
The Monkey
2025
The Monkey è un film del 2025, diretto da Oz Perkins.
Lo diciamo subito: il quinto lungometraggio da regista di Oz Perkins, The Monkey, si risolve in una delusione. Per capire perché e come, opportuno ricostruire la sua storia produttiva: la Black Bear Pictures nel maggio del 2023 diffonde l’annuncio della produzione della nuova versione del racconto di Stephen King, La scimmia, pubblicato per la prima volta nel 1980 e poi contenuto nella raccolta Scheletri. La novella aveva già ricevuto una trasposizione, ossia Il dono del diavolo di Kenneth J. Berton (The Devil’s Gift), 1984, poco conosciuta e quindi appetibile per una seconda volta. Fatte le debite valutazioni, i produttori tra cui James Wan affidano il progetto ad Osgood Perkins, che accetta la commissione: il regista figlio di Anthony Perkins, con l’horror nel sangue fin da bambino (comparve a nove anni in Psycho II), si era già imposto coi primi titoli e aspettava la release di Longlegs, a oggi il film più famoso e celebrato. Quando firma per The Monkey, aveva già realizzato il trittico che lo ha lanciato nella galassia del new horror, ovvero February, Sono la bella creatura che vive in questa casa e Gretel e Hansel, in un crescendo implacabile che ha imposto il suo sguardo. Poi è arrivato Longlegs, appunto, cioè l’apoteosi dell’arty horror: la storia del serial killer satanico di Nicholas Cage inseguito da Maika Monroe tra quadri fissi, piani sequenza, movimenti di macchina lenti e strategici, spazi abbandonati e backrooms che ricordano l’Analog Horror. Cosa hanno visto in Perkins per consegnargli il timone di The Monkey? È il primo dubbio che viene, e non se ne va più, nella visione dei 98 minuti scritti e sceneggiati dall’autore. La storia ricalca l’intreccio del Re, seppure con alcune variazioni: protagonisti sono due fratelli gemelli, Hal e Bill Shelburn (Christian Convery da bambini, Theo James da adulti) che trovano in soffitta un giocattolo d’epoca appartenente al padre, la scimmia che suona il tamburello.
A quel punto si scatena una serie di morti inspiegabili, che sembrano legate al giocattolo, e i due decidono di sbarazzarsene. Dopo un’ellissi che conduce al presente, coi bimbi diventati grandi, col loro rapporto ormai rovinato, il gingillo ovviamente ritorna e con esso gli incidenti più crudeli e spettacolari… Servirà la classica resa dei conti per neutralizzarlo definitivamente, forse. A parte la mera sinossi, il punto della questione è un altro: The Monkey è pensato e costruito come un horror comedy. La definizione americana indica un congegno di cinema di genere, dell’orrore, che però deve fare anche ridere o sorridere con la trovata e l’esagerazione, con la virata nel grottesco e nel bizzarro. Niente di male, ovvio, dato che quel cinema ha storicamente prodotto tanti maestri in quest’arte (uno per tutti: Joe Dante), ma è proprio qui che la stella di Perkins vacilla. Prendiamo l’inizio: siamo a fine anni Novanta, epoca prediletta del regista. Il papà Peter irrompe in un negozio di antiquariato e tenta di distruggere la scimmia, innescando però una reazione a catena che finisce col proprietario sventrato dall’arpione di un fucile. A seguire, dopo il salto temporale i ragazzi trovano la scimmia, caricano la chiave e fanno suonare il tamburo, insomma la innescano: proprio quella sera mentre cenano a un ristorante orientale la babysitter viene accidentalmente decapitata. Già queste morti, l’arpionamento e la testa mozzata, dichiarano il carattere eccessivo e cartoonesco del meccanismo, da qui in poi l’oggetto maledetto colpirà nei modi più svariati e fantasiosi; ma dichiarano anche il sostanziale disagio di Perkins con questo tipo di soluzioni. Bagni di sangue, interiora, arti che rotolano, perfino una ragazza che “scoppia” per la corrente elettrica… Tutto viene depotenziato, solamente esposto, svolto come compitino.
Oz Perkins è ormai regista del “non visto”, in un certo senso, basti pensare a come celava la figura intera di Longlegs nell’incipit di quel film, concedendone solo dopo la visione totale; il dettaglio splatter e l’omicidio rocambolesco non sono le forme horror che preferisce. Lo sguardo migliore è quasi metafisico, come dimostra nel recente passato l’indagine sul lato oscuro della fiaba, oppure su cos’è un fantasma, oppure ancora – inevitabile – sul Male maiuscolo che infesta Longlegs sino ad evocare il diavolo in persona, con quella formula satanico-hitleriana di “Hail Satan”. Tutta un’altra storia è The Monkey, che potrebbe offrire una riflessione sulla vera sostanza del gioco e del suo potere, ma in realtà non lo fa limitandosi alla coreografia della morte. Così la potenza dell’occhio perkinsiano si prova a recuperare solo a tratti: quando, con un paio di inquadrature, si torna alle backrooms dell’analogico, i luoghi vuoti da cui all’improvviso può spuntare un mostro. Oppure nel finale quasi escatologico dove la diffusione del virus omicida sembra condurre a una piccola apocalisse… Ma c’è poco da fare: il comico non si addice a Perkins, ognuno ha il suo registro ed è giusto così. Ah, nel cast c’è anche Elijah Wood nel ruolo di Ted, il nuovo marito dell’ex moglie di Hal: bravo Elijah che continua a frequentare il genere senza pregiudizi. Post scriptum – La critica è al film, non al regista che continuiamo a stimare: lo aspettiamo nel prossimo Keeper in arrivo a fine 2025, che sembra essere un progetto più nelle sue corde.