Intervista a Radley Metzger
Eiaculazioni d’autore. Il cinema e l’erotismo secondo Radley Metger, dagli inizi come distributore al mestiere di regista fino al passaggio nell’hard. Milano, 2001
Com’è entrato in contatto con Ava Leighton per fondare la Audubon Films?
Quando ho terminato il mio primo film, Dark Odissey, ho contattato tutti i distributori indipendenti di NY, compresa la Janus, presso cui Ava era general sales manager. Al tempo facevo il montatore e loro avevano bisogno di tecnici per realizzare i trailer dei film. Entrambi però avevamo aspirazioni più grandi e così abbiamo unito le nostre potenzialità per fondare la Audubon.
Qual è il film che ha incassato di più in assoluto tra quelli prodotti e distribuiti da voi?
Carmen Baby. Stando a Variety ha incassato più del Mago di Oz, ma sono dati che vanno presi con le pinze, dal momento che non tengono conto dell’incremento che ha avuto il costo del biglietto nel corso degli anni. Tra quelli distribuiti dalla Audubon I, A Woman è andato molto bene. L’abbiamo completamente rimontato ma è l’unica versione del film ad avere riscosso successo. In questo senso si può dire che Ava abbia rivoluzionato la distribuzione negli Stati Uniti. I, A Woman era il primo film erotico a passare mainstream.
In che modo l’insuccesso economico di Dark Odissey ha influenzato il suo lavoro successivo come regista?
È stato molto difficoltoso sia realizzarlo che cercare di trovare una distribuzione. Quando poi abbiamo comprato un piccolo film francese che aveva delle potenzialità a livello di mercato è stato come se improvvisamente tutte le porte si spalancassero. E se per i film erotici il mercato era piuttosto ristretto, si può dire che non ce n’era affatto per un film come Dark Odissey. Non credo che sarei stato in grado di affrontare un altro insuccesso di tale portata…
Come mai veniva in Europa a girare i suoi film?
Per ragioni economiche, soprattutto. Lo score originale di Dark Odissey era stato registrato a Monaco e mi ero reso conto che il denaro poteva servire molto di più in Europa che negli USA. E per un filmmaker indipendente era più facile avere a disposizione un livello più alto di tecnici. Non ci aiutava a spendere di meno, ma quantomeno realizzavamo film più ricchi. La post-produzione la facevamo a New York – in questo modo ottenevo il meglio da entrambi i continenti…
Mi sembra che nei suoi film lei dedichi maggiore attenzione nel tratteggiare i personaggi femminili piuttosto che quelli maschili, spesso in balia delle donne anche quando sembrano dominarle…
Me ne sono accorto soltanto dopo. Credo che le donne siano un soggetto più interessante e poi rendono il film più accessibile al pubblico femminile. A questo proposito, ricordo di aver detto ad Ava durante le riprese di Misty Beethoven che si trattava di un progetto abbastanza rischioso dal momento che era il mio primo film a essere incentrato su un uomo. Il personaggio di Misty non cambia quanto quello di Dr. Love.
Le ragazze si sentivano a proprio agio nelle scene di sesso? Ha mai avuto problemi con qualche attore/attrice per girare le scene di nudo?
Non ricordo di aver mai avuto problemi con nessuno al riguardo. Stavo sempre molto attento a specificare durante il casting che tipo di scene avrebbe previsto il film, poi dipendeva da quanto un attore era disponibile a fare sul set. Un attore imbarazzato al momento di girare una scena era l’ultima cosa che desideravo.
Il set era ristretto durante le scene di sesso?
Sì, ho sempre preferito lavorare in questo modo, sia perché non mi piaceva avere troppe persone intorno, sia per far sentire più a proprio agio gli attori. A volte lo trasformavo in un espediente: non annunciavo che la scena di sesso era finita e andavo avanti così.
E so che lei preferiva girare personalmente queste scene…
Sì, così non dovevo stare continuamente a chiedere all’operatore: «Che cosa vedi?». In Jugoslavia la figura dell’operatore non esiste, così in Score l’ho fatto io per tutta la durata delle riprese. E ne sono stato felicissimo.
Score è il suo primo film a contenere una scena di sesso esplicito. Come mai si tratta di sesso omosessuale maschile?
Semplicemente perché le due attrici non intendevano spingersi tanto avanti. Comunque si tratta di una scena prevista già nell’opera teatrale da cui ho tratto il film. Solo che a teatro le luci si abbassavano fino a spegnersi del tutto, un po’ come le dissolvenze nei film hollywoodiani in situazioni analoghe…
Ritiene che il suo passaggio all’hard sia in qualche modo un’evoluzione naturale del suo lavoro precedente?
Credo proprio di sì ma non è una cosa sulla quale ho mai sentito il bisogno di riflettere: semplicemente ho continuato a fare quello che facevo prima. Le scene di sesso le avevo sempre fatte, ora erano solo più esplicite. E soprattutto non mi sono mai limitato a metterle in fila una dietro l’altra. Ho continuato a dedicare la stessa attenzione di prima al plot e alla costruzione dei personaggi.
La scena finale di Barbara Broadcast con Jamie Gillis e Constance Money viene da Misty Beethoven. Come mai è stata esclusa da quel film?
Perché non aveva molto a che vedere con il rapporto che avevano i loro personaggi nel film. Inoltre il film stava venendo molto lungo e per questo decidemmo di tagliare un paio di scene di cui potevamo fare a meno.
Cosa ci può dire di Jamie Gillis?
Era un gran professionista e prendeva il proprio lavoro con estrema serietà. Inoltre è un attore molto preparato, ha studiato recitazione, cosa abbastanza rara per un attore hard. Ricordo che quando arrivammo a Roma per girare Misty Beethoven diverse persone gli chiesero un autografo.
Cosa ne pensa dell’attuale industria del porno?
Non la conosco a sufficienza per poter fare un commento, ma ho l’impressione che ci sia stato quasi un ritorno ai filmati degli anni ‘50, con valori produttivi molto bassi.
Ci sono progetti che non ha potuto realizzare o rimasti incompiuti?
Solo la sceneggiatura a cui sto lavorando adesso.