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Mr. McMahon

2024
REGIA:
Chris Smith
CAST:
Vince McMahon (sé stesso)
Hulk Hogan (sé stesso)
Dwayne “The Rock” Johnson (sé stesso)

Il nostro giudizio

Mr. McMahon è una mini-serie documentaria del 2024, diretta da Chris Smith

Quando termina la finzione, la realtà se ne porta dietro un pezzo. In poche parole, il non-reale non esiste veramente. E se dovessimo cercare qualcosa che più ha portato dibattito, spesso in maniera approssimativa, sul significato di “finto”, non si troverebbe niente di più calzante del wrestling. La fiction (rimanendo in tema) ci ha consegnato prima The Wrestler e poi, in tempi recentissimi, The Iron Claw, quest’ultimo basato su fatti veramente e tragicamente accaduti. Entrambi hanno rappresentato una più che onesta guida all’interno di uno sport, movimento o forma d’intrattenimento dai tantissimi coni d’ombra. Ma nel loro essere appunto ricostruzioni sceniche potevano solo rappresentare un’idea di fondo e non il fenomeno stesso. Per questo è arrivata, con tempistiche non casuali seppur involontarie, la mini-serie doc Mr. McMahon. Un viaggio nel tempo attorno alla figura che più di chiunque altra ha reso il wrestling un oggetto di culto, un vero spettacolo globale per le masse. Ossia Vincent Kennedy McMahon, il mad genius di una storia che parla di potere, trionfi, cadute, risalite. Ma anche di sesso, droga e morte.

Dagli anni Ottanta ai giorni nostri, McMahon ha creato icone (Hulk Hogan e Dwayne “The Rock” Johnson su tutti) e un nuovo modo di fare televisione. Ha soprattutto saputo giocare con le mode, la cultura e la Storia, cambiando sempre in base ad esse. Il tutto con un solo diktat: vincere ad ogni costo. La serie parte dalle sue umili origini, dalle violenze subite dal patrigno e dal rapporto recuperato con il padre biologico, producer che lo farà entrare nello show business per poi lasciargli le redini. Da qui il successo della World Wrestling Federation, cui seguiranno diversi momenti di crisi di varia natura e nuovi trionfi. Vince, seduto davanti alla telecamera, racconta questa storia con semplicità e cinismo. Appare come si descrive: un uomo diverso dagli altri in tutto, nelle relazioni come negli affari. E la serie non ci mette poco a mostrarne le contraddizioni e anche qualcosa di molto più oscuro. McMahon è come lo sport-spettacolo che ha reso celebre: machiavellico nel suo essere sempre con la testa alla prossima mossa. Nelle sue dichiarazioni, così come in quelle degli atleti che hanno lavorato per lui e dei giornalisti che hanno avuto a che fare con lui, il confine tra realtà e finzione si mescola in continuazione. Anche perché, più che l’uomo di affari, la memoria collettiva guarda al personaggio che lui stesso ha deciso di portare in scena ed incarnare nei suoi show nella seconda metà degli anni Novanta: il dispotico, egomaniacale, perverso e ricattatore Mr. McMahon.

Una finzione ben congegnata o la realtà portata sullo schermo? Questo è il dilemma che il documentario di Chris Smith tenta di risolvere, non nascondendo le proprie conclusioni. Dallo scandalo degli steroidi alle tragiche morti di Owen Hart e Chris Benoit, avvenimenti che coprono praticamente vent’anni, Vince emerge sempre vincitore e mai colpevole. Fino, appunto, all’oggi con lo scandalo sessuale che lo ha infine costretto a cedere le redini della sua compagnia e che ha sconvolto il piano di lavorazione della serie stessa. Imprevisto o provvidenza dal cielo, comunque il cerchio si chiude di nuovo. Un personaggio che aderisce alla persona, capace di portare in scena la sua stessa famiglia per raccontare i continui tradimenti alla moglie, la scarsa fiducia nei figli e un rapporto con gli altri (soprattutto con le donne) basato esclusivamente sul potere e sulla sottomissione. Un esempio di villain (o detto in gergo heel) praticamente senza precedenti.