Cinema italiano: ma quale Rivoluzione?
Un'analisi approfondita sull'immobilismo del nostro cinema
Semmai non ve lo ricordaste, la promozione statale Cinema Revolution (film italiani ed europei a 3,50 euro) si è conclusa giovedì 21 settembre. In questi casi è meglio giocare di anticipo, prima di comunicati trionfalistici degli autori e ideatori dell’iniziativa. Vi diranno che la stagione estiva in sala è andata alla grande e che gli incassi dei film italiani sono superiori a quelli dell’estate scorsa. Innanzitutto, possiamo replicare a questi due assunti con la stessa identica risposta: non per merito delle distribuzioni di casa nostra e, quindi, di Cinema Revolution.
In più di tre mesi a dare un’importante quantità di ossigeno alle nostre sale (la pandemia e i suoi effetti si sentono ancora) sono stati i campioni internazionali: Barbie e Oppenheimer in testa, dietro tanti altri tra cui figura anche il secondo capitolo di The Nun, che probabilmente chiuderà il suo passaggio in sala con oltre sei milioni di incasso. Quello che si vuole dire intanto, aldilà dell’ovvio, è che gli spettatori hanno preferito premiare comunque film che hanno pagato a prezzo pieno, piuttosto che farsi ingolosire dai saldi estivi.
Il motivo arriva però a essere indipendente dall’attrattività dei blockbuster americani. Questo perché, a livello di produzioni e co-produzioni italiane, dall’11 giugno al 21 settembre non è uscito niente o quasi. A salvare capra e cavoli, o sarebbe meglio dire a rendere il tutto meno affossante, ci ha pensato Io capitano di Matteo Garrone, uscito solo due settimane fa: triste primato di essere l’unico film italiano a superare il milione. Un altro viene invece portato alle casse dal resto del podio: impressionante, da questo punto di vista, vedere che, in terza posizione, c’è L’ordine del tempo di Liliana Cavani, non proprio la più commerciale nel panorama autoriale.
Il genere dominante di questa estate è, come al solito, la commedia: tanti titoli, tutti flop. A partire ovviamente dall’accoppiata Massimiliano Bruno ed Edoardo Leo, con I peggiori giorni (secondo incasso stagionale). La scarsa promozione del film, già vista lo scorso inverno con il primo capitolo corale dei due, è stata l’ulteriore dimostrazione della poca fiducia nel prodotto, se non per un quasi immediato passaggio sulle piattaforme streaming (Sky e Netflix). Stesso discorso per gran parte delle altre commedie, che portano alle casse un altro milioncino con i vari Il più bel secolo della mia vita, Rido perché ti amo, Lo sposo indeciso, Un matrimonio mostruoso, Cattiva coscienza e Una commedia pericolosa. Tanta roba, poco da ridere visti gli esiti.
Non ci vengano a parlare di industria cinematografica, dunque. Anche perché il discorso si potrebbe pure chiudere qui, se non ci fosse almeno la volontà di guardare alle piccole cose buone. Basti pensare, e qui si entra nel genere o ciò che vi ruota attorno, al comunque buon risultato di Denti da squalo di Davide Gentile (più di 250.000 euro d’incasso) o di Hai mai avuto paura? di Ambra Principato (quasi 150.000 euro nelle prime tre settimane di programmazione). Nell’anno del successo de L’ultima notte di Amore, però, sono questi gli unici passaggi in sala degni di nota, anche perché quest’estate ha visto poi i flop di titoli comunque meritevoli quali Come pecore in mezzo ai lupi di Lyda Patitucci e Black Bits di Alessio Liguori, che continua a non trovare un grande riscontro nel suo paese d’origine nonostante una più che buona considerazione all’estero dei suoi film. A chiudere, le riedizioni al cinema di Profondo Rosso e Cannibal Holocaust, che hanno portato alle sale circa 90.000 euro (di cui 80 sono tutti di Argento).
Finita la festa (del cinema e dei prezzi popolari), si può dunque guardare al resto dell’annata, dove a farla da padrone saranno altri titoli passati da Venezia (Comandante di De Angelis e Adagio di Sollima su tutti) e gli ultimi film dei Me contro Te e del duo Ficarra & Picone. C’è ovviamente la speranza di riuscire (come si dice dalle mie parti) ad asciugare il bucato, lasciando però ancora da parte i panni sporchi. Resta il fatto che, per quest’estate, ci avevano parlato di rivoluzione con tanto anche di pubblicità prima degli spettacoli. Intanto un De Laurentiis si desta dal torpore degli anni e si lancia contro i film italiani, definendoli “molto brutti e mal scritti”. Oggi come oggi, basterebbe che portassero gente al cinema, soprattutto i più giovani. Con Cinema Revolution, abbiamo invece assistito all’immobilismo del nostro cinema, incapace di cavalcare l’onda dei successi internazionali e di proporre qualcosa di minimamente attrattivo. Come si può spiegare un folto numero di spettatori che, letteralmente, ti sputa su un’offerta e decide di voler pagare comunque il doppio o anche il triplo?