The Crow – Il Corvo
2024
The Crow – Il Corvo è un film del 2024, diretto da Rupert Sanders.
Diciamoci la verità trent’anni dopo: Il corvo del 1994, regia Alex Proyas, protagonista e mito bipede Brandon Lee, non era certo un capolavoro. È stato un grande cult, ovvio, per la generazione al giro di millennio che si rivedeva nella darkness dell’eroe maledetto, in un’epoca – forse – più semplice dell’attuale, nel senso che il binomio Amore & Morte poteva ancora reggere la partita e farla franca. Poi le cose cinecomiche sono diventate più complicate, hanno fatto un cinema a sé, fino ad arrivare alla gemmazione dei multiversi di oggi. Intendiamoci: non voglio dire che Il corvo fosse un “brutto film”, anzi continua indubbiamente ad avere le sue cartucce, da una parte la mano di Proyas che sa cos’è una regia, dall’altra il fascino obliquo di Brandon Lee che cercava il ruolo della vita per slegarsi dal padre Bruce e trovò invece la strada verso l’Ignoto. Ma quanto, il fascino, fu dovuto all’interpretazione effettiva – con grandi costumi e make-up – e quanto la mitografia della sua figura si costruì a posteriori conoscendone già la morte all’uscita in sala nel maggio ’94? Un mese prima si era ucciso Kurt Cobain… Del resto nel cinema anche la dipartita, come fu per James Dean, contribuisce alla costruzione della leggenda. Tutto ciò per arrivare alla “necessità” di reinscenare la storia nel 2024: The Crow – Il Corvo di Rupert Sanders non è però il remake del film di Proyas, bensì un’altra versione della graphic novel di James O’Barr. Arriva al cinema il 28 agosto distribuito da Eagle Pictures.
Il nuovo protagonista è Bill Skarsgård nel ruolo di Eric Draven, la sua Shelly diventa FKA twigst, mentre il villain mefistofelico ha il volto di Danny Huston. L’intreccio è naturalmente simile, ma ricucito sul nostro tempo: Eric è un ragazzo in difficoltà, traumatizzato da un’adolescenza terribile, che finisce in un istituto. Qui incontra la nera Shelly ed è l’unione degli outsider, è subito amore e fuggono insieme. Il loro idillio fatto di sesso, alcool e droga ha la data di scadenza; alcuni figuri vengono a cercare Shelly, dal passato oscuro, e massacrano la coppia senza pietà. A questo punto sorge il congegno su cui si basa Il corvo: Eric si sveglia in una sorta di aldilà, sotto forma di ferrovia fatiscente su cui volano i pennuti, dominato dalla figura psicopompica di Sami Bouajila che spiega le regole del gioco. Il corvo è il tramite tra questo mondo e l’altra dimensione, come noto, ed Eric sarà rinviato alla vita per compiere la sua vendetta che potrebbe resuscitare la donna, basta che mantenga “un amore puro”. In soldoni, partendo dal simbolo poeiano del volatile, si sfocia in un intreccio tra Orfeo e Euridice e il più classico revenge, con Eric che muta anche fisicamente sino a trasformarsi nell’antieroe maledetto e immortale. Alla base della nuova versione resta lo stesso limite di scrittura che segna la fonte, ossia una semplicità dei sentimenti che punta sull’archetipo, eros e thanatos, ma arriva a noi abbastanza superata dalla complessità del presente. Il problema però sta nell’impostazione generale che si riversa nella regia di Sanders: figlio della più sfacciata estetica videoclippara odierna, che già debordava in Biancaneve e il cacciatore, dai titoli di testa organizza un montaggio iper-veloce che non diventa mai sincopato, una successione di fotogrammi che vorrebbe significativi ma sono solo un bombing per lo sguardo. Per capirci, volgarizza i titoli di testa di Millennium – Uomini che odiano le donne di Fincher.
Dopo l’inizio sintomatico è chiaro il sentiero intrapreso: da una parte l’intreccio prova strategicamente ad aggiornarsi, fra traumi e bullismo, instabilità mentale, violenza contro le donne, insomma squaderna i “problemi di oggi” senza crederci troppo; dall’altra si impegna a costruire un nuovo maledettismo applicato a Skarsgård, che risulta evidente in ogni sequenza, primo piano, dettaglio del muscolo. E quindi non ci riesce. Perché se vuoi farmi intendere una cosa a tutti i costi, io la respingo e te la rimando indietro. Sono curioso di vedere come andrà in sala, ma a naso non credo che il nuovo corvo riuscirà a conquistare la Generazione Z. Ovviamente, approcciandosi a The Crow molti fan andranno a cercare – legittimo – assonanze e differenze col primo film, diranno dell’intoccabilità di Brandon Lee, ma non è il punto. Il nocciolo sta nelle possibilità narrative che vengono accuratamente evitate, come la sequenza prefinale della strage al Teatro dell’Opera, sbrigata in un montaggio alternato mattanza-balletto piuttosto banale. Quanto al sangue, che il regista si vanta di versare copiosamente, è senz’altro vero ma sconta l’artificiosità del digitale; per dirne una, con gli effetti prostetici di The Well ancora nell’iride difficile meravigliarsi del sangue finto sparso dal Corvo. Grossi dubbi poi sul cattivo incarnato in Danny Huston che profuma di miscasting, e quando “mormora” all’orecchio delle vittime inducendole al suicidio sfiora il ridicolo involontario. In coda, a Bill Skarsgård va riconosciuto l’onore delle armi: è abbastanza bravo, si impegna e regge la parte, fa intuire il lungo lavoro che c’è dietro, confermando il suo trasformismo in grado di passare da Pennywise a Eric Draven. Manca ancora un grande film che lo valorizzi. Insomma, quando si sentì parlare per la prima volta di The Crow 2024 il timore era quello di un fallimento annunciato: a volte i pregiudizi sono veri.