Gli uccelli
1963
Gli uccelli è un film del 1963, diretto da Alfred Hitchcock
La casa è circondata dagli uccelli. L’intero villaggio è in loro possesso. La macchina avanza lentamente, attraversandolo sotto un cielo cupo e incombente. Tutt’intorno uno scenario apocalittico: automobili rovesciate, spazzatura, cadaveri. Di fronte a una casa il corpo senza vita di un uomo che imbraccia un fucile. Le strade che conducono via dal paese sono strette e contorte. La macchina fatica a prendere velocità. Dall’interno i suoi occupanti osservano, sfiniti e preoccupati, il paesaggio circostante. Gli uccelli sono ovunque, in attesa, pronti a sferrare l’ultimo attacco. E infatti si avventano sulla macchina, ne perforano la capotta con il becco e poi la strappano via in un colpo solo. Il cielo intero è coperto di uccelli. L’uomo calca il pedale sull’acceleratore, in un ultimo disperato tentativo di salvezza. Adesso la strada corre dritta e veloce, il brulicante inferno è alle spalle. Ancora una curva, San Francisco è vicina. Al di là del Golden Gate. Ma dietro il dosso una visione tremenda li attende: il ponte è coperto di uccelli… Ecco come doveva finire il film di Hitchcock. Ora come ora nemmeno finisce: nel vero senso della parola, dal momento che la scritta “the end” non compare in coda alla pellicola.
Tanto che quando Evan Hunter (Ed McBain, quello dei gialli dell’87° distretto) vide il film completo per la prima volta, rimase sorpreso di fronte alla mancata trasposizione dell’ultima parte della sua sceneggiatura. Ma ricoprire per intero di volatili (veri o artificiali che fossero) il ponte che attraversa la Frisco Bay sarebbe costato un patrimonio e avrebbe causato un impensabile prolungamento nei tempi delle riprese. Certo che si trattava davvero di un’idea geniale, in anticipo di decenni su Romero e Fulci. E pensare che in un primo momento gli uccelli nel film non si dovevano nemmeno vedere… Già, perché questa era l’idea che aveva in mente Richard Matheson, cui spettava in origine l’adattamento del racconto di Daphne du Maurier. Ma Alfred Hitchcock la pensava in maniera diametralmente opposta e silurò lo sceneggiatore prima che avesse il tempo di scrivere una sola riga. Gli uccelli era un pallino del regista già da diversi anni, almeno dai tempi di Intrigo internazionale, quando aveva in mente di trasformarlo in uno dei tanti episodi macabri che componevano la serie televisiva Alfred Hitchcock Presents. Furono gli sviluppi avvenuti nel campo degli effetti speciali a cavallo tra ’50 e ’60 a convincere il Maestro che la trasposizione cinematografica era un’impresa possibile.
Il film che ne viene fuori è straordinario: sbagliano coloro che non lo considerano uno dei vertici assoluti della filmografia del regista inglese. Le opere dei primi anni ’60 portano avanti le tematiche dei film migliori del decennio precedente esasperandole sia a livello contenutistico che formale: Psycho, Marnie e Gli uccelli sono film sperimentali e compongono un trittico di fondamentale importanza per lo sviluppo del cinema giallo e orrorifico a venire. E proprio l’ultimo dei tre è centrale per comprendere la transizione tra vecchio e nuovo cinema di paura: è in questo film che ha luogo in maniera perentoria l’attualizzazione dell’orrore, un orrore che invade le strade e le case, non più contenibile all’interno delle magioni vittoriane della Hammer e dei manieri di Corman, per una lezione che sarà appresa da Romero un quinquennio più tardi. L’amore di Hitch per il cinema muto, per un cinema “puro”, in grado di fare a meno della parola per delegare tutto il potere alle immagini è palese ne Gli uccelli: niente musica, intere sequenze girate senza dialoghi e richiami all’espressionismo perfettamente in tono con il contesto apocalittico. Capolavoro.