Riccardo Schicchi
Il siciliano e il libertino
«Ero l’unico maschio in un harem di donne», ha raccontato all’Ansa, al funerale di Riccardo Schicchi, il più noto attore hard Rocco Siffredi ricordando gli esordi. «Avevo 20 anni e a Riccardo Schicchi devo tutto, come a un padre professionale. Per l’Italia della pornografia questo è un grave lutto» ha aggiunto Siffredi spiegando che «non c’è stato nessuno come lui che ha creduto così tanto al made in Italy pornografico, riuscendo a sdoganare tutto il mondo del porno, andando dritto per una strada in cui credeva anche a costo degli insulti dei benpensanti. A me fermavano per la strada per dire “sei un figo, sei un grande!”, a lui sberle e frasi tipo “sei un maiale!”». E sempre l’amico Siffredi lo racconta con un’anima divisa in due: «Il siciliano di paese, gelosissimo delle sue donne e il libertino sfrenato». Ma «nessun politico, neppure il sindaco di Roma Alemanno, era presente al suo funerale».
Un pornografo non merita omaggi, se non dagli stessi pornografi. D’altra parte, ogni storia ha un suo perché. Il perché di questa si chiama comune senso del pudore. E quando si parla di comune senso del pudore, dei modi di interpretarlo, del confine tra erotico e porno, difficilmente non si tira in ballo Riccardo Schicchi. Senza Schicchi e senza le sue provocazioni, probabilmente la pornografia sarebbe rimasta a lungo nel ghetto dei cinemini di periferia: “Attento alla luce rossa, se sei contro non entrare, non è per te” dicevano all’epoca i manifesti. Fuori dal mercato, dentro gli scantinati dove si allestivano i primi sexy shop. Meglio? Peggio? Chissà. È sicuro però che se il cinema hard è diventato un genere fra i generi e il porno merce di consumo, il merito (o la colpa) va anche a questo ex studente di architettura. Poi pittore, fotografo, filmaker. Libertino, soprattutto. Sognatore ma col senso del business. Generoso, riferisce chi lo conosce bene. Il guru del sesso (inteso come intrattenimento), l’inventore e il manager di Cicciolina, Moana, Eva Orlowsky, Ramba, Baby Pozzi, Barbarella, Milli D’Abbraccio, Eva Henger, Petra, Edelweiss, Ramba, Gessica Massaro, Sofia Gucci, Elena Grimaldi, Valentine Demy, Sexy Luna, Mercedes Ambrus, Victoria Monti.
Ma la lista delle sue muse sarebbe lunga. Dive di ieri, di oggi, dell’altro ieri. Dive future, come dal nome della sua celebre agenzia. “La squadra”, come la chiama lui, un harem pieno di nomi celebri anche al di fuori dell’hard. Familiari, in qualche caso, addirittura anche alle casalinghe. Impresario di spettacoli che riempivano posti come il Teatro delle Muse a Roma e scaldavano il Teatrino di Milano. E che attiravano spesso anche la Polizia. Proprio un personaggio, insomma. Capace di portare Ilona Staller in Parlamento con 22.000 preferenze e le pornostar in televisione, nei salotti che contano, in prima fila e in prima serata. Gli uffici di Diva Futura aprirono nel 1983. «Futura perché la perfezione non arrivava mai» scriveva lui nella biografia Oltraggio al pudore (Edizioni Arbor, 1995). «Diva Futura è un modo di essere, uno stile di vita, un’oasi della pace» c’è scritto invece nelle pagine del sito ufficiale. «C’era il Fans Club all’Olgiata che è costato impegno, fatica e moltissimi soldi. L’Olgiata divenne ben presto bersaglio delle denunce, perché era uno spazio dove si poteva andare, spogliarsi, sedersi in un letto rotondo in cui si esibivano le nostre più belle artiste e magari fare anche l’amore». Folle, Schicchi. Anarchico, coraggioso, abile, spregiudicato.È stato capace di portare le pornostar in mezzo alla gente, nelle piazze, nei locali, nei teatri. «
Ricordo con Eva e con Moana una splendida manifestazione a Fontana di Trevi: arrivarono centinaia di persone, non ci consentirono di aprire bocca, ci caricarono mani e piedi e ci portarono via, ci denunciarono per aver regalato mutande». Una delle icone recenti dell’immaginario sexy è Brigitta Bulgari, poi passata nella scuderia Pink’O, biondina di madre ungherese e padre svedese. Schicchi l’aveva presentata al grande pubblico con un improvvisato strip allo stadio di Piacenza durante una partita. Le (sue) star del momento sono Justine, Cheri, Amber, Cindy. «La diva ideale non deve essere solo bella e intelligente. Deve seguire il desiderio del pubblico e dei mass media, farsi portare dal vento come una nuvola, essere disponibile, realizzare le fantasie». Riccardo racconta che adesso tornerà a lavorare anche con Rocco Siffredi. Di sicuro è difficile mettere dei limiti alla creatività e all’intraprendenza imprenditoriale di uno come lui. «È stato l’animatore e il regista di continue provocazioni e trasgressioni che hanno stupito, suscitato interesse e creato polemiche» dice ancora la sua biografia. «È sempre stato in prima linea contro il comune senso del pudore. Sempre oltre il limite fissato dalla morale corrente».
Con tutto quello che ne è conseguito, beghe giudiziarie in primis. «Una volta venne Pannella a tirarci fuori di galera. Non esistono leggi chiare nella politica italiana per quel che riguarda le nostre rappresentazioni». Nel 2005 ha lanciato sul satellite Diva Futura Channel. Le hot line e gli spogliarelli, candid camera, provini, backstage.Anche lezioni di storia dell’arte. «Parliamo di Giotto, Caravaggio, Andy Wharol ma con una particolarità: il critico è affiancato dalla presenza nuda delle nostre ragazze» ha raccontato in un’intervista. «La provocazione riguarda anche la poesia». Come a dire, di fronte all’arte, impara l’hard e mettilo da parte. «Il contenitore, cioè la tecnologia, cambia di continuo: noi non facciamo altro che adeguarci». Nei primi anni Settanta, Schicchi aveva lanciato Ilona Staller a Radio Luna. La biondina era una ragazza ungherese arrivata in Italia per lavorare nel cinema. Aveva posato nuda.Ai microfoni parlava di sesso.Era ironica, maliziosa.Diceva “cicciolina” e “cicciolino” al posto di cazzo e figa. L’eco di quel programma ha fatto il giro del mondo. «E il comune sentimento del pudore ha cominciato a spostarsi un po’ più in là». Nel 1983, Schicchi ha girato un film direttamente per l’home video, ispirato all’incubo nucleare: Orgia atomica. «I videoregistratori erano pochini però le mie cassette si vendevano più di Rambo». Negli anni Novanta è stata la volta delle hot line, delle cassette in edicola. Delle pippe cyber-filosofiche sul sesso virtuale, iniziate a Bologna, durante Erotika ’93, la prima fiera sull’eros. Poi i dvd e Internet. «La tecnologia sposta milioni di persone su mezzi sempre nuovi e più eccitanti». Ancora: «Il mio progetto è far ridiventare l’eros un vizio piacevole» è l’ambizione di Schicchi. Che aggiunge: «Senza inibizioni e senza censure, anche perché non credo che un nudo di donna sia da considerare spinto». Una volta qualcuno gli ha chiesto: «Scusi, ma qual è il sogno che ancora non è riuscito a realizzare?». Risposta: «La donna virtuale che si materializza direttamente a casa di chi la desidera». Ma forse è solo questione di tempo.
LE SUE DUE ICONE
MOANA
Non si è fatta (per ora?) la statua di Moana. Pare che non l’abbiamo voluta nella piazza del paese di Lerma (Alessandria), dove la pornostar era nata il 27 aprile 1961. «Anche se tutti dicono che sono di Genova», come ripeteva lei, che era figlia di un ricercatore nucleare e di una casalinga, e sorella della starlette Baby Pozzi. Moana è scomparsa a Lione, per un tumore al fegato, il 15 settembre 1994. Proprio nelle stesse ore in cui a Milano andava in scena la prima edizione del Mi-Sex, che per la prima volta sdoganava in Italia il sesso come fiera e kermesse, tipo Oktoberfest, ma con le donne nude. Sulla fine della pornostar più amata dagli italiani è stato poi detto e scritto di tutto. Diversi libri con le ipotesi più varie, ma anche Moana tutta la verità, dove il fratello Simone rivela di essere in realtà figlio della diva. Altrove si è fantasticato che Moana è viva e lotta insieme a noi. Di sicuro le hanno dedicato una curva di ultrà, anche se di una squadra che milita nella Terza Categoria toscana, l’AC Lebowski (sic!). Moana mitica. Moana come Marilyn. Una delle immagini belle della pornostar più amata dagli italiani è infatti quella in cui appare nuda su un lenzuolo di seta rossa. Che poi era la scena di un film. Non uno dei soliti suoi, ma una commedia toscana con Novello Novelli, piccolo scult, girato quando era già famosissima, dove interpretava se stessa.
Gli altri ruoli, a Moana non venivano benissimo. All’inizio voleva fare l’attrice, poi ha sempre cercato di distinguersi. Anche per questo, nell’estate del 1981 aveva accettato di darsi al porno: Valentina ragazza in calore, nascosta dietro lo pseudonimo Linda Hevert. Fino a quel momento, la carriera di Moana era ferma alle comparsate. La prima volta era stata in un film con Moschin e la Rizzoli, La compagna di viaggio. Poi I miracoloni di Francesco Massaro, Vieni avanti cretino, Dagobert e La vita continua con Dino Risi, Borotalco. Fellini l’aveva scelta per qualche posa in Ginger e Fred. In quei primissimi anni Ottanta, anche il giallo erotico Delitto carnale di Cesare Canevari, poi insertato di pezzi hard e distribuito come La pantera bionda. Aveva raccontato proprio Canevari, a Nocturno: «A recitare era dura, tremenda… E mi ricordo che diceva: “chissà i miei cosa diranno quando vedranno questo film. Ma poi aggiungeva: non me ne frega niente”. Insomma, una via crucis. E Moana, all’inizio del porno, aveva comprensibilmente tentennato, negato e poi più avanti ammesso di aver fatto quella scelta (anche) per amore di Kieran Canter, un ragazzo americano, suo compagno sul set di Valentina ragazza in calore. Di sicuro, quel filmetto di avventure in camporella aveva fatto parlare i giornali, anche perché i distributori avevano puntato su Ovada, a pochi chilometri da Lerma, così tutto il paese si era ritrovato a fare la fila davanti al cinema Moderno. Scandalo: «L’è tutta una ciulada», aveva commentato un vecchietto, intervistato da un cronista, come si legge nel libro dedicato a Moana da Marco Giusti.
«Le commediole mi fanno schifo, più sano l’hard», aveva detto lei, che intanto aveva cominciato a bazzicare la tv. E l’hard è arrivato, duro e puro, nel 1986, con Riccardo Schicchi: Fantastica Moana. Un successo, anche se le costò la partecipazione a Jeans 2, programma di Rai Tre con Fabio Fazio. Su Italia 1 saltò invece Matrioska di Antonio Ricci, dove lei era nuda accanto allo Scrondo, poi riproposta in versione edulcorata in L’araba fenice. Un hard che agli albori della videoregistrazione era noleggiato più di Rambo era Moana la bella di giorno: «È ispirato a Buñuel, ha un bel dialogo, per me è un film d’autore». Negli anni Novanta, invece, è cominciato il periodo del porno all’ingrosso, un tanto al chilo, che aveva trasformato certe ville all’Olgiata e sull’Aurelia Antica in Cinecittà delle luci rosse. Sotto l’egida della casa di produzione catanese Jolly Film, Moana (insieme con Cicciolina) aveva cercato la consacrazione anche nel mercato americano, andando a girare in California insieme ai big dell’altra Hollywood. Ma i film erano brutti, mal girati. Qualche anno fa sono saltati fuori gli inediti di Moana, chilometri di pellicola, una scena via l’altra, quasi senza dialoghi.«Moana era bella, bellissima, ma di una freddezza…» ha detto il regista Mario Bianchi in un’intervista a Cine 70, lui che dietro agli pseudonimi Martin White o Nicholas Moore era a capo di quella collaudata factory hard. Ha rilanciato Paolo Villaggio che di recente al Chiambretti Night non ha lesinato particolari shock. «Moana era frigida, faceva un mestiere che in realtà odiava. E una volta in hotel mi disse di essere sieropositiva. L’ho abbracciata e lei si è commossa». Moana e gli amori celebri è un altro dei tanti capitoli della sua vita, finiti tutti insieme curiosamente nella pagella pubblicata nel 1991 nel libretto illustrato La filosofia di Moana (uscito nel 1991, adesso in vendita a 250 euro su eBay). Tanto per citare: De Crescenzo 7, Benigni 8+, davanti a Beppe Grillo 7 meno. «E la grande ombra di Bettino Craxi, l’unico di cui lei non aveva fatto il nome», come riporta il sito moanamoana.it, spazio virtuale ma vitale gestito dell’Associazione Moana Pozzi.
CICCIOLINA
Ha spiegato ai giornali di volerla dare in beneficienza. La pensione da 3 mila euro lordi al mese, che le spetta per l’attività da deputato svolta a partire dal 1987 quando era stata eletta con 22.000 preferenze, Cicciolina vorrebbe destinarla a opere di bene. Ma solo se anche altri “colleghi” seguiranno il suo esempio. E a sessant’anni appena compiuti ha annunciato di volersi candidare a sindaco di Monza: «Con un partito di tipo ottimista- futurista», sono sue parole. L’ex pornostar non ci sta a far parte della Casta, con la C maiuscola. Lei che casta non lo è mai stata. Storia di una ragazza “molto romantica, anche se nessuno se ne è mai accorto”, come si legge nell’autobiografia (Mondadori), che si è trovata a vivere pericolosamente, sopra le righe e qualche volta anche sotto copertura.
Come da ragazzina, in Ungheria, quando da cameriera era finita a spiare miliardari arabi e uomini d’affari per conto del governo. In Italia è arrivata all’inizio degli anni 70.Ilona faceva la modella, posava per servizi di nudo a Milano e aveva ottenuto qualche particina al cinema. Si era sposata giovanissima con un italiano, da cui il cognome del suo primo pseudonimo, Elena Mercuri, quando ancora era una stellina sexy come tante altre, che girava thriller e commediole. A Roma aveva conosciuto Riccardo Schicchi, discendente di un “celebre” anarchico ottocentesco. «La prima volta mi presentai a lei in modo stravagante», disse Schicchi. «Ricordo che assunsi una posizione di yoga, a testa in giù. Aspettai sotto casa sua, e quando lei mi vide mi domandò: “Che fai a testa in giù?”, e io le risposi: “Volevo conoscerti”». Seguirono show dal vivo con il nudo integrale a furor di popolo, come al Teatrino di Milano, nei locali che appartenevano alla curia. Scene e sceneggiate, come quella che gira in rete, filmata all’epoca da chissà chi, alla “6 giorni” di Milano, con i carabinieri che arrivano al Vigorelli e portarono via tutti, compreso l’inseparabile Pito il pitone. Il fenomeno Cicciolina nacque a Radio Luna, intorno a mezzanotte, seconda metà dei 70.Ai microfoni parlava di sesso.Era ironica, maliziosa. Con una voce incredibilmente sexy, senza trucco e coi codini. «Ero una ragazzina sbarazzina piena di grandi speranze per il futuro». Insieme girarono piccoli film dai titoli irripetibili, molto pornografici, con strane scenografie psichedeliche, fumettose, pacchiane. Con le loro scorribande il comune sentimento del pudore in Italia ha preso pieghe impreviste. A C’era due volte, nel 1978 con la regia di Enzo Trapani, Cicciolina mostrò il seno in Tv. Coi Radicali finì in Parlamento, con Moana, nel 1991, fondò Il partito dell’amore: in politica andò male. «Se ho sbagliato qualcosa è perché era scritto nel destino»: è il nucleo compendiario del Cicciolina pensiero.