L’uomo invisibile
2020
L’uomo invisibile è un film del 2020, diretto da Leigh Whannell
Il genere racconta la realtà, il genere spiega quando la realtà non ci consente ancora di capire. Probabilmente perché solo attraverso l’evasione verso un mondo altro siamo capaci di discernere il nostro. E L’uomo invisibile è sempre stato un’eccellente e meravigliosa evasione, dal libro di Wells al film di Whale. La domanda era posta per assurdo, ma la risposta aveva implicazioni molto più sensate: “Cosa faremmo se fossimo capaci di essere invisibili?”. Bypassando l’ovvio voyeurismo, ne trarremmo vantaggio per conquistare una posizione di potere: conoscere segreti, seguire persone, anche far loro del male senza essere visti. Non c’è dunque appello, l’invisibilità è un ottimo strumento del Male, come appunto testimonia anche l’Unico Anello di Tolkien. L’ex compagno di marachelle di James Wan, Leigh Whannell, ha creato un nuovo Uomo Invisibile, perfettamente adattato a tematiche apparentemente odierne, vista l’attuale attenzione mediatica, ma che in realtà sono vecchie come il mondo. Potrà sembrare anche figlio dell’opportunismo e delle mode mediatiche, ma L’uomo invisibile sa raccontare. Cecilia è da poco riuscita a scappare da Adrian, il suo fidanzato psicologicamente e fisicamente abusivo, quando viene a sapere del suo suicidio. Con sua sorpresa, scoprirà di aver ereditato da lui una grossa somma.
Apparentemente in grado di riprendersi la propria vita, Cecilia continua tuttavia a dubitare della morte di Adrian e degli strani avvenimenti cominceranno a convincerla che il suo ex sia riuscito a trovare il modo di controllarla senza poter essere visto. La vera forza di questo film sta probabilmente nel modo approfondito di approcciarsi al tema, sottolineando il condizionamento che una vittima può subire anche quando il persecutore non è più vicino fisicamente. Più immediato, ma non per questo più banale, la riproposizione del mito di Cassandra: la denuncia di un pericolo che non viene presa sul serio da chi dovrebbe aiutare e proteggere. Infine i subdoli meccanismi che il partner instabile usa: creare il vuoto attorno alla vittima, sfruttare appieno tutte le sue fragilità e, cosa davvero impressionante, far passare la vittima per quella instabile. Il controllo, il dominio sull’altro, attraverso una scoperta scientifica che permette di dominare il mondo intero: il singolo come metafora del tutto.
Cecilia è un personaggio complesso come la realtà e Elisabeth Moss è una delle poche attrici capaci di mostrarne tutte le sfumature: solo essere riusciti ad averla per questo ruolo è stato un primo importante passo verso il successo. Ma L’uomo invisibile è anche un esame superato per Leigh Whannell, di cui già conoscevamo le capacità di sceneggiatore e che adesso ha evidentemente trovato uno stile registico ben delineato. Inutile dire che Upgrade è stato decisivo in questo percorso di formazione, così come l’essersi emancipato da un horror troppo classico che evidentemente poco si confà alla sua idea di cinema. Ecco dunque ricomparire, in questo patchwork di generi che prendono a turno il timone, dei piani sequenza action molto coinvolgenti e dinamici, inquadrature fisse (oggi davvero poco usate) dove personaggi e scenografia possono esprimere e raccontare, senza dimenticare la cara vecchia suspense per cui paghiamo il biglietto. Unico difetto è la prevedibilità dei colpi di scena, telefonati anche se coerenti e quindi non troppo rilevanti per ciò che questo reboot vuole trasmettere allo spettatore; soprattutto perché, altro aspetto non da poco, molti potenziali buchi di sceneggiatura hanno la loro pronta spiegazione.