Jōhatsu, l’abisso delle sparizioni volontarie
Il thriller presentato a Tallinn. Intervista ai registi Lina Lužytė e Nerijus Milerius
In occasione del Tallinn Black Nights Film Festival, il duo di registi lituani Lina Lužytė e Nerijus Milerius ci ha raccontato Jōhatsu, thriller presentato nella sezione Critics’ Picks del festival estone. Una giovane donna impiegata in obitorio si ritrova coinvolta nel misterioso caso della sparizione di un marinaio, che la condurrà in un mondo molto più grande di lei…
Che cosa vi ha spinto a scegliere una tematica così particolare?
Lina: Tutto è iniziato con un progetto di Nerijus, basato sul mito di Antigone. Quando il progetto è stato abbandonato, mi ha chiamata per lavorare insieme a qualcosa di simile. Abbiamo deciso di concentrarci sulla questione del corpo, inteso come cadavere disperso. Poi Nerijus ha scoperto il fenomeno giapponese dello Johatsu, che riguarda la sparizione volontaria per motivi diversi, da quelli economici a quelli psicologici. Questa tematica ci è sembrata vicina a ciò che volevamo realizzare, perché risponde a domande fondamentali sull’esistenza e sul desiderio di sparire.
Nerijus: Sì, il progetto su Antigone è curiosamente legato a Tallinn, dove sono arrivato sette anni fa come sceneggiatore per presentare l’idea del film, che poi non è mai stato prodotto. Lavorando con Lina a Jōhatsu, ci siamo concentrati sugli argomenti principali per rielaborare la storia.
Avete definito la protagonista come “preziosa” per voi. Come è stato costruito il personaggio di Lina? Quali sono stati i vostri punti di riferimento?
Nerijus: È stata una sorta di “trappola” che ho teso a Lina, perché il personaggio principale ha il suo stesso nome. Io ho scritto il soggetto e lei la sceneggiatura, quindi ho cercato di spingerla a immedesimarsi nella storia usando il suo nome.
Lina: Per me è stata un’idea piuttosto maschilista pensare che avere lo stesso nome della protagonista avrebbe avuto un impatto maggiore sulla stesura della sceneggiatura. Ho ovviamente accettato il nome della protagonista, ma non è cambiato molto per me in termini di scrittura. Al di là di questo, il mio principale interesse nella stesura della storia era rispondere a domande che tutti si pongono sul modo di vivere (o non vivere) la vita, includendo la questione delle sparizioni volontarie. Šarūnas Bartas, un famoso regista lituano, ha detto che ciò che accade nella vita reale può sembrare irrealistico in un film, e noi abbiamo cercato di rendere gli eventi il più credibili possibile, proprio per evitare questo paradosso.
Gli ambienti di Johatsu sono fondamentali per la sua atmosfera. Quanto è stato importante lo scouting delle location in Lituania?
Lina: Nella realizzazione del film non abbiamo mai considerato Jōhatsu come strettamente legato al Giappone. Abbiamo girato solo l’inizio del film a Vilnius e poi ci siamo spostati nella città portuale di Klaipėda. Klaipėda ci è sembrata perfetta per ambientare la storia in una città ideale in cui sparire. Con il mare, gli ampi spazi e un’atmosfera sospesa, era la scelta giusta per quello che avevamo in mente: un mix tra un thriller esistenzialista e un road movie.
Nerijus: Quando ho sviluppato l’idea iniziale basata su Antigone, avevo in mente diverse location, tra cui la Lituania e anche l’Italia. A volte, però, le scelte dipendono dai produttori, non solo dai registi. Nel nostro caso, Klaipėda rappresenta una frontiera con il resto del mondo. Di sera e di notte è un luogo vuoto, dove la protagonista poteva sentirsi sola e a disagio. Questo aspetto non è solo finzione cinematografica, ma riflette la realtà del luogo.
Avete entrambi esperienza nella produzione di documentari. Non è difficile cogliere questo tipo di influenza nel vostro film, come vi siete rapportati a questo durante la fase di realizzazione?
Lina: Durante la mia carriera ho realizzato sia film di finzione che documentari. Probabilmente l’influenza del documentario risiede nell’osservazione. In gran parte del film, analizziamo i personaggi in modo simile a un documentario. Inoltre, dopo aver passato molto tempo con l’attrice protagonista, Žygimantė Elena Jakštaitė, ci siamo resi conto che molte delle sue interpretazioni erano così naturali da sembrare quasi documentaristiche. Per noi, il vero elemento thriller del film era tutto interno, nel percorso di Lina e abbiamo voluto evitare i cliché del cinema d’azione.
Nerijus: Io non nasco come regista, ma come professore di filosofia all’Università di Vilnius, dove ho insegnato filosofia del cinema. Nel tempo, sono passato al documentario, che credo abbia una forza propria, legata alla realtà. In Jōhatsu, abbiamo voluto che Lina fosse un personaggio il più realistico possibile, evitando reazioni esagerate o interpretazioni poco credibili.
Quali sono i vostri progetti futuri?
Nerijus: Sto lavorando a due documentari. Uno, in fase finale di montaggio, racconta la storia di un leggendario attore lituano attraverso un road movie, un genere che amo molto. L’altro è un documentario di guerra, ma per ora non posso svelare molto.
Lina: Sto lavorando a un lungometraggio di finzione, con una sceneggiatura già pronta. Si intitola Kopek (il titolo inglese è What Kind of People Are You?), dal nome della moneta sovietica. La protagonista è una donna di 75 anni che attraversa la strada e rischia di essere investita da una BMW. Lei esce illesa, ma lo specchietto dell’auto si rompe. Il film, una tragicommedia, racconta i suoi tentativi grotteschi di ripagare il danno. Mi interessano infatti le questioni sociali e le divisioni tra ricchi e poveri. Il secondo progetto è una serie TV su una detective donna che indaga sull’omicidio di una ragazza queer e, nel corso delle indagini, esplora anche la sua sessualità.