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Time Cut

2024
REGIA:
Hannah Macpherson
CAST:
Madison Bailey (Lucy Field)
Antonia Gentry (Summer Field)
Michael Shanks (Gil)

Il nostro giudizio

Time Cut è un film del 2024, diretto da Hannah MacPherson

La nostalgia è una brutta bestia, vero? Quando pensi di essertela finalmente lasciata alle spalle, zac, rieccola pronta a pugnalarti a tradimento; riaprendo vecchie ferite che ormai si pensavano belle che rimarginate. Se tuttavia ciascuna delle gloriose decadi del turbolento Ventesimo secolo ha da tempo ricevuto, chi più e chi meno, la propria nostalgica consacrazione audiovisiva, sono proprio quei tardivi millennials, nati e soprattutto cresciuti a cavallo del tanto profetizzato e mai avvenuto Y2K Bug, coloro che faticano ancora parecchio a veder rappresentanti i propri modelli, la propria cultura e soprattutto le proprie paure su grande e piccolo schermo. Ed è forse proprio per questo che, lungi dal riuscire – e, a ben vedere, anche dal voler – far minimamente paura, un filmetto come Time Cut trova la propria unica risibile ragion d’essere in quanto ruffiana memorabilia di un’epoca in cui la filosofia protosocial di MySpace, la follia anarchica di American Psycho, le querelles musicali fra Britney Spears e Mariah Carey, la coloratissima fast fashion targata Disney Channel e il terroristico spettro dell’11 settembre muovevano gli animi di una generazione il cui immaginario sarebbe rimasto per sempre impresso sulla superfice di un dvd o fra le scarne playlist di un primordiale lettore mp3.

Forte, dunque, del modestissimo sostegno offertole dal rinnovato sodalizio fra ACE Entertainment e Netflix – già culo e camicia attorno all’ottimo successo di un’ennesima nostalgica operazione di genere come la mini saga di Fear Street – e di una furbissima quanto, stavolta, non particolarmente esaltante sceneggiatura firmata da quel Michael Kennedy a cui si devono i divertenti reimagining di Freaky e It’s a Wonderfull Knife, la giovane Hannah MacPherson confeziona con Time Cut un loffio teen horror in insipida salsa sci-fi che, proprio come l’ancora caldo e fumante Totally Killer di neanche un annetto fa, si premura di acchiappare di peso l’ormai cultissimo pretesto alla base di un’icona pop come Ritorno al futuro per darlo svogliatamente in pasto agli appetiti tutt’altro che veraci di uno slasher che, a differenza della sopracitata (e già non particolarmente sanguigna) opera di Nahnatchka Khan si rivela un puro e semplice MacGuffin attraverso cui strappare lacrime, sorrisi e qualche nerdissimo orgasmo alla più attempata GenY. Al centro di tutto abbiamo infatti la molto fanta e decisamente poco scientifica avventura di Lucy (Madison Bailey), nata e cresciuta in quella marittima Sweetly un tempo considerata “La Capitale Mondiale della Felicità” prima che, in quel tragico 18 aprile di vent’anni addietro, un misterioso serial killer mascherato si portasse via la giovane vita e le altrettanto imberbi speranze di quattro poveri ragazzi, compresa la di lei mai conosciuta sorellona Summer (Antonia Gentry).

Vissuta in una famiglia e in un’ormai decadente borgo perennemente in lutto, la nostra triste eroina entrerà casualmente in contatto con una misteriosa macchina del tempo che, guarda un po’, la catapulterà dritta dritta in quel glitterato 2003 sul quale, di lì a poco, si abbatterà la risaputa tragica mattanza; ponendola dunque dinnanzi ad un insidioso dilemma: lasciare che il già noto destino faccia il proprio corso oppure, servendosi dell’aiuto del giovane Actor (Griffin Gluck), impedire al Cupo Mietitore di portare a termine i propri mortiferi giochini, col rischio d’incasinare irrimediabilmente il continuum spaziotemporale? Per chi ancora conserva il ricordo di un piccolo gioiellino come Detention – Terrore al liceo, oltre a numerose ed inquietanti analogie con il profondo tessuto di Time Cut non sarà certo sfuggita la constatazione di come l’anarchica operetta di Joseph Kahn fosse a suo tempo riuscita a maneggiare con ben altra (e alta) forza tanto la componente fanta-orrorifica quanto la nostalgica rivivificazione di quei folli anni Duemila nei quali la nuova maldestra creatura targata MacPherson pretende di crogiolarsi senza tuttavia un briciolo di cuore né di coraggio. Un horror senza alcun vero orrore. Uno slasher senza la ben che minima goccia di sangue. Un teen drama indeciso se parlare di morte oppure mostrarla. Un thriller dalla detection parecchio annacquata. Ma soprattutto un film sui viaggi nel tempo che vorrebbe smarcarsi per una volta dai cari vecchi paradossi finendo, soprattutto nel suo epilogo, per apparire ancor più incasinato, improbabile e dunque paradossale di quanto già non fosse. Né carne né pesce, insomma. E allora cosa resta? Piangere, direbbe qualcuno. Ma stavolta, spiace dirlo, le lacrime, così come i brividi, stanno veramente a zero.