Martin Scorsese al Museo Nazionale del Cinema di Torino
Incontro con l'immortale Maestro del Cinema
L’arrivo autunnale a Torino da parte del leggendario Maestro, autore di alcuni dei film più memorabili e celebrati della storia del cinema (i quali titoli non è certo il caso di star qui a rimembrare inutilmente), ha convalidato un evento che è già entrato di diritto nella storia della località sabauda. Giunto con un jet privato da Roma per una intensa “due giorni”, tutta incentrata su di sé, Martin Scorsese ha compiuto la sua prima storica visita al Museo Nazionale del Cinema, lo stesso luogo che già nel 2013 aveva ospitato una più che gradita esposizione a lui dedicata in collaborazione con la Deutsche Kinemathek. Dall’interno dell’Aula del Tempio della Mole, Scorsese è stato quindi doverosamente insignito del prestigioso Premio Stella, questo incontrando il pubblico in occasione di una Masterclass da lui tenuta (ad accompagnarlo l’attore Willem Dafoe e la storica coppia di scenografi Ferretti-Lo Schiavo – dell’annunciato ma mai confermato Leonardo DiCaprio nemmeno l’ombra, invece). L’autore di queste righe era presente alla conferenza stampa che ha anticipato questi appuntamenti, che prevedevano al contempo la presentazione di una retrospettiva dedicata a Scorsese dal cinema Massimo. Una conferenza stampa, quella del 7 ottobre, prevedibilmente gremita di fotoreporter e operatori del settore stampa, gli stessi che hanno accolto l’ingresso di Scorsese nell’Aula del Tempio con ancora prevedibile clamore. Arzillo ultraottantenne, costui non si è di fatto presentato dinnanzi ai giornalisti per raccogliere idolatrie di sorta, dato che già nel raggiungere il Museo del Cinema pare avesse schivato opportunamente i fan (passando dall’uscita posteriore dell’hotel Principi di Piemonte, dove alloggiava). No, per l’appunto. Scorsese è venuto qui a discutere – piuttosto seriosamente – di cinema, anche se non troppo a proposito di quello prodotto da lui, quanto più quello in oggetto all’esperienza di restauro e conservazione di cui si fa carico ormai da decenni. Qualora non fosse noto, parallelamente al suo ruolo di director (e producer) il Maestro è anche autorevole garante della longevità di moltissime pellicole d’epoca, tanto che nel 1990 ha fondato la Film Foundation per contribuire al restauro e alla salvaguardia di oltre mille titoli. Con foga appassionata, Scorsese ha narrato – ininterrottamente per almeno venti minuti – di come questa attività possa e debba essere determinante per le generazioni a venire; di come insieme a Bob Rosen (della UCLA Film & Television Archive), armato di lunghe liste di titoli, andava bussando le porte degli studios per cercare di impedire che quei stessi film marcissero inutilmente negli archivi. Film che poi sono “ciò che noi tutti siamo”, ha così proclamato dopo aver ricevuto in dono – dalle “istituzioni torinesi” – una copia digitalizzata dei filmati rari di Cabiria, kolossal di Giovanni Pastrone, finora rimasti custoditi dal Museo del Cinema stesso e di cui Scorsese è da sempre ammiratore.
Rispondendo prevalentemente alle domande dei “giornaloni”, Scorsese ha sconfessato ogni mormorio circa il fatto che il suo impegno come regista di lungometraggi sia ormai al capolinea. I due film cui intendeva lavorare più recentemente (e in contemporanea), uno un biopic su Frank Sinatra, l’altro un’elaborazione sulla vita di Gesù, sono attualmente in sospeso, ma Scorsese, parlando di sé come di qualcuno che vede in modo sempre appassionato “l’incontro tra fiction e non fiction”, ha oggi le mani impegnate più che altro sull’attività documentaristica. Più specificamente, infatti, l’autore ha in produzione un componimento visivo sull’archeologica subacquea in Sicilia, terra in cui ha poi anche espresso il desiderio di tornare per così solcare il paese che diede i natali al padre Francesco (dapprincipio il cognome originario della sua famiglia era in realtà “Scozzese”, poi modificato in “Scorsese” per un errore di traslitterazione nei documenti anagrafici) – parlando a proposito di ciò, il regista non è quasi riuscito a trattenere l’emozione. Esortato pertanto a discutere il senso di un film come Gangs Of New York – dopo aver preventivamente fatto sapere che non avrebbe risposto a domande di tipo politico -, il regista ha parlato del tema della democrazia come “esperimento” e dell’immigrazione irlandese in America (che anticipò quella italiana), sottolineando come i gruppi descritti in quel suo film del 2002, i “Know Nothings” e i “Wide Awakes”, siano oggi tornati secondo lui definitivamente in auge.
Rifiutando di prendere posizione circa l’idea di sentirsi un cattivo o, viceversa, un buon maestro rispetto al tema della violenza, da sempre uno dei temi cardini del suo cinema, Scorsese ha risposto senza troppo dribblare di come questa, la violenza, non possa che far parte di quello che siamo, e la violenza è del resto qualcosa che lui stesso ha vissuto in prima persona crescendo a New York, “vedendo brave persone fare cose cattive”, crescendo cioè in quelle stesse mean streets da lui messe nobilmente su schermo. Irrefutabile resta quindi il suo pensiero al riguardo: che non si può, ovvero, fingere che la violenza non sia parte integrante della nostra realtà, e che sebbene possiamo non essere intenzionalmente violenti e sia quantunque errato celebrarla, evitare di riconoscere questa realtà è ugualmente una forma di violenza. Se arrivato alla sua veneranda Scorsese si esprime così è perché sa di aver fatto il suo da una posizione di preminenza per rendere grande il cinema, essendo poi altresì conscio che il cinema è anche un medium in costante evoluzione, “che si tratti di qualcosa che appare sullo schermo come lungometraggio oppure su TikTok” (lì dove il Maestro, quasi a sua insaputa, è persino apparso insieme alla giovane figlia Francesca). Il problema, ha detto, resta come continuare a raccontare nuove storie: un dilemma che può trovare risposte anche attraverso il confronto con coloro che dissentono da ciò che noi stessi vogliamo fare arrivare col nostro messaggio di autori. “Non so dove il cinema stia andando”, ha ammesso, quasi sconsolato. “Forse da nessuna parte, forse attraverso un chip piantato dietro la testa; verso attraverso la realtà virtuale”. Ma in un mondo gremito di falsi dèi e miti, nonché di vane speranze, ove l’unica certezza possibile è l’impermanenza, Scorsese ci insegna che l’impulso a esprimersi, a porsi domande, non deve mai e poi mai venire meno. Bisogna, nelle sue stesse parole, continuare a “parlare, parlare, parlare”. Qualcosa che a Scorsese, come abbiamo potuto appurare da questo incontro, riesce perfettamente.