Morte a 33 giri
Rispolverare un cult della pubertà
“Di che cosa hai paura? È solo rock ‘n’ roll”. Così recitava la locandina originale di Trick or Treat, da noi conosciuto con un titolo largamente più accattivante, Morte a 33 giri. Coloro che, come chi scrive, sono cresciuti negli anni Ottanta, avranno certamente visto passare più di una volta per televisione questo piccolo cimelio horror – esordio alla regia per l’ex attore di American Graffiti Charles Martin Smith – e magari lo avranno anche registrato su VHS, tagliando con cura (o magari lasciando integre) tutte le pause pubblicitarie. Una volta visionato, in ogni caso, è impossibile scordare il personaggio inquietante di Sammi Curr, star infernale e immaginaria dell’heavy metal, universo musicale che proprio nell’anno in cui il film entrava nelle sale, il 1986 (in Italia uscirà un anno più tardi), viveva il suo momento di massima popolarità in tutte le sue branche sonore: dal glam dei mai dimenticati Mötley Crüe, oggi balzati nuovamente nelle più disparate classifiche di vendite per effetto del biopic di Netflix, The Dirt (lodato e al contempo denigrato dai più), al thrash dei Metallica, degli Slayer o degli Anthrax. Un’immagine di questi ultimi, tra l’altro, appare riprodotta fra i poster di artisti dell’heavy (da cui spuntano pure Ozzy Osbourne e Dee Snider dei Twisted Sister) che adornano le mura della camera del protagonista, Eddie Weinbauer, detto “Ragman” (ne è interprete il misconosciuto Marc Price). Eddie è un teen-metallaro un po’ sfigato e disadattato, che proprio in Sammi Curr vede il suo idolo di punta. Curr è reso alla grande dal ferino Tony Fields, già in azione come danzatore nei video di Michael Jackson “Beat It” e “Thriller”, nonché come membro del cast di A Chorus Line, adattamento cinematografico del famoso musical di Broadway. L’acconciatura di Sammi rimanda a un Nikki Sixx d’annata, ma con un qualcosa capace di richiamare alla mente anche il Tim Curry/Frank-N-Furter di Rocky Horror Picture Show. Ragman vive con una madre stralunata, la quale non è in grado, come spesso accade nei rapporti tra genitori e figli, di far fronte alla sua complessità caratteriale; una genitrice che non possiede oltremodo gli strumenti per comprendere l’ardente passione del giovane per quella musica dalla forte estetica e dai forti contenuti iconografici. Emblematica è la scena in cui la donna, approfittando dell’assenza del figlio, ne perlustra la collezione di vinili, rimanendo basita dalle immagini impresse sulle copertine. Tra queste quelle di Unveiling The Wicked degli Exciter, Killing Is My Business… And Business Is Good!, del debutto dei Megadeth, e Seven Churches dei Possessed, tra i precursori sonori di quello stesso black metal narrato nel tanto criticato Lords Of Chaos, più recentemente diretto da Jonas Åkerlund. Il protagonista di Morte a 33 giri è insomma il classico outcast degli anni Ottanta che non sopporta l’istituzione scolastica, anche perché, nel suo ambiente liceale, esso è brutalmente e costantemente preso di mira (“bullizzato”, come si direbbe oggi) da una banda di fighetti, tutti pulitini e ben vestiti, che cercano in tutti i modi di ostacolare il suo quieto vivere, non tollerandone il modo d’essere.
A Ragman sarà però concessa una rivincita, e la sua vendetta assumerà contorni amabilmente nefasti. Nello scrivere una lettera al suo idolo, che a sua volta aveva frequentato il suo stesso liceo, le parole di Eddie sono pregne di rammarico esistenziale: “I guerrieri scelti del rock governeranno l’apocalisse. Vedo teste vuote e cervelli morti dappertutto. Chi è che ha bisogno di loro? Che cos’hanno che io abbia voglia di avere? D’accordo, una cosa c’è: Leslie”. Leslie è la “bella” del film, fanciulla da lui bramata e da cui non viene notato nemmeno di striscio. Perlomeno inizialmente. Dopo aver terminato di approntare la sua lettera indirizzata a Sammi Curr, attraverso la TV Ragman prende tristemente atto della morte dello stesso, a quanto pare rimasto arso vivo nel misterioso incendio di un albergo. Il probabile rimando, se ci è consentito ipotizzare, potrebbe essere al brano dal riff più famoso del rock, “Smoke On The Water”, dei Deep Purple. Le liriche fanno esplicito riferimento all’incendio avvenuto durante lo show di Frank Zappa e i Mothers Of Invention al Casinò di Montreaux, il 4 dicembre del 1971. I Purple assistettero al propagarsi delle fiamme sull’edificio direttamente dalla camera del loro hotel di Ginevra. In preda alla costernazione, Eddie si reca dal suo amico Nuke, un DJ radiofonico che conosceva personalmente Sammi Curr. Nuke è impersonato nientemeno che da un irriconoscibile Gene Simmons, bassista linguacciuto dei Kiss, resosi protagonista di ruoli cinematografici ai limiti dell’improponibile (basterebbe ricordare, così su due piedi, un più che scansabile Runaway, accanto a uno stomachevole Tom Selleck). Nuke regala a Ragman un disco di acetato dell’unica copia esistente di Songs In The Key Of Death, un album inedito di Sammi Curr. Questo titolo, fra l’altro, è un chiaro e lampante sfottò ai danni di Songs In The Key Of Love, album doppio della star della soul music Stevie Wonder, uscito nel 1976. Avendone salvata una copia su di un nastro, Nuke ha intenzione di suonare il disco di Curr nella sua interezza alla mezzanotte di Halloween (ecco il perché del banale titolo originale del film, Trick or Treat, “dolcetto o scherzetto”), proprio come gli era stato chiesto di fare da un Curr ancora in vita. Una volta tornato a casa, Eddie mette il disco sul piatto e nell’addormentarsi gli si presenta in sogno uno scenario onirico perverso, con il suo idolo avviluppato dalle fiamme. Destandosi, nota che la puntina dello stereo si è bloccata su un punto preciso del vinile, in cui una frase viene riprodotta alla rovescia: è un messaggio lasciatogli appositamente da Sammi. O meglio, dal suo spirito maligno, il quale comincia a parlargli direttamente dall’oltretomba. In breve, il cantante si materializza direttamente nella sua stanza, e a quel punto lo spettacolo comincia. Sammi è ora un demone in odor di sangue e distruzione, bisognoso di alimentarsi a dosi eccessive di elettricità. In questo frangente, appare manifesto il richiamo al tema dei messaggi subliminali musicali, in un periodo in cui il metal è al centro di scandali, essendo accusato di satanismo e pornografia dai benpensanti e quindi da associazioni quali il PMRC (Parents Music Resource Center). Rimarranno negli annali della follia i processi a carico di soggetti come Ozzy Osbourne e Judas Priest, ridicolmente chiamati a giudizio per istigazione al suicidio; accuse insensate da cui verranno infine prosciolti. Osbourne che è poi egli stesso protagonista di un devastante cameo in Morte a 33 giri, in cui l’ex Black Sabbath appare nei panni dell’ilare predicatore televangelista Aaron Gilstrom, colto a denigrare i pericoli concernenti l’ascolto dell’heavy metal da parte degli adolescenti.
Su quest’ultimo argomento, in un’intervista datata 1985 e reperibile da YouTube, il leader della famigerata band dei W.A.S.P., Blackie Lawless, è esortato a spiegare il segreto del successo della “musica del diavolo”, in particolare tra i più giovani. Blackie risponde con la tipica eloquenza filosofica che da sempre lo caratterizza: “Capite, abbiamo a che fare con l’adolescenza, e l’adolescenza è qualcosa di molto doloroso, nella migliore delle ipotesi. […] Siamo gente arrabbiata che suona musica arrabbiata per un pubblico che è arrabbiato”. Interessante denotare che proprio Blackie fu considerato, all’epoca delle selezioni per il cast di Morte a 33 giri, per il ruolo di Sammi Curr. Sempre il medesimo figurerà tra i possibili candidati per la parte del T-1000 avanzato – composto di metallo liquido – in Terminator 2: Il Giorno del Giudizio (che il regista James Cameron aveva pensato di affidare inizialmente al cantante Billy Idol). La sua stazza, tuttavia, glielo impedirà e il T-1000, come forse ricorderemo, verrà affidato all’attore Robert Patrick (fratello di un altro musicista, Richard Patrick, che passerà tra le fila dei Nine Inch Nails, prima di afferrare un certo successo con l’industrial rock dei suoi Filter). Tempo addietro, in realtà, il ruolo di Curr era stato offerto a Gene Simmons, ma l’israeliano naturalizzato statunitense (all’anagrafe Chaim Weitz), aveva preferito impersonare lo speaker Nuke, tributando le gesta di uno dei suoi idoli d’infanzia, il DJ radiofonico Wolfman Jack. Il film presenta un pregevolissimo set di effetti speciali curati nientemeno che da Kevin Yagher, stessa figura dietro al make-up di Freddy Krueger nel secondo episodio di Nightmare (i suoi servigi saranno richiesti anche per il terzo ed il quarto capitolo della saga). Gli appassionati dell’horror lo ricorderanno anche per aver ideato e scolpito il pupazzo di zio Tibia – della serie TV de I Racconti della Cripta – e anche quello di Chucky, la bambola assassina. Yagher appare brevemente anche in Morte a 33 giri; è il cantante/chitarrista della band che suona al ballo scolastico per Halloween e che viene efficacemente disintegrato da Sammi Curr. Abbastanza discreta, infine, è la colonna sonora affidata ai Fastway, band hard rock senza infamia né lode composta da “Fast” Eddie Clarke, ex chitarrista dei Motörhead e da Pete Way, ex UFO. Il povero Tony Fields morirà invece a soli 36 anni nel 1995, causa complicanze dovute all’insorgere del virus dell’HIV. Morte a 33 giri resta un film da rivedere nella più totale spensieratezza, all’insegna del connubio perfetto che presenta: quello tra horror anni Ottanta ed heavy metal anni Ottanta. È dunque ora di ripristinare il videoregistratore.