Suburra-La Serie
A Venezia la presentazione dell'evento Netflix
Sono pronto a scommettere che quanto ha detto Michele Placido alla presentazione veneziana della nuova fiction tv Suburra, prima serie originale di Netflix italiana, prodotta da Cattleya in collaborazione con Rai Fiction, avverrà puntualmente, dopo la sua uscita sui piccoli schermi il 6 ottobre prossimo. Placido è convinto, infatti, che si troverà in prima linea perché il suo Suburra-La Serie (diretto con Andrea Molaioli e Giuseppe Capotondi) presentato a Venezia e distribuito in 190 Paesi grazie a un network che conta circa 100 milioni di abbonati, sarà “una vera e propria rivoluzione nel mondo tv”. Placido era già finito nel mirino dei moralisti già nel 2010, sempre a Venezia, quando presentò il suo Vallanzasca-Gli Angeli del Male. Oddio, girare un film su un delinquente! Quasi nobilitandolo… Tuonarono molti politici, soprattutto della Lega. Dopo l’uscita di Suburra, a tuonare saranno deputati e senatori un po’ di tutti i partiti, visto che la serie, prequel dell’omonimo film di Stefano Sollima, tratto dal libro di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini, dipinge a tinte fosche un Vaticano corrotto e ricattabile, laddove un porporato rischia di lasciarci le penne durante un’orgia a base di mignotte e cocaina e una Roma alla mercé di gruppi malavitosi collegati al potere politico. Insomma, la realtà. O quasi.
Non affronto nel dettaglio trama e tematiche, per non togliere agli spettatori la dovuta dose di sorpresa. I protagonisti Numero 8 (Alessandro Borghi) Spadino (Giacomo Ferrara) e Lele (Eduardo Valdarnini) intesseranno pericolose e torbide alleanze mentre il revisore dei conti in Vaticano è una Claudia Gerini arrivista e spietata. La co-sceneggiatrice Barbara Petronio ha ricordato i «tanti i riferimenti alla realtà degli ultimi anni: dalle dimissioni del sindaco Ignazio Marino, agli scandali sessuali in Vaticano fino alla commistione tra malavita e amministrazioni nelle sale del Campidoglio. Tuttavia la politica la leggiamo, la studiamo, ne parliamo e prendiamo ispirazione ma la mettiamo al servizio del racconto e ci spaventa come cittadini non come scrittori».
In definitiva, come ha confessato Michele Placido a Chiara Maffioletti, in una bella intervista sul Corsera che val la pena di leggere e citare: tutto questo «succede se quello che dovrebbe essere il motore più alto della politica cede di fronte a interessi personali. Penso a Mafia Capitale: solo Massimo Carminati e Salvatore Buzzi sono stati condannati a pene pesanti, ma se si legge la loro condanna si trovano nomi importanti che hanno coltivato una criminalità diffusa tra i burocrati dell’amministrazione romana. Sono i politici che fanno entrare questi signori nella pubblica amministrazione e affidano loro grossi incarichi. Se sei un sindaco e amministri una città non puoi non accorgertene: sei il primo responsabile e dovresti essere il primo a dimetterti. Invece tutti questi politici non sono stati mai condannati per simili sbagli. E allora cosa stanno lì a fare? Immagine? Questi figuri poi presentati come gangster non sono i soli colpevoli: chi li ha messi lì? Ma alla fine non si cercano spiegazioni, questa è l’Italia…».