che altro genere cinematografico ti piacerebbe affrontare?
Dopo questo mi piacerebbe girare un vero proprio film di formazione e ho già qualcosa nel cassetto. Ma preferisco aspettare a parlarne per vedere anche come il pubblico italiano accoglie WAX: We Are the X che per il momento è andato bene in molti Festival internazionali. Ora sono invitato anche al 49º World Fest Houston (Texas), attraverso il quale un giovanissimo Steven Spielberg si fece notare e diede il via alla sua favolosa carriera.