Fargo – Stagione 2
2015
Fargo – Stagione 2 è una serie tv del 2015, ideata da Noah Hawley.
Intensa. Visionaria. Mai banale. Non era facile produrre una serie che nasceva come seguito di una prima stagione quasi perfetta. Eppure il regista Noah Hawley, con la benedizione dei fratelli Cohen, ci è riuscito, e ne è venuto fuori un capolavoro di sceneggiatura e recitazione che se non supera, eguaglia di certo la serie precedente, attraverso scelte precise (come l’uso sistematico dello split screen) e coraggiosi cambiamenti: ad esempio, il passaggio dall’eroe protagonista Lorne Malvo della prima stagione alla coralità di azione degli attuali personaggi, che agiscono nei vari ambiti dell’intreccio e che si contraddistinguono ciascuno per il modo diverso di comunicare all’interno di esso. E tutti i personaggi di Fargo – Stagione 2 sono così ben interpretati che appare chiaro quanto la scelta degli attori sia stata frutto di selezioni ben mirate. E lo stesso dicasi per i temi presenti nella rappresentazione del pazzo mondo che li circonda, gli Stai Uniti del 1979, un posto in cui l’apparizione di un UFO (ne abbiamo una per ogni episodio) è accolta con grande normalità, quasi con indifferenza, anche se la loro presenza conferisce alla scena sempre una connotazione di sacralità. E dove la lotta per l’emancipazione femminile, la questione indiana e il fantasma della guerra del Vietnam sono presenti e vivi in tanti aspetti della vita sociale in maniera tangibile. Tutti sono reduci dal lungo conflitto, dal poliziotto all’indiano riciclatosi braccio destro del boss della malavita, e nessuna donna , che sia la donna del gangster o la moglie di un piccolo macellaio di provincia, ha più voglia di riconoscere l’autorità maschile, né in famiglia né nel lavoro.
Sullo sfondo risuonano spesso echi “camusiani”, una giovane lettrice (personaggio secondario ma mai insignificante) troverà più di un’occasione per citare brani tratti da Le fatiche di Sisifo di Camus, in cui la vita è considerata inutile in ogni suo sforzo, data la sua inevitabile conclusione nella morte. Il riferimento a Sisifo, personaggio mitologico che ricordiamo nell’eterno gesto di spingere con forza sovrumana un gigantesco masso, non è casuale. Anche il protagonista Lou , poliziotto senza macchia e senza paura,spinge ogni giorno un carico notevole, al lavoro e in famiglia: la moglie combatte contro il cancro (nuovo fantasma della società) con cure sperimentali, e lui si barcamena tra questi due mondi stoicamente. Le scene della loro vita familiare, di cui fanno parte anche la figlia e il nonno poliziotto, padre di lei, offrono spunti per il sentimento che riesce a far breccia con dignità e delicatezza in un panorama dove prevalgono violenza (potremmo scrivere un saggio sull’arte del sangue in questa serie) e sarcasmo. Gli spettatori più attenti capiranno presto che Lou è il poliziotto in pensione interpretato da Keith Carradine nella prima stagione, dove era gestore di un ristorante. Patrick Wilson (immenso) interpreta in Fargo – Stagione 2 lo stesso personaggio, solo 29 anni più giovane, quando era ancora un difensore della legge. La figura di Lou costituisce l’anello di congiunzione tra la due stagioni: proprio lui aveva raccontato a Lorne Malvo della sua ultima fatica da poliziotto, il Massacro di Sioux Falls, che era stato così brutale da fargli prendere la decisione di andare in pensione; e proprio lo stesso avvenimento è ora al centro della stagione 2 ,dove rappresenta una sorta di prequel proprio nel primo episodio. E cosi è anche subito chiaro che la bambina della seconda stagione altri non è che Molly Solverson, l’impegnatissima poliziotta della stagione 1.
Anche la coppia del macellaio e di sua moglie (grandiosa Kirsten Dunst, bellissima nei suoi outfit anni 70) oscilla tra l’estremo cinismo e momenti di sensibilità , anche se in forma molto singolare ma con spunti riflessivi che partendo da un apparente assurdo conducono, con gran sorpresa, a considerazioni filosofiche di un certo spessore. La coppia è un esemplare ineguagliabile della mostruosità del normale. E se qualche volta il tutto sembra diventare quasi troppo artistico, così da togliere spazio al racconto in generale, è valsa la pena correre questo rischio. Ciascun episodio, infatti, possiede una sua autonomia e dei propri espedienti narrativi così da sembrare un quadro all’interno del grande arazzo, un film di 10 ore, che Hawley ha creato. In un’ epoca in cui la tv generalista mortifica lo spettatore con fiction imbarazzanti e soporifere, recitate (recitate?) in maniera insulsa, in un periodo di morte cerebrale del genere per quanto riguarda il mainstream, salutiamo l’avvento di opere come Fargo – Stagione 2 con gratitudine e sincero entusiasmo. E parafrasando il testo di California Dreaming, le cui note accompagnano una delle ultime scene della serie diciamo: “Fargo dreaming, on such a winter’s day”.