Essi vivono
1988
Essi vivono è un film del, diretto da John Carpenter
In Essi vivono loro sono in mezzo a noi. Si sono mischiati, si sono confusi, si sono amalgamati. Ma loro chi sono? Dopo anni di fantascorpacciate cinematografico-letterarie dovremmo ormai saperlo, anzi dovremmo essere noi a mischiarci tra loro, confonderli e prendercene gioco con le “migliori intenzioni”. Loro possono essere tutto, sono un simbolo di corruzione, di alterazione, sono il virus che utilizza il dna del pianeta, preparano la propria sopravvivenza in un ambiente estraneo e (teoricamente) ostile. Come si riconoscono? Come si combattono? L’invisibilità-visibilità di un nemico (Politica? Religione? Economia?) di cui non si sospetta l’esistenza o la pericolosità è l’incubo alieno globale di questo film di John Carpenter d’annata, mutuato da un racconto di Ray Nelson, Eight O’Clock in the Morning, incubo che ricade tutto sulle spalle di un giovane ragazzone operaio (il grande Roddy Piper) che trova casualmente il filtro per la verità su di un mondo finalmente su larga scala ed orwellianamente governato da un Grande Fratello alieno invisibile e subliminalmente organizzato secondo comandamenti che si trovano dappertutto, nella pubblicità, sulla stampa, su tutti gli oggetti di uso comune.
È l’inquietudine di un qualcosa che potrebbe già esistere, questa concretezza di visibile-invisibilità, anormale-normalità che ossessiona tutto il cinema di Carpenter. Quant’è profonda la ferita della società umana? Quant’è potente questo “villaggio dei dannati” che ci protegge e ci guida? “Sono liberi imprenditori, la Terra è il loro terzo mondo”, Carpenter identifica la politica aliena con il liberalismo economico reaganiano, selvaggio e volto all’arricchimento forsennato, esagerando forse nella semplificazione del problema e nella scelta della metafora e dei simboli; i “buoni” sono definiti dagli alieni “terroristi”, coloro che “sanno” si riuniscono come se fossero partigiani o rivoluzionari, la televisione è simbolo di dipendenza (può sembrare strano, ma non sempre è così).
L’antiamericanismo è evidente, ma Carpenter commette forse lo stesso errore di quegli umani (le élites politico-finanziarie) che hanno scelto di sottostare all’occupazione aliena per mantenere una situazione di relativa vivibilità su di un pianeta ormai perduto e cioè la comodità dello schieramento, della condanna totale verso un sistema che totalmente condannabile non è, se si vuol essere obiettivi, la comodità della condanna del “mezzo” anziché del “modo”. Ma Carpenter è così, spietato e sferzante: solamente chi è cieco può vedere nella realtà delle cose, è l’indolenza che genera i mostri. Grande finale: «Qualcosa non va, piccolina?».