Taranto Eco Film Festival
La seconda edizione dal 17 al 21 novembre in città. Ecco il programma
Tutto è pronto per la seconda edizione del Taranto Eco Film Festival (TEFF) che dal 17 al 21 novembre porta nel cuore della città di Taranto, presso il Teatro Fusco, quelle opere cinematografiche che sanno indagare e raccontare le relazioni tra l’uomo e l’ambiente in cui abita, ponendo particolare attenzione alle opere di ricerca e sperimentazione dei nuovi talenti del cinema internazionale e locale. Il festival, diretto da Gemma Lanzo con la collaborazione di Donatello Fumarola, desidera mettere il cinema al centro della formazione culturale, allargando il dibattito a livello internazionale e creando un punto di incontro tra la Puglia e il resto del mondo sulle tematiche sociali, ambientali e politiche.
“Il Festival pone particolare attenzione alle attività di ricerca e di sperimentazione dei nuovi talenti del cinema internazionale contemporaneo. Attraverso il cinema saranno affrontati i temi dei diritti civili, umani e sociali, dell’integrazione, dello sviluppo sostenibile, dei conflitti e della pace, delle relazioni e delle interconnessioni tra uomo e ambiente. Il rapporto tra l’azione dell’uomo e l’ecosistema di cui è parte integrante è alla base della riflessione e della narrativa proposta per il TEFF. Esso infatti si pone l’obiettivo di ispirare e fornire, soprattutto ai giovani, un insieme di strumenti di comprensione e di una più profonda riflessione sulle questioni ambientali e sociali, al fine di incentivare consapevolezza e spirito critico in relazione al ruolo dell’uomo sul pianeta terra. Questo, grazie a suggestioni, conoscenze e riflessioni critiche scaturite proprio dal settore cinematografico”.
Non a caso il festival, ideato e organizzato da Ella APS, trova casa in una delle città storicamente più importanti del Mediterraneo, dall’epoca della Magna Grecia fino al secolo scorso, con un’influenza decisiva sia da un punto di vista culturale sia industriale grazie al suo porto e al suo enorme complesso industriale, tra i più grandi d’Europa per la produzione dell’acciaio e della raffineria degli idrocarburi. Così le riflessioni del festival sui rapporti socio ambientali e politici, sempre più urgenti per la contemporaneità, intercettano e si muovono in sinergia con il Comune di Taranto che anche quest’anno affianca il TEFF nella sua organizzazione e realizzazione, come dichiara il Sindaco Rinaldo Melucci:
“Continuare ad investire in maniera significativa sulla promozione della cultura e dell’arte è per la nostra Amministrazione il miglior modo per raccontare il cambiamento della città. Da anni abbiamo intrapreso un percorso virtuoso che ha come obiettivo il deciso rilancio del territorio, un rilancio che non può prescindere da iniziative capaci non solo di attirare visitatori, ma anche di coinvolgere chi Taranto la vive. Ed il “Taranto Eco Film Festival”, di cui il Comune è co-organizzatore, è fra le dimostrazioni più fedeli di quanto sostengo. Con la suggestiva manifestazione dedicata al cinema d’autore che ci accompagnerà dal 17 al 21 novembre penso che avremo l’ennesima conferma di come, attualmente, sia difficile trovare luoghi con lo stesso “fermento” e la stessa qualità che Taranto sta esprimendo soprattutto a livello culturale ed artistico.”
IL CONCORSO INTERNAZIONALE
Da lunedì 18 novembre il TEFF porterà nel cuore della città tarantina opere che esplorano le dimensioni dell’essere umano in rapporto all’ambiente che lo circonda, uno specchio in cui si riflette il passato e il futuro di intere generazioni, di popoli che hanno visto la propria società trasformarsi sotto i colpi della Storia come raccontano le opere del Concorso Internazionale.
El-shatt – A Blueprint for utopia di Ivan Ramljak è un viaggio straordinario nel cuore del deserto, dove 28.000 croati dalmati evacuati in Egitto dall’Italia prima dell’arrivo dell’esercito tedesco, crearono un modello per la Jugoslavia del dopoguerra: dopo aver lasciato i loro villaggi e attraversato il Mediterraeno, la comunità visse per due anni sotto le tende in mezzo al deserto egiziano in una sorta di villaggio modello comunista che era stato creato per mostrare agli Alleati come sarebbe stata la nuova Jugoslavia alla fine della guerra. Alexandra Gulea racconta in Maia – Portrait with Hands la storia e l’identità del popolo Aromuni, gruppo etnico semi nomade appartenente all’Albania, alla Grecia, alla Bulgaria e alla Romania e che negli anni ha dovuto affrontare casi di pulizia etnica. La regista ricostruisce la storia del suo popolo attraverso il ritratto della nonna Maia che funge da specchio per ricostruire l’identità della regista, ma soprattutto incarna un secolo di storia degli Aromuni, la loro lingua, cultura, il percorso intrapreso da i suoi antenati e dal padre morto per difendere i diritti dei più deboli di fronte alla barbarie nazionalista. Dahomey di Mati Diop (vincitore dell’Orso d’oro all’ultima Berlinale, 2024) racconta il processo di restituzione da parte dei francesi di ventisei opere sottratte durante la colonizzazione di quello che era un tempo il Regno del Dahomey, nell’attuale Benin in Africa occidentale. Fondato intorno al 1600, all’apice della sua potenza, tra XVIII e XIX secolo, vantava, oltre a un ruolo chiave nella tratta degli schiavi verso le Americhe, un notevole patrimonio artistico-architettonico. Durante l’inaugurazione della mostra celebrativa l’università organizza un dibattito in cui diversi giovani si confrontano sul periodo coloniale e la valenza di questa restituzione.