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Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menéndez

2024
Titolo Originale:
Monsters: The Lyle and Erik Menendez Story
CAST:
Cooper Kosh (Eric)
Nicholas Alexander Chavez (Lyle)
Javier Bardem (Josè)

Il nostro giudizio

Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menéndez è una serie del 2024, creata da Ryan Murphy e Ian Brennan.

 ‘Cruelty is the opposite of love,’ said Patrick, ‘not just some inarticulate version of it.’
Edward St. Aubyn, The Patrick Melrose Novels

C’è tutta una letteratura dedicata a criminali che diventano grazie – o per colpa – dei mass media dei veri idols per un pubblico affamato di True Crime. La serialità televisiva non fa distinzione, men che meno Ryan Murphy che alla seconda stagione di Monsters, lasciatosi alle spalle l’ottimo capitolo su Jeffrey Dahmer, si concentra sul caso dei fratelli Lyle ed Erik Menendez (21 e 18 anni) accusati di avere ucciso i genitori, a colpi di fucile, la sera del 20 agosto del 1989. Ciò che manca sia nella letteratura come nella serialità sono opere che parlino di pedofilia e incesto. Certo, ci sono le bellissime comete che ogni tanto attraversano le nostre librerie o i nostri schermi: dal manga capolavoro Il poema del vento e degli alberi alla saga scritta da Edward St. Aubyn e diventata la miniserie Patrick Melrose, passando al film tv Stuart: A life backwards che racconta del senzatetto Stuart (Tom Hardy), residuo e risultato della cultura della pedofilia che va spesso a braccetto con l’incesto. 

Se ne parla poco e male, e quando si prova a parlarne super partes (anche noi di Nocturno abbiamo ricevuto polemiche pubblicando il dossier sulla pedofilia) il pubblico diventa negazionista preferendo focalizzarsi su altro. E magari, chissà, è più facile e rassicurante ritenere due ragazzi bianchi cis etero privilegiati colpevoli di omicidio per pura venalità (roba che Pietro Maso è Topolino) che credere un padre capace di violare i propri figli. Josè Menendez (un grande Javier Bardem) sembra ricalcare fedelmente la stessa filosofia di Roger St. Aubyn (Hugo Weaving in Patrick Melrose) e della filosofia greca: educare al dolore, dolore inflitto da un padre a un figlio, creando quella ferita originaria da cui si originerà (reiterando quello stesso abuso centinaia di volte) un callo resistente alle ferite del mondo esterno.
Un modo terrificante e malato di proteggere la propria progenie dai dolori che il prossimo può infierire, vero? Nove episodi di verità celate e bugie indotte, ma con tutta la maniacalità di cui è capace Ryan Murphy. Benché i primi episodi sembrino degli inserti posticci fiction di alcuni documentari true crime arriviamo, fortunatamente, all’acme di scrittura, regia e recitazione nell’episodio L’uomo ferito: dove c’è un piano sequenza di 33 minuti dove Erik (Cooper Kosh) tiene su di sé il carico della storia come del resoconto straziante degli abusi subiti. La storia di Lyle (Nicholas Alexander Chavez) ed Erik si concentra ben poco sui due processi (mostrando quanto sia volubile il pubblico americano), ma si diverte a sviscerare le dinamiche famigliari in quella che è a tutti gli effetti una partita di doppio nel tennis (sport amato dalla famiglia) il cui unico risultato certo è il massacro. 

Kitty (Chloe Sevigny) è l’emblema della madre e donna succube impasticcata quanto alcolizzata, che si dimostra sia nella versione della difesa quanto quella dell’accusa come una donna priva di empatia nei confronti dei figli. Josè è l’incarnazione del sogno americano, dell’immigrato che ce l’ha fatta con tutti gli angoli oscuri che quello stesso sogno si trascina dietro. In questa stagione abbiamo tutto: dalle faide generazionali al rapporto disfunzionale padri e figli, dalla sessualità repressa all’importanza dei media e di come – so che è attribuita a Camus ma non ne sono certa – “la finzione è la menzogna attraverso la quale diciamo la verità”.
Come ha scritto Emanuele Di Nicola nella sua riflessione, la storia di Lyle ed Erik Menendez rimane piena di misteri: Ian Brennan e Murphy si divertono fino all’ultima scena, portandoci a empatizzare prima coi fratelli e poi con quei genitori disfunzionali, che a modo loro, si preoccupano per due figli viziati. La riapertura del caso nel 2023 potrebbe concludersi con un habeas corpus? Le accuse di Roy Rosselló, ex membro dei Menudo, a Josè Menendez, insieme a questa serie, al nuovo documentario in arrivo su Netflix il 7 ottobre e il ritrovamento di una lettera di Erik – mai presentata ai processi – al cugino, potrebbero portare i due fratelli in libertà e noi davanti a uno dei più gravi casi di errore giudiziario della storia. Dicevamo, non c’è nessun segreto, i coniugi Menendez sono stati uccisi dai figli, ma il mistero rimane, e quel mistero non è altro che l’oscurità insondabile dell’animo umano che lo accettiate oppure no.